“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Andrea Biondi per “il Sole 24 Ore”
«Ciarlatani e impostori attenti: continueremo a fare il nostro lavoro». È un monito orgoglioso - ottenuto parafrasando uno scritto del «mio predecessore Luca Caranenti, editore della Gazzetta di Mantova, del 1827» – quello con cui Carlo De Benedetti conclude il suo intervento al 66esimo Congresso mondiale dell'editoria, ieri a Torino.
Un contributo, quello del presidente del Gruppo editoriale L'Espresso, che ha concluso questa tre giorni organizzata da Wan-Ifra, l'associazione mondiale degli editori, nella stessa giornata in cui anche l'ad di Rcs Pietro Scott Jovane ha tenuto un suo keynote speech.
Innovazione, futuro dell'editoria e futuro dei giornali sono stati il fil rouge dei due interventi. E De Benedetti non ha mancato di dire la sua con la maggiore chiarezza possibile. A partire dal futuro del giornalismo – «Io non credo a chi dice che il nostro settore sta morendo e che il giornalismo diventerà un elemento marginale dei giorni più confusi e meno democratici» – per approdare poi ai timori espressi nei confronti di quello che sempre più appare come un autentico Moloch al cospetto di vittime sacrificali. «Google fa paura. Non a me, ma a tutti. Alla resa dei conti stiamo assistendo impotenti alla sostituzione di un'imperfetta democrazia analogica con una perfetta oligarchia digitale».
Non è la prima volta che De Benedetti affronta il tema e ieri lo ha fatto da Torino in una linea ideale con Roma dove l'allarme veniva lanciato con forza durante l'assemblea di Confindustra Radio Televisioni. Ma nell'anno del 350esimo anniversario della Gazzetta di Mantova, «il più antico giornale stampato che il Gruppo editoriale L'Espresso pubblica attualmente con orgoglio» De Benedetti, da Torino, entra anche nel dettaglio di una possibile proposta, idealmente sottoposta a quei politici del nuovo Parlamento europeo e a quei regolatori che «non sapendo come intervenire, non intervengono per niente».
Secondo De Benedetti, «per quanto riguarda Google la soluzione di gran lunga migliore ai problemi concorrenziali» potrebbe consistere in «una separazione di proprietà o in una separazione funzionale delle attività di general search da quelle di servizi e ricerca specializzati». Insomma, una possibile «separazione funzionale che potrebbe essere raggiunta proibendo l'uso di dati raccolti tramite un servizio a beneficio di un altro servizio della società».
Certo, tutto questo non può bastare e De Benedetti, pur auspicando una concorrenza, richiama anche a una sorta di cooperazione fra i principali editori: «Non c'è gruppo editoriale che possa reggere il confronto con Google. Perché Google, e le poche società analoghe che operano nel mondo, non sono soggetti ad alcun tipo di regola. Abbiamo tutti paura di Google, non solo io».
Certo è che quella che lo stesso De Benedetti qualifica come «un'azienda straordinaria» è senz'altro un player che ha cambiato e sta cambiando le carte sul tavolo da gioco di un mondo dell'editoria alle prese con cambiamenti tecnologici e, necessariamente, di contenuto.
«La specializzazione sarà sempre più importante», conferma De Benedetti preceduto da Pietro Scott Jovane che parlando di Rcs e del suo futuro, legato come tutti a doppio filo al digitale, si è molto concentrato sulla strategia del gruppo chiarendo che «dobbiamo limitare le nostre risorse limitate su power brand. Abbiamo troppi prodotti per pensare di alimentarli tutti».
A margine del convegno l'ad di Rcs ha definito il «dissenso» espresso sul piano Rcs da Urbano Cairo nell'intervista pubblicata l'altroieri dal Sole 24 Ore «non una grande novità. Sarebbe bene fare ancora meglio del piano, ma la realtà è che il mercato pubblicitario non sta performando in maniera soddisfacente».
Urbano Cairo - Copyright Pizzi
Intanto però «il sito web ridefinito nel giro di poche settimane» e che sta per passare a un modello a pagamento, piuttosto che l'innovazione «per la quale investiamo 40 milioni di euro all'anno» e che si sostanzierà anche in scelte forti come il cambio di formato del Corriere della Sera dopo l'estate, sono i punti cardine di tutta la strategia del gruppo. In cui i ricavi digitali «sono saliti dall'8 al 14%. E nel 2015 faranno un balzo».
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