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    BIDEN PREPARA IL TRAPPOLONE PER NETANYAHU: “IL MIO OBIETTIVO È ESTENDERE LA TREGUA OLTRE DOMANI” – IL PRESIDENTE AMERICANO A BREVE PARLERÀ CON IL PREMIER ISRAELIANO, CONTRARIO AL CESSATE IL FUOCO, COME GIÀ FATTO LA SCORSA SETTIMANA, FARÀ LA VOCE GROSSA, MINACCIANDO DI NON INVIARE PIÙ ALTRI AIUTI MILITARI (SENZA GLI USA, NEMMENO LO STATO EBRAICO PUÒ SOSTENERE UNA GUERRA) – POI “SLEEPY JOE” INSISTE: “PENSO CHE NELLA REGIONE NESSUNO VOGLIA PIÙ HAMAS. A GIUDICARE DAGLI ELOGI E DALLE BANDIERE SVENTOLATE IN CISGIORDANIA, SI SBAGLIA…


     
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    BIDEN,IL MIO OBIETTIVO È ESTENDERE LA TREGUA OLTRE DOMANI

    (ANSA) -- "Il mio obiettivo è estendere la pausa dei combattimenti oltre domani": lo ha detto Joe Biden in una conferenza stampa improvvisata. Il presidente ha confermato che a breve parlerà col premier israeliano Netanyahu.

     

    BIDEN, PENSO CHE NELLA REGIONE NESSUNO VOGLIA PIÙ HAMAS A GAZA

    (ANSA) - "Penso che tutti gli attori nella regione vogliano solo la liberazione di tutti gli ostaggi e che, come dire, Hamas non controlli più nessuna porzione della Striscia di Gaza": lo ha detto Joe Biden dopo aver confermato in una conferenza stampa la liberazione della piccola Abigail Edan, 4 anni, con doppia cittadinanza israeliana e statunitense.

    hamas rilascia gli ostaggi 5 hamas rilascia gli ostaggi 5

     

    GLI ELOGI AD HAMAS E LE «SPIE» TRUCIDATE COSÌ IN CISGIORDANIA CRESCE LA RABBIA

    Estratto dell’articolo di Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”

     

    Diffidenza, sfiducia, crescente simpatia per Hamas: possiamo riassumere così i sentimenti prevalenti tra i palestinesi scarcerati nel contesto dello scambio per la liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza.

     

    detenuti palestinesi accolti con le bandiere di hamas in cisgiordania 1 detenuti palestinesi accolti con le bandiere di hamas in cisgiordania 1

    […] Dopo le difficoltà dell’ultima ora, in serata Hamas ha appellato la gente a radunarsi a Ofer, la stessa prigione, pochi chilometri da Bet Hanina, dove due giorni fa sono stati liberati i primi 39. Ora ne arrivano altrettanti, sino all’ultimo sono rimasti segreti le loro identità e il luogo preciso del rilascio. In questa tornata la maggioranza è composta da minorenni accusati di avere tirato pietre ai soldati e almeno 6 donne.

     

    Israele intendeva evitare la festa popolare con lo sventolio delle bandiere verdi di Hamas. Ma il gruppo islamico sta facendo di tutto per imporre la propria propaganda.

    Marah ha oggi 24 anni. Nel 2015 venne condannata per avere accoltellato un soldato israeliano mentre stava andando al suo liceo. Le spararono una dozzina di colpi al braccio sinistro: aveva 16 anni, processata in direttissima, fu condannata a 8 anni e mezzo di carcere.

     

    «Avevo quasi scontato tutta la mia pena, mi mancavano quattro mesi alla liberazione. Comunque, sono felice, ho ottenuto quattro mesi di vita in più. Nel Damon, il carcere di massima sicurezza dove stavo con altre 34 donne palestinesi, sono riuscita a finire il liceo via remoto. Però era difficilissimo comunicare con l’esterno, i miei famigliari potevano vedermi solo due volte al mese. Ma dal 7 ottobre ogni visita era stata sospesa. Due giorni fa hanno detto a sei di noi che dovevamo prepararci per lo scambio di prigionieri, che è avvenuto cinque ore dopo».

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    Amici e parenti arrivano in visita. Ma il padre si preoccupa che il tutto avvenga nel modo più discreto possibile. «La polizia è venuta anche questa mattina, hanno ripetuto che non vogliono nessuna manifestazione pubblica», ribadisce preoccupato. Quando la figlia accenna ad Hamas è lui il primo a zittirla. Per loro parlano comunque alcuni studenti del vicino Collegio per periti elettronici.

     

    «Hamas è stata in grado di liberare palestinesi di ogni fazione, i suoi combattenti sono eroi», affermano diretti. Sono l’ennesima prova del vento della militanza che soffia anche in Cisgiordania. Da tempo ormai c’è il rischio di un nuovo fronte di scontro e addirittura l’inizio della Terza Intifada. L’assassinio crudele l’altra notte di due uomini accusati di essere spie dei servizi d’informazione israeliani nella città di Tulkarem ricorda da vicino le dinamiche delle due rivolte precedenti alla fine degli anni Ottanta e nel Duemila. I cadaveri dei due ritenuti collaborazionisti sono stati trascinati per la strada, presi a calci e appesi per i piedi a un palo della luce.

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