Estratto dell'articolo di Andrea Parrella per www.fanpage.it
renzo arbore
Entri a casa di Renzo Arbore e ti pare di essere in un luogo che è per metà museo e per l'altra un set televisivo. La prima foto che si incontra immortala lui insieme a Mariangela Melato e Eduardo De Filippo, mentre sul tavolino in salotto c'è una risma di fogli con intestazione "Materiale restaurato", poi in sequenza i titoli dei suoi programmi, di fatto una schedatura di tutto quello che ha realizzato in radio e Tv.
Ci si guarda intorno e l'accumulo di oggetti è sconcertante, perché apparentemente senza senso, mentre un senso ce l'ha: "Sono il primo collezionista italiano di oggetti in plastica, se non altro cronologicamente. Il mio primo amore è stata una radio che ho trovato a New York, poi ho finito per comprarne 60".
(…)
Continui a cercare oggetti nuovi?
renzo arbore nella sua casa
Fortunatamente il superfluo non si trova più, gli anni formidabili della plastica sono stati gli Ottanta, nella Milano da bere spuntavano "negozi di stronzate", che in americano poi amavano chiamare gadgets. L'asciugacapelli a forma di colt ce l'ho, la sveglia con il suono delle bombe di guerra pure.
Hai una specie di catalogo, conservi alla rinfusa?
No, molte cose sono ancora imbustate o inscatolate, però so che sono lì. Non so più dove metterle. Spero comunque che si realizzi presto il progetto di Foggia, dove mi hanno concesso, graziosamente, uno spazio molto importante, un ex liceo scientifico dove ha studiato Gegè Telesforo. Si chiamerà Casa Arbore e dentro ci saranno tutti i miei cimeli. Spero diventi un riferimento culturale e ci finirà anche tutto il materiale di repertorio. Dagli sketch con Benigni, Troisi e tutti gli altri alle stronzate di plastica. Mi pare giusto così.
museo della plastica a casa di renzo arbore
Il tuo rapporto con Foggia, la città in cui sei nato, è sempre stato complesso.
In generale a Foggia non hanno mai avuto grande simpatia per me, date le mie simpatie per Napoli. Si sa che i tifosi, in generale, tendono a schedare le persone. Con il tempo le cose sono cambiate, i foggiani hanno iniziato a mostrare un pizzico di gratitudine in più. Racconto in giro la mia città, mentre prima parlavo solo di Napoli.
D'altronde, nella tua carriera così come nella tua casa, la presenza di Napoli è debordante.
Lo è, indubbiamente. Quello (indica un dipinto di Napoli in casa, ndr) ritrae Napoli quando c'ero io, erano gli anni Sessanta, non c'erano nemmeno gli chalet. Io andavo a far l'amore lì, vedi, con la Seicento di un amico, in quel posto dove oggi non si può andare più. Quello è un quadro che un pittore veneto aveva regalato a Fred Buscaglione. Poi la moglie l'ha dato a un antiquario e io l'ho preso.
quelli della notte
Anche a Napoli, se pure in parte minore, c'è chi ha osteggiato la tua operazione internazionale con l'Orchestra italiana.
Sì, sono stato tacciato di cartolinismo su Napoli, di aver abusato dell'idea di città più bella del mondo. Ma è vero, io con l'Orchestra Italiana ho girato tutto il mondo e non ce n'è alcuna paragonabile, da Acapulco alle Canarie, Rio De Janeiro, quello che vuoi, ma non ce n'è.
Un affetto, il tuo, che è motivato. Passi a Napoli il periodo più dolce della vita, quello da studente. Tant'è che quando nel '63 torni a Foggia per la fine degli studi, vai quasi in depressione.
renzo arbore suona il clarinetto
Esatto, tornai reduce da un amore napoletano impossibile, purtroppo, con una donna più grande di me e sposata. Non sapevo che fare, le indicazioni di mio padre erano o l'avvocato a Foggia, o la flotta Lauro con una raccomandazione. Io invece ero malato di musica, a Napoli avevo conosciuto tutti alla galleria, da Sergio Burni a Roberto Murolo, oltre a quelli del jazz.
(…)
Che ricordo hai di Murolo?
