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Sergio Carlin per “Corriere Economia - Corriere della Sera”
mark zuckerberg e priscilla chan
Un po' meno ricchi di un anno fa, molto più numerosi, globali e facoltosi di trent' anni fa. I Paperoni mondiali - censiti ogni anno dalla rivista Forbes fin dal 1987 - nel vortice della deflazione europea e del mini-barile hanno perso qualche colpo. La lettura comparata delle classifiche dagli anni Ottanta ad oggi mostra però quanto la ricchezza mondiale sia cresciuta ed abbia pian piano guadagnato nuove latitudini geografiche.
Meno Giappone, più Stati Uniti. E un po' di Paesi Emergenti. Anche se l' ultima coda della crisi ha riaffermato la supremazia a stelle strisce. Con i miliardari tecnologici a farla da padrone. Ed ecco i numeri di oggi e di ieri. Nel 2016 Forbes ha contato 1.810 miliardari, 16 in meno rispetto a 12 mesi fa e i loro patrimoni sono scesi di 552 miliardi di dollari, a poco meno di 6.500 miliardi rispetto a 7 mila del 2014.
Colpa, appunto, dell' effetto combinato del forte deprezzamento del petrolio, dell' andamento valutario e dei mercati azionari agitati dai timori per il rallentamento dell' economia cinese.
Eppure, se si allarga lo sguardo agli ultimi tre decenni, da quando la Bibbia del capitalismo ha iniziato a fare i conti in tasca ai Re Mida globali (la prima Forbes World' s Billionaires è del 1987), i Paperoni e le loro fortune sono progressivamente aumentati. Addirittura accelerando fra il 2000 e il 2015, come se le crisi generate dallo scoppio della bolla delle dot-com e dei mutui subprime non avessero lasciato il segno. Come mai?
Le cause vanno cercate più in profondità: la progressiva finanziarizzazione dell' economia, l' integrazione dei mercati dei capitali, la globalizzazione, la ricerca e lo sviluppo tecnologico hanno neutralizzato i chiari di luna delle Borse e le recessioni e sono state le mani forti che hanno sostenuto la crescita della ricchezza.
L' ultima fotografia incorona nuovamente uomo più ricco del mondo il fondatore di Microsoft Bill Gates, seguito dal patron di Zara, Amancio Ortega . Lo spagnolo ha scalzato il tycoon messicano delle telecomunicazioni Carlos Slim, che ha visto invece andare in fumo oltre un terzo della propria ricchezza.
Gli ultimi 12 mesi hanno preso atto del dominio incontrastato dei miliardari Usa con forte vocazione hi-tech. L' ideatore di Facebook Mark Zuckerberg è entrato in top-ten, assieme al creatore di Amazon Jeff Bezos.
Per i signori della vecchia economia la sfida si gioca in politica: il repubblicano Donald Trump , l' eccentrico immobiliarista di New York che sta spopolando alle primarie americane, è solo al 324° posto con 4,5 miliardi mentre il magnate dei media Michael Bloomberg , rimasto alla finestra delle presidenziali Usa, ha fatto capolino all' ottavo posto con 40 miliardi.
L' identikit
In un trentennio è radicalmente cambiato l' identikit del miliardario in grado di scalare le vette delle classifiche di Forbes: Paese d' appartenenza e origine merceologica della ricchezza sono mutati, con un passaggio del testimone fra giapponesi e americani e con tech e terziario che hanno via via sostituito il mattone e la manifattura.
Prima dello scoppio della bolla giapponese, i miliardari nipponici hanno sfruttato il successo della propria economia primeggiando con i loro nomi pieni di «k» nelle classifiche di fine anni Ottanta, quasi un decennio dopo, nel 1995, il crollo del real estate a Tokyo e l' effetto deflazionistico che ne è seguito, accompagnato dal rapido invecchiamento della popolazione e dalla stagnazione, hanno permesso a tre americani di salire per la prima volta sul podio.
Gates, tallonato dal finanziere Warren Buffett e dai magnati della chimica, i Dupont , hanno inaugurato l' era dei Paperoni a stelle e strisce. Un primato inattaccabile (finora) perché da lì in poi, quella Usa sarà sempre la pattuglia più nutrita. I miliardari asiatici (Giappone più Taiwan, Hong Kong e Corea del Sud) sono rimasti invece legati ai business tradizionali dell' immobiliare e dell' automotive.
La svolta
La new economy ha ridisegnato la mappa della ricchezza. Così, nel 2005 oltre a Gates e all' oracolo di Omaha saldamente al comando, hanno fatto il loro ingresso nel club dei ricconi Usa anche il co-fondatore di Microsoft Paul Allen e mister Oracle Larry Ellison .
Sempre in quell' anno, la ripresa dell' economia mondiale, che ha trainato il prezzo delle commodity, ha consacrato al terzo posto l' indiano Lakshmi Mittal.
Il big dell' acciaio è stato il più ricco esponente di quei Paesi emergenti che hanno avuto in Slim un' altra punta di diamante in grado di battere anche il Creso d' Arabia, la banca centrale del petrolio: il principe Waleed Bin Talal .
Nonostante lo tsunami mondiale dei subprime, dal 2005 in poi il miracolo di «Cindia» ha innescato la progressiva ascesa dei miliardari cinesi e asiatici che non sono ancora entrati nella top ten, ma che hanno reso Pechino la nuova capitale mondiale dei Paperoni.
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