Cristiana Lauro per Dagospia
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La quantità di sciocchezze che si sentono in giro sul vino sano, pulito e giusto, naturale e altre amenità, è incredibile. Provare a fare chiarezza su alcuni punti, può essere utile soprattutto per i consumatori che altrimenti devono seguire l’onda delle opinioni prevalenti o subire la prepotenza di chi alza la voce più degli altri.
Ricordiamo che il vino, pur essendo un alimento, non ha né ingredienti, né allergeni indicati in etichetta, a parte i solfiti di cui parlerò più avanti. Le certificazioni esistono però e stabiliscono delle regole e dei controlli.
RUDOLF STEINER
La normativa europea sul biologico, ad esempio - seppure a maglie larghe - regolamenta e disciplina sia la coltivazione delle uve che la vinificazione, limitando drasticamente l’utilizzo di prodotti chimici e di sintesi, oltre a non permettere un uso eccessivo di conservanti nei processi di trasformazione.
Anche l’agricoltura biodinamica ha un ente certificatore piuttosto rigido che esclude l’uso di prodotti chimici e di sintesi sia sulla coltivazione della vite che sulla successiva vinificazione. La biodinamica è molto rigida e per questo meriterebbe un approfondimento che non posso sviluppare qui e ora, benché ne sia affascinata.
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L’agricoltura biodinamica, figlia dei dettami di Rudolf Steiner, ha fatto negli ultimi decenni passi da gigante, svelando aspetti molto interessanti anche sul concetto di dinamizzazione dei terreni. L’argomento è vasto e, ripeto, molto interessante perché il rispetto delle leggi biologiche un senso ce l’ha.
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I vini con presenza di solfiti (che sono degli additivi conservanti presenti in moltissimi alimenti che consumiamo abitualmente, come la frutta secca e le patatine nei sacchetti) hanno invece l’indicazione obbligatoria in etichetta in quanto un consumo eccessivo può peggiorare o procurare intolleranze alimentari. La legge stabilisce le quantità massime di solfiti che il produttore di vino può aggiungere non essendo ritenute dannose.
Sia ben chiaro che il maggiore responsabile di quei brutti mal di testa il giorno dopo si chiama alcol, quindi va consumato con moderazione. Ma anche l’alcol è un conservante e, pertanto, il vino non necessita, per durare nel tempo, di importanti quantità di solfiti aggiunti.
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Il vino cosiddetto naturale, invece, non esiste, non è assolutamente certificato e la definizione è del tutto fuorviante. La natura fa tante cose belle, ma non fa vino. Per produrre vino servono tecniche, tecnologie e la mano dell’uomo che, di fatto, interrompe il processo naturale dell’uva. L’uva naturalmente si trasformerebbe in aceto cattivo. Ho detto cattivo, perché gli aceti buoni esistono e sono tutta un’altra storia.
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E il vino vegano? C’è ed è riconosciuto tale attraverso una certificazione che stabilisca l’assenza di prodotti e/o l’utilizzo di attrezzature di origine animale nei processi produttivi, agronomici ed enologici. I vini vegani sono prodotti in assenza totale di sfruttamento animale.
Sappiate, infine, che, di solito, se non trovate altre indicazioni in etichetta, quando acquistate una bottiglia di vino state comprando un, cosiddetto, vino convenzionale. Altra definizione poco chiara e leggermente fuorviante. Sia chiaro che, anche se non troviamo definizioni altisonanti, non è detto che nella produzione di quel vino sia mancata l’attenzione alle esigenze di tutela ambientale, seppure non sottolineata in modo ufficiale.
VINO BIOLOGICO
E poi ci sono gli artigiani del vino, ma quelli dovete andare a cercarveli da soli tramite i professionisti che lavorano nelle enoteche, nei ristoranti e nelle trattorie. Dovete andare a visitare il meraviglioso mondo vitivinicolo italiano che è patrimonio culturale di cui possiamo essere assolutamente orgogliosi. Auguriamoci di poter presto riprendere il turismo enogastronomico che sta pagando fra i conti più salati inflitti da questo maledetto flagello epocale.
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