Era genuinamente ingenuo, vittima dei peggiori scherzi: gli abbiamo fatto credere di tutto. Per questa ingenuità ha passato anche dei guai, dopo i quali usciva di casa con una certa riluttanza. A Napoli per le sue vicende successe di tutto, le persone buttavano i suoi dischi dai balconi, fu un periodo molto brutto per lui, alimentato da grandi dicerie sul suo conto (nel 1954 Murolo fu arrestato con l’accusa di corruzione di minore, ndr).
renzo arbore e dago
La prima volta che ti ho incontrato, per caso, in strada, mi lasciasti un bigliettino da visita dove c'era scritto: "Renzo Arbore, clarinettista jazz". È questa la tua definizione professionale?
Direi di no, l'ho messa sul biglietto da visita perché sono filoamericano e perché il clarinettista jazz è quello che avrei voluto fare. La definizione è di Roberto D'Agostino, una volta mi guardò e disse che mi vestivo come un clarinettista newyorkese degli anni Sessanta. Io ho avuto sempre una fede politica che partiva dall'idea che l'America di allora fosse il faro della democrazia occidentale. La canzone Tu vuo' fa l'americano, in un certo senso, descrive la persona che sono stato in giovinezza. Nel '57-'58 eravamo pochissimi, ci riconoscevamo dai vestiti, ci contrapponevamo alla moda napoletana del tempo. Era una bellissima Napoli, la percorrevo tutta a piedi. Si vendevano i dischi americani alla Duchesca, io li compravo e trascrivevo i testi, facendo una fatica immane. La mia formazione è stata quella.
casa di renzo arbore
Esistono i falsi ricordi. Io, nato nell'87, sono ad esempio convinto che il primo programma televisivo di cui abbia memoria è Indietro Tutta, che andava in onda proprio nel 1987. Sta anche qui la potenza della Tv che hai fatto?
Non mi attribuisco i meriti dei tuoi falsi ricordi, ma posso dire che la sensazione, al tempo, fu di aver ribaltato la televisione dell'epoca, quella dei Falqui per intenderci, una Tv innovativa ma fatta sempre nel solco della tradizione, con un copione e attori che lo rispettavano. Il primo talk show non l'hanno fatto Costanzo o Vespa, ma l'ho fatto io nel 1969, era Speciale per voi. Un dirigente Rai venne a sentire un programma radio che facevo con Boncompagni. Mi propose di fare una cosa in Tv e io proposi un programma in cui i ragazzi fossero liberi di fare le domande che volevano agli artisti. Naturalmente ci furono baruffe, liti, ma soprattutto momenti indimenticabili. E non a caso me lo tolsero. Successe una cosa controversa con Bracardi e per cinque anni io e Boncompagni non lavorammo più in televisione.
E poi?
dago arbore
E poi tornai solo nel '76, dopo la riforma Rai mi chiesero di pensare un programma e io proposi L'altra domenica, che avevo inventato per l'esame del mio ingresso in Rai. Un telegiornalone dello spettacolo in cui, al posto di Piero Angela, c'ero io con i vari corrispondenti Ruggero Orlando da New York, Isabella Rossellini. Era un programma improvvisato e fu una rivoluzione. Lì passavano tutte le cose libere, ci fu la prima apparizione in Tv di Vasco Rossi.
Le carte in tavola, però, cambiarono definitivamente con Quelli della notte, quasi 10 anni dopo.
RENZO ARBORE E ROBERTO DAGOSTINO
Forse sì. Non volevo fare un programma per persone anziane, andai da Minoli, allora direttore, e gli dissi che volevo fare un talk show di notte. "Ma di notte c'è solo il monoscopio", rispose lui. Poi si convinse e disse che potevamo provare. Era morta mia madre da poco, non sapevo che fare, ero a Foggia con gli amici, avevo partecipato a una riunione di condominio e mi ero ricordato delle chiacchiere che si facevano al bar in Puglia: il mare o la montagna? Quelle cose inutili che pur di fare tardi si iniziano a esplorare. Questa fu l'idea di base del programma. Feci un elenco di persone che stimavo moltissimo, da Pazzaglia a Frassica, Marisa Laurito, Andy Luotto e abbiamo fatto Quelli della notte. Fu un successo strepitoso.
