ARNAULT, PROSSIMA FERMATA HERMÈS (O ARMANI)? - DIETRO ALLE ACQUISIZIONI, L’ITALIANO ANTONIO BELLONI

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1 - LA STRANA COPPIA CHE FA INCETTA DEI GIOIELLI DEL MADE IN ITALY
Alberto Mattioli per "la Stampa"

La strana coppia francese che sta comprando l'Italia è, in realtà, una coppia franco-italiana. Certo, alla testa del colosso del lusso Lvmh, che dopo Fendi, Bulgari e la pasticceria Cova ha inghiottito anche Loro Piana, c'è un presidente-direttore generale francese, Bernard Arnault. Ma il direttore generale delegato è un italiano, Antonio Belloni, e in effetti il vero stratega delle campagne d'Italia è lui.

In comune, Arnault, 64 anni, e Belloni, 58, hanno almeno due caratteristiche: amano fare soldi e non amano i giornalisti. La differenza è che Arnault, prima fortuna di Francia e quarta del mondo (secondo il solito «Forbes», 32 miliardi di euro), ogni tanto un'intervista la dà. Belloni, mai.

Però dai giornali, e non dai suoi (possiede anche «Les Echos», il «Sole» francese), Arnault ha avuto la peggior seccatura degli ultimi tempi, quando quelli belgi hanno rivelato che il francese più ricco voleva diventare belga per sfuggire alla famigerata «tassa Paperone» di Hollande, con quell'aliquota al 75% che sembra pensata apposta per far prendere un po' d'aria ai capitali locali.

Di fronte alla levata di scudi generale, Arnault ha dovuto far marcia indietro e rinunciare alle delizie di Uccle, il quartiere chic di Bruxelles, dove aveva già comprato casa. Che non ami i socialisti non è una novità: all'avvento di Mitterrand, si autoesiliò per alcuni anni in America. Del resto, nemmeno i socialisti amano lui. I commenti di Hollande, quando seppe che il suo contribuente più pingue voleva tagliare la corda, furono sferzanti. «Libération» titolò: «Cassetoi, riche con», vattene, ricco c..., parafrasando una celebre invettiva di Sarkozy a un altro «con», stavolta povero. Arnault per rappresaglia tagliò al giornale la pubblicità.

Un'altra consolidata antipatia di Arnault è quella per François Pinault, creatore dell'altro gruppo di lusso Kering (ex Ppr): sono come Paperone e Rockerduck. La loro rivalità risale a quando Pinault gli soffiò Gucci sotto il naso (i marchi italiani, come si vede, sono sempre «il premio del vincitore», come diceva Voltaire degli italiani in generale).

Ma alla fine l'ha spuntata Arnault: Lvmh è più grande di Kering e lui più ricco di Pinault. Per il resto, Bernard è soprannominato dai maligni «le colin froid», il merluzzo freddo. Ogni giorno si fa servire alla stessa ora lo stesso frutto (quale, non è dato sapere). E' un gelido esteta che ama i creativi e sognava di diventare pianista, ma silura senza fare una piega i manager che non gli piacciono più.

E' un rischio che Belloni non corre. Al quinto piano del palazzo dell'avenue Montaigne è uno dei pochi insostituibili di Lvhm, forse l'unico. Non si può nemmeno dire che sia un altro Arnault perché come sia non lo sa nessuno. Non fa vita mondana, non ha mai dato un'intervista, Wikipedia lo ignora, idem il «Who's who». Compare in pubblico solo alle assemblee del gruppo. E tace anche lì.

Se non parla con i giornali, i giornali parlano di lui quando mette a segno qualche colpaccio in Borsa. Il 26 ottobre 2010 guadagnò in un giorno solo 18 milioni. I francesi, che amano i soldi ma detestano chi li fa, si scandalizzarono perché è l'equivalente di 1.400 anni di Smic, il salario minimo garantito. Insomma, per incassare altrettanto un disoccupato francese avrebbe dovuto (non) lavorare fino al 3.410. Altro colpaccio, il 24 dicembre scorso, quando Belloni vendette un po' di stock options intascando 11 milioni: il Natale più ricco della storia francese.

In una rara occasione in cui aprì bocca, Belloni spiegò che la ragione del suo successo era che «a differenza dei miei amici, in tasca avevo sempre pochi soldi». Infatti: a 15 anni andò a finire il liceo negli Stati Uniti partendo con 60 dollari in tutto. Poi laurea in Economia a Pavia, poi 22 anni alla Procter & Gamble, poi Lvhm, dal 2001. Più o meno, è tutto quel che si sa di lui, a parte che è sposato, ha tre figli, una passione per il basket e per le vecchie moto.

Con Arnault, è chiaro, si intende alla perfezione. Tanto che, ulteriore stranezza della strana coppia, guadagna più di lui. Stando al bilancio del gruppo, nel 2012 Lvmh ha pagato Belloni 5,85 milioni e Arnault «solo» 3,5 (però a Belloni sono state assegnate azioni per 1,8 milioni e ad Arnault per 5,6, quindi la gerarchia è salva...).


2 - PROSSIMA FERMATA HERMÈS
Maria Silvia Sacchi per "Il Corriere della Sera"

Negli affari Bernard Arnault ha un approccio generoso. Paga bene i manager che lavorano con lui. E quando acquista un marchio utilizza lo stesso metro. Lo si era visto fin da quella che può essere definita «l'alba» dei poli del lusso: la conquista di Fendi, valutata quasi 2 mila miliardi di lire (1 miliardo di euro) quando la maison romana ne fatturava appena 250 (125 milioni di euro). Era il 1999.

Due anni fa il patron di Lvmh ha messo in campo 4,3 miliardi di euro per rilevare Bulgari (1 miliardo di ricavi) e lunedì ha stabilito che l'intero capitale di Loro Piana valga 2,7 miliardi (626,6 milioni di ricavi). La distanza, insomma, sta diventando difficilmente colmabile. Anche perché Lvmh - ma lo stesso discorso vale per il suo competitor Kering/Ppr che in Italia possiede, tra gli altri, Gucci - oltre ad avere riserve economiche e a garantire economie di scala, ha risorse manageriali che può mettere al servizio della crescita dei marchi. Peraltro sono quasi tutti nomi italiani: a partire da Toni Belloni, il direttore generale del gruppo che nelle incursioni made in Italy ha un ruolo speciale.

Ora si specula su chi sarà il prossimo. Negli anni si è spesso parlato di Giorgio Armani, con il quale in passato ci sono stati contatti mai sfociati in nulla: non sembra oggi all'ordine del giorno, ma mai dire mai, anche Loro Piana è stata una sorpresa. Nell'ampliare la sua galassia di marchi, Arnault guarda a quelle che definisce «belle realtà familiari», come ha spiegato nel comunicare l'acquisto di Cova.

Famiglie proprietarie di un brand forte ma in cui di solito manca un successore, o dove ce ne sono troppi o dove sono divisi. E ce n'è una di belle realtà familiari che Arnault vorrebbe sopra ogni cosa, ma sta a Parigi, non in Italia. Il magnate francese la guarda da almeno 15 anni e ha appena preso una multa da 8 milioni di euro per come ne ha rastrellato in Borsa il 17,3% del capitale. Si chiama Hermès.

 

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