Gianluca Paolucci per “la Stampa”
«Quello di Banca Marche costituisce il maggior disastro bancario verificatosi in Italia dopo quelli del secolo scorso dei casi Sindona e Calvi».
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L' epicentro di questo disastro non è tra Londra, New York e Milano ma in una palazzina nella periferia di Jesi, 40 mila abitanti a pochi chilometri da Ancona. A scrivere queste pesanti parole sono invece tre serissimi legali guidati da Franco Bonelli, decano degli avvocati d' affari italiani recentemente scomparso.
Le mettono nero su bianco nell' atto di citazione per il risarcimento dei danni contro un ex direttore generale, due ex vicedirettori, due interi consigli d' amministrazione, tre collegi sindacali e anche la società di revisione dei bilanci, Pwc. In pratica, tutti coloro che avevano avuto a che fare con il governo della banca marchigiana per una decina d' anni. La richiesta, in totale, è di oltre 450 milioni. Solo che il buco è molto più grande.
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Prima di raccontare cosa è successo a Jesi serve qualche numero per orientarsi meglio.
Nel 2013, quando viene commissariata, Banca Marche ha impieghi per circa 20 miliardi e una raccolta di circa 17 miliardi. Il doppio di Banca Etruria, molto più grande sia di CariFerrara che di CariChieti.
Di quei 1,7 miliardi serviti per finanziare la bad bank, più di uno è andato solo a tappare la voragine di Banca Marche. E i crediti sarebbero circa 8 miliardi. Nel momento di maggior splendore ambiva a diventare la decima banca italiana. Però davano troppi soldi a chi non aveva titolo. Anche a pagamento, nel senso che c' era chi incassava mazzette in cambio dei fidi.
banca marche
Tutto ruota intorno a Massimo Bianconi, arrivato a Jesi nel 2004 con fama di cinquantenne banchiere rampante. Passato da Sanpaolo Imi, Capitalia, Unicredit e altri gruppi, Bianconi ha solide relazioni trasversali che vanno dalla finanza milanese agli immobiliaristi rampanti romani. Presta soldi ad Anemone e alla cricca del G8 e all' immobiliarista Vittorio Casale, che fu al fianco di Unipol nella scalata a Bnl. E' tra i primi a finanziare Danilo Coppola e Stefano Ricucci, per dire.
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Poi si capirà perché: Ricucci accuserà il banchiere di aver preteso dei soldi per ottenere finanziamenti. Una pratica che Bianconi in qualche modo persegue con una certa continuità. Per una operazione immobiliare a Roma, una palazzina comprata dalla moglie e affittata ad una società di Casale, è accusato di corruzione tra privati. Nel novembre scorso, dopo due anni e mezzo dal suo addio alla banca, la Gdf gli ha sequestrato immobili e conti per 15 milioni di euro.
MASSIMO BIANCONI BANCA MARCHE
Un genio, a suo modo. Riempito di elogi dai soci quando nel 2012 lascia "spintaneamente" l' istituto. Si è fatto perfino pagare la liquidazione due volte, come rivelerà poi Cronache Maceratesi. Prima 1,5 milioni, quando spunta un licenziamento-lampo di 20 giorni. Poi altri 2,3 milioni quando viene accompagnato alla porta da Bankitalia, dopo essere stato beccato a farsi cambiare in contanti assegni per 3 milioni di euro in una filiale di Banca Tercas.
MAURO COSTA
Ora la domanda è: come può un manager da solo, mettere in ginocchio una banca?
La risposta è semplice: non era solo. Intorno a lui c' erano i consiglieri d' amministrazione (indagati) i sindaci (indagati).
Poi revisori dei conti che guardavano altrove, verifiche ispettive che fin dal 2006 segnalavano anomalie alle quali non c' era seguito. Per anni, la "Banda Marche" va avanti nonostante allarmi e segnalazioni. A controllare la banca erano, con circa il 55%, tre fondazioni bancarie: Jesi, Macerata e Pesaro. Potentati locali da vecchia Dc che nel finire del secolo scorso hanno iniziato a guardare al centro destra. Un pizzico di massoneria, come nella Fondazione di Jesi, altro ingrediente che nei disastri bancari, da Mps in avanti, non manca mai.
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Esprimevano la maggioranza del cda, personaggi come Michele Ambrosini, che resta per quasi 20 anni in consiglio, facendo un po' il presidente e un po' il vice fino al commissariamento. O Lauro Costa da Macerata, anche lui a lungo in posizioni apicali mentre Bianconi per così dire, operava.
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Di questo adesso si stanno occupando un paio di procure dopo che Bankitalia e Consob hanno già emesso pesanti sanzioni. Le accuse sono gravissime e vanno dall' associazione per delinquere, falso in bilancio, ostacolo alla vigilanza, corruzione. La "nuova" banca sta cercando di rialzarsi. Poi, ultimi, ci sono anche 40 mila azionisti rimasti senza i loro soldi.
Stefano Ricucci