FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
«Si dà atto che l’indagato ha appunti manoscritti» dice il verbale del suo interrogatorio del 29 maggio davanti al giudice delle indagini preliminari Adriana Petri. «L’indagato» è Giovanni Berneschi, 76 anni, ex presidente di Banca Carige arrestato il 22 di maggio per riciclaggio e associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Lui sfoglia quegli appunti e fa mettere a verbale: «Sono riuscito a trovare la formazione del mio patrimonio all’estero».
E attacca: «Nel ‘93 ero direttore della Carige e ho portato in Austria, insieme all’avvocato Dagnino, allora presidente di Banca Carige, una somma considerevole che non ricordo, in contanti. Una borsa la portavo io, ed erano i miei, e l’altra borsa la portava Dagnino. Li portai a Vienna, al Credit-Anstalt. Avevamo paura che in Italia succedesse qualche cosa. Si trattava dei miei risparmi italiani che mi riservo di precisare meglio. Poiché era difficile andare in Austria — dove questi soldi rendevano bene, davano l’8, 8 e mezzo — entrambi eravamo andati con le rispettive mogli».
Una spedizione finanziaria, diciamo così, camuffata da gita fra amici. Che adesso Berneschi ripesca dalla memoria tirando in ballo un capitolo svizzero attraverso due morti. Uno è, appunto, Gianni Dagnino, ai vertici della Cassa di risparmio di Genova dall’81 al ‘95. Il secondo è Giancarlo Puccio, venerabile maestro della loggia massonica svizzera (Lugano) «Il Dovere».
«Nel ‘96 muore l’avvocato Dagnino» dice Berneschi sbagliando anno (l’ex dirigente è morto nel ‘95) e io decido di trasferire una parte delle somme dal Credit-Anstalt alla Banca di Lugano differenziando il patrimonio. Una parte finì alla Geberon che è una società svizzera, tipo trust, gestita dall’avvocato notaio Rocco Olgiati». Il ragioniere diventato presidente Carige racconta al giudice di aver scelto proprio quella società elvetica per via dei suoi rapporti con «il suocero di Olgiati che era mio coetaneo, di nome Giancarlo Puccio, deceduto l’anno scorso» (in realtà è morto nel 2010).
GIOVANNI BERNESCHI FOTO INFOPHOTO
Ci sono parole e concetti non scritti in questo verbale. Primo: il «magro», come viene chiamato, punta a dimostrare di aver accumulato capitali all’estero in anni antecedenti a quelli che la Procura di Genova indica come periodo del raggiro ai danni della banca. Tempi lontani ed eventuali reati prescritti. E poi c’è la storia delle valigette di denaro portate in Austria assieme al vecchio presidente: un modo per dire che a esportare fondi (tra l’altro aveva avuto in eredità da sua madre anche un miliardo di lire) non era il solo.
Berneschi parla del denaro portato Oltralpe e dice: «I soldi lì accreditati erano identificati da un numero o da un nome di fantasia, uno di questi era “focoso”. Ho tutte le movimentazioni fino ai 12 milioni di euro che poi ho scudato (...) e fossi stato in malafede non li avrei portati in Italia». E inoltre «mi preme chiarire il ruolo di mia nuora (anche lei arrestata, ndr ) che non c’entra».
Al gip che lo interroga Berneschi spiega anche quali pagine dell’ordinanza corrispondano «all’effettiva realtà». E in qualche modo fa capire che sarebbe stato lui stesso a suggerire la ricostruzione esatta poiché sapeva «di essere intercettato, ma ciò nonostante — dice — ne avevo le p... piene di essere succhiato da questo stato di cose».
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