Ma il successo porta i suoi problemi, come quello di ripetersi.
de crescenzo arbore benigni rossellini
Eh, dopo tutti mi dissero "ora so' cazzi". Il programma fu un'epidemia, io ho fatto più successi di risonanza che di ascolto. Era difficilissimo inventarsi un bis. Così nacque Indietro Tutta, che era totalmente diverso da Quelli della Notte. Nessuno poté dire o scrivere che ci fosse una somiglianza.
Un comune denominatore però c'era: la goliardia. Il cazzeggio è un elemento che ha fatto da sfondo alla tua Tv e, mi verrebbe da dire, alla tua esistenza.
Assolutamente sì, non saprei dirlo meglio.
Quando hai capito che era la tua cifra?
Da ragazzino, nella mia città, c'era la festa della matricola e i goliardi venivano nell'ambulatorio di mio padre a chiedere l'obolo. Sfilavano per le strade della città con dei carri, giocavano su delle cose che mi stimolavano molto: il sesso, inteso in senso vacuo, e la religione dei misteri gloriosi. Insomma, le cose intoccabili. La parola goliardia ha ancora un'accezione negativa, ma non è così. È sempre stato un ambito in cui lo studioso "alto" si divertiva a scherzare col "basso". Col tempo scoprì che alla goliardia avevano aderito i personaggi italiani più illustri. Io poi ne sono diventato un teorico, a Bologna Umberto Eco mi consegnò la laurea in goliardia.
In cosa consisteva la tua forma goliardia?
renzo arbore suona il clarinetto
È sempre andata di pari passo alla jam session, che è stata un'altra chiave interpretativa della mia vita. Ho sempre amato scherzare su cose sulle quali non era lecito scherzare, ma non si trattava solo dei doppi sensi. La goliardia entra ovunque, nel cinema, persino in un certo giornalismo. A questo va aggiunto l'umorismo napoletano, che per me ha avuto un ruolo fondamentale: io ho spinto per far ottenere a Totò una laurea honoris causa in spettacolo a 50 anni dalla sua morte. Tenni una lectio che intitolai "Totò grande consolatore".
Perché questo titolo?
Napoli è l'unica città in cui il piacere è legato al concetto di consolazione, perché dietro c'è tutta la sofferenza patita prima di quella gioia. "Mi sono consolato", si dice quando si mangia qualcosa di buono o si fa un'esperienza soddisfacente. Intitolai così quella lezione spiegando che per me Totò era stato questo. Negli anni dell'infanzia andavo al cinema con i miei genitori e non vedevo che pianti con i film del neorealismo, i ricordi della guerra. La prima volta che li ho visti ridere è stato con i film di Totò. Ecco perché è stato la mia consolazione.
(…)
de crescenzo laurito arbore
Se penso all'attualità, il solo che riesce ad avere il tuo stesso approccio è Fiorello.
Sì, senza dubbio. Rosario si è sempre fermato prima di stancare e di stancarsi. Questa trovata dello show al mattino è geniale, la differenza sostanziale rispetto a quello che facevo io è che lui ha scelto di scavare nell'attualità, servendosi della formula della news come canovaccio su cui improvvisare.
L'attualità invece non ti interessava?
La considero caduca, dopo tre giorni scade. Ho preferito fare cose che si conservassero e non è un caso che oggi sto facendo programmi con cose conservate. Anche con Boncompagni era così, anziché fare imitazioni ci inventavamo personaggi di fantasia.
Nell'ultima puntata di Indietro Tutta, chiudi cantando "Io faccio ‘o show". In studio, dopo 65 puntate, tutti commossi, Frassica compreso.
fiorello arbore
Successe anche con L'altra domenica. Alla fine di Indietro Tutta avevo capito di aver bissato un successo irripetibile. Al pubblico, in quei secondi finali sussurro "ci vediamo tra vent'anni", percependo che sarebbe andata così e così è andata.
Hai sempre resistito alla ripetizione.
Per Indietro Tutta io mi fermai anche per la pigrizia di Alfredo Cerruti, che a un certo punto non aveva più voglia di fare altre cose. Capii che era giusto chiudere in bellezza prima di ammosciarsi. Io però dopo quel successo ebbi il problema di cosa avrei dovuto fare.
mara venier renzo arbore franco schipani
In effetti hai attraversato un ventennio in cui hai fatto cose laterali, o incentrate su altri o che comunque non seguivano lo stesso schema.
