DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
Marco Valsania per "Il Sole 24 Ore"
La finanza getta le armi. Il gigante del private equity Cerberus, scosso dalla strage alla scuola elementare di Sandy Hook e da investitori in rivolta, ha deciso di sbarazzarsi della controllata Freedom Group che tra i suoi "gioielli" vanta la Bushmaster Firearms International. Cioè il produttore del fucile d'assalto utilizzato contro bambini e insegnanti, e che ha visto le vendite aumentare del 20% nei primi nove mesi dell'anno. Se questo segnali una svolta nel Paese, una spinta capace di cambiare davvero leggi e cultura delle armi, rimane da vedere.
Ma davanti alla tragedia, il presidente Barack Obama ha promesso ieri per la prima volta, attraverso il portavoce Jay Carney, esplicito sostegno a leggi che vietino le armi d'assalto e i caricatori ad alta capienza e che amplino le verifiche su chi compra pistole e fucili. Il sostegno a nuovi controlli è tornato ai massimi da un decennio nell'opinione pubblica. E tacciono le influenti lobby delle armi, la Nra e la Nssf, quella National Shooting Sports Foundation che ha la sua sede a Newtown, a pochi chilometri da Sandy Hook.
«La tragedia di Sandy Hook è un momento di svolta - ha fatto sapere Cerberus nonostante sia stata fondata da un fervente cacciatore, Steven Feinberg -. Abbiamo scelto di avviare subito un processo di cessione e crediamo che questo rispetti gli interessi dei nostri investitori. Non è nostro compito influenzare il dibattito sul controllo delle armi. Spetta ai politici, locali e federali. Ci sono tuttavia azioni che come società possiamo prendere».
Alcuni grandi clienti hanno messo in chiaro la loro inquietudine: il fondo pensione degli insegnanti della California aveva fatto sapere di voler riesaminare 500 milioni investiti in Cerberus. Per il re dell'alta finanza, in passato proprietario di Chrysler, la decisione si è imposta: abbandonare il Freedom Group creato nel 2007 unendo società acquisite nel settore, compresa Remington, il più antico produttore d'America, con il progetto di portarlo un giorno in Borsa. Tutti i titoli del comparto ieri hanno battuto in ritirata a New York.
Un addio alle armi, però, in America sarà difficile. L'arsenale politico di Nra, Nssf e dei loro alleati - compresi produttori di armi da Smith & Wesson fino appunto a Remington - è tra i più sofisticati e efficaci del Paese: budget e spese per centinaia di milioni di dollari che mobilitano eserciti di lobbisti a difesa di un settore che continua a crescere, a 31,8 miliardi l'anno dai 27,8 del 2009. E un "elettorato" composto da 270 milioni di pistole e fucili in libertà , 89 ogni cento abitanti.
Quasi 17 milioni di nuove registrazioni sono avvenute nel 2012. Senza contare che il 40% delle armi legali passa di mano in fiere private, spesso senza controlli. Solo un'impresa storica può invertire la deriva legislativa, norme e sentenze che in dieci anni hanno liberalizzato oltre ogni immaginazione possesso e trasporto di armi.
«Sarà davvero arduo passare leggi ambiziose - dice Larry Sabato, politologo della Virginia -. Adesso c'è lo shock e sono possibili interventi, come un nuovo divieto sulle armi d'assalto. Ma la cultura delle armi ha radici profonde. C'è la lobby delle armi e ci sono tanti americani che le possiedono, negli stati rurali, nel Sud, nelle regioni delle Montagne Rocciose, dove sono parte del modo di vivere. C'è la lunga storia dell'uso delle armi e l'affermarsi più recente di radicali correnti libertarie. Mi auguro nasca una commissione speciale, autorevole, che sappia sostenere un dibattito nazionale».
Sfruttando quelle profonde radici la Nra ha costruito una maggioranza in Congresso e nelle corti sotto la bandiera di rigide interpretazioni del Secondo emendamento della Costituzione, quello sul diritto alle armi. Ha sconfitto parlamentari critici e bloccato stanziamenti pubblici per la ricerca sulla violenza. Né è stata da meno a livello locale: nei giorni di Sandy Hook, il Michigan ha passato una legge che consente armi nascoste nelle scuole e l'Ohio nei garage del Parlamento. L'Illinois è l'unico stato a vietare armi nascoste, altrove ormai offerte su base automatica. La Corte Suprema, da parte sua, ha rafforzato dal 2010 la protezione costituzionale del possesso di armi a livello statale.
L'epidemia delle stragi ha coinciso con questa deregulation. Ogni anno armi da fuoco uccidono o feriscono 100mila persone. Tentativi di riforma hanno avuto esiti solo temporanei. Gli omicidi di John Kennedy e Martin Luther King portarono a strette normative oggi dimenticate e una legge contro le armi d'assalto scattò nel 1994 scadendo dieci anni dopo. Ora sono i corpi di venti bambini e sei insegnanti a chiedere all'America inedito coraggio politico: «Dobbiamo continuare a sentire le loro urla e vedere il loro sangue - ha detto il senatore indipendente del Connecticut Joe Lieberman - finché non avremo fatto qualcosa».
DEMOCRATICI E REPUBBLICANI
C'è differenza nel possesso di armi tra gli elettori americani. Il 25% dei democratici dichiara di avere un'arma da fuoco in casa, ma la percentuale sale al 60% tra i repubblicani. Lo riferisce il sondaggista Nate Silver sul blog "FiveThirtyEight" del New York Times. La tendenza è in calo: nel 1973, anno della prima rilevazione, la percentuale era del 45% tra i democratici e del 55% tra i repubblicani. Gli americani della classe media, che Silver include nella fascia di reddito annuo tra i 50mila e i 100mila dollari, risultano più armati (43%) di chi è sotto la fascia da 30mila dollari (30%) e dei più ricchi (37%). Sono invece i cittadini che dicono di non professare alcuna religione i meno armati (32%) rispetto a cattolici (39%), cristiani evangelici (39%) e protestanti (54%)
UN'AMERICA DIVISA
Dopo il massacro di Newtown, un sondaggio ha registrato un aumento del numero di americani - al 50% - che approvano l'irrigidimento delle leggi che governano il possesso di armi. Barack Obama appoggerà una nuova legge che vieti la vendita dei fucili semi-automatici
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