Sì, dopo Il caso Sanremo è partita l'avventura dell'Orchestra Italiana, che doveva durare due anni, lanciare le canzoni napoletane più belle e poi andare su altro. Invece, malgrado l'invidia strepitosa di molti artisti napoletani, forse un po' di disistima, l'orchestra è durata trent'anni. La più longeva al mondo, credo, 1600 concerti circa con quasi sempre gli stessi interpreti. Abbiamo suonato in qualsiasi posto.
Il caso Sanremo che hai citato, è un altro micromondo assurdo. Cinque prime serate al sabato in cui creavate questo processo al festival nel 1990.
Fu miracoloso, anche se non ci dormì per alcune notti. Avevamo fatto una specie di conciliabolo a casa con Banfi e Mirabella divertendoci moltissimo. Poi una volta in teatro per le prove capimmo che non funzionava la conversazione salottiera. Lì dovevi fare battute da varietà. Una notte mi svegliai, chiamai entrambi e dissi che dovevamo fare Totò e Peppino, io che trattavo male Banfi, Mirabella che faceva l'intellettuale e battute anche un po' goliardiche. Funzionò moltissimo, ridevano anche i tecnici.
milly carlucci renzo arbore
Fatto sta che il ritorno in Tv effettivo avviene dopo più di vent'anni, ovvero con Meno siamo meglio stiamo nel 2005.
Sì, lì nasce un'altra operazione con gli Swing Maniacs, con la quale provavo a rievocare lo swing italiano sull'onda del successo internazionale che quel genere stava avendo nuovamente.
Non ripetersi, significa anche evitare il tonfo dopo il successo. Nella tua carriera ci sono stati dei fallimenti?
Se penso ai fallimenti, mi vengono in mente le occasioni in cui mi hanno tolto programmi e progetti miei. Penso a Speciale per voi, che un dirigente democristiano del tempo diede a un conduttore democristiano e che fallì in due anni. Poi Per voi giovani, che io avevo inventato alla radio, così come l'operazione di Rai International, una cosa che mi deluse molto, stava andando bene e me la tolsero.
RENZO ARBORE
Ci sono invece dei programmi mancati?
Tre o quattro anni fa, poco prima della pandemia, io stavo pensando sempre con Banfi e Mirabella, a un programma totalmente anomalo. Si doveva chiamare TelePuglia International, in cui parlavamo solo in pugliese di cose quotidiane, dalla lampadina rotta all'angolo tra quella via e l'altra, dove è inciampato il prete tal dei tali. Tutte le conversazioni finivano sempre nel cibo.
(…)
Hai parlato di un gilet come la sola cosa di valore che hai. Che rapporto hai avuto con i soldi?
Parafrasando una cosa che diceva Celentano, ho sempre pensato che il denaro e il potere hanno un pessimo valore. Di denaro da giovane ne ho avuto pochissimo, pur provenendo da una famiglia borghese. Quando ho iniziato ad averne, ho cominciato a comprare per divertirmi, ma non ho mai avuto l'idolatria dei soldi. Oggetti di valore ne ho comprati pochissimi, macchine belle sì, ma sempre di seconda mano. Luciano De Crescenzo diceva che io amassi spendere, ma forse perché lui era ‘pidocchioso'.
Ed anche precisissimo, da vero ingegnere.
RENZO ARBORE TELEPATRIA INTERNATIONAL
Assolutamente. Ci incontravamo spesso a Capri, dove ci conoscemmo, io arrivavo lì con il mitologico Alberigo Crocetta, colui che inventò il Piper. La filosofia caprese era quella di non essere puntuali, tanto chi vuoi che ti corra dietro. Insomma agli appuntamenti con lui tardavamo sempre, un giorno mezz'ora, un altro tre quarti d'ora. "Abbiamo perso tempo", gli dicevamo per giustificarci. Un giorno, davanti a questa scusa, stufo ci disse: "Mi sono fatto un conto, fino ad ora voi avete perso un giorno".
renzo arbore
(…)