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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Luciano Costantini per "Il Messaggero"
Caso isolato per quanto previsto o l'inizio di un effetto domino? La riflessione è aperta dopo l'uscita di Fiat da Confindustria che - è un dato incontestabile - non è stata accolta bene a piazza Affari: un autentico tonfo con un -8,46% per Industrial e -7,47% per Auto. Il leader della Cgil, Susanna Camusso, attacca frontalmente Sergio Marchionne: «Vuole reintrodurre regole ottocentesche e Fabbrica Italia è una chimera».
Gli industriali fanno quadrato in quanto convinti di essere sotto attacco politico da quando Emma Marcegaglia ha lanciato i primi strali all'esecutivo, fino a chiederne le dimissioni. In viale dell'Astronomia sono in molti a credere che sia in atto una campagna sistematica per indebolire il vertice.
Ieri, intanto, ad annunciare un nuovo divorzio è stata la Cartiere Paolo Pigna, azienda del settore cartotecnico. A formalizzare l'atto il presidente e amministratore delegato, Giorgio Jannone, presidente della Commissione Bicamerale di controllo sugli enti locali. Ed esponente del Pdl.
Annuncio corredato, ovviamente, da una spiegazione: «Confindustria deve rappresentare tutti gli iscritti, senza assumere posizioni marcatamente politiche e senza porre ultimatum al governo, senza avallare candidati politici o annunci a pagamento...Ritengo che la nostra uscita, dopo quella di Fiat, possa rappresentare un segnale non privo di significato».
Comunque la si metta lo strappo di Sergio Marchionne, al di là di esigenze imprenditoriali e contrattuali più o meno legittime, ha assunto un chiaro segno politico.
Basti registrare le prese di posizioni del giorno dopo, a partire dal commento del presidente della Piccola industria facente capo a Confindustria, Vincenzo Boccia: «Giorgio Jannone è parlamentare di maggioranza, il che la dice lunga. E a chi punta a dividere il mondo imprenditoriale rispondo che Confindustria non è mai stata così forte e compatta. Se facciamo politica? Per noi è un complimento perché siamo un corpo intermedio dello Stato che chiede al governo scelte di politica economica anche se siamo equidistanti dai partiti».
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, auspica una ricomposizione della frattura, ma sottolinea come l'uscita di Fiat sia «un segnale di disgregazione. Il Paese ha bisogno di un sistema di relazioni industriali di tipo territoriale e aziendale».
La Lega Nord sollecita il ministro Tremonti a chiedere alle aziende di Stato di uscire anch'esse da Confindustria. «Stento a capire le motivazioni dell'uscita di Fiat», sottolinea l'ex sindaco Torino, Sergio Chiamparino. Insomma, nello scontro Marchionne-Marcegaglia la politica sta giocando un ruolo importante, magari non decisivo. E non poteva essere altrimenti.
Poi sul terreno più squisitamente tecnico il divorzio è anche una logica e naturale conseguenza dell'esigenza di Fiat di avere mano libera nella riorganizzazione dei suoi siti industriali e quella di Confindustria di preservare un rapporto costruttivo e non conflittuale con il sindacato, che una destrutturazione dei contratti nazionali, a tutto vantaggio di quelli aziendali, aprirebbe inevitabilmente.
Il rischio di una balcanizzazione nelle relazioni industriali è dietro l'angolo: non è un mistero che Fiat, uscita da viale del'Astronomia, punti - anzi stia lavorando - alla elaborazione di un contratto Auto; che altre imprese potrebbero, a loro volta, costruire contratti specifici di settore; che alcune aziende, dopo la Cartiere Pigna, stiano riflettendo sulla opportunità di restare nell'associazione guidata da Marcegaglia. I sindacati sono preoccupati per possibili smottamenti.
Dipenderà anche dalle misure per lo sviluppo che il governo dovrebbe varare a metà mese: se le risorse saranno esigue, perfino inconsistenti, una fetta dell'imprenditoria (quella magari più in difficoltà ) potrebbe decidere di prendere in largo. Più semplicemente, di scegliere la via del fai da te, optando per accordi di tipo esclusivamente aziendale.
Sindacati preoccupati, appunto. Va giù pesante Susanna Camusso: «Quella di Fiat è la scelta di non rispettare le regole, le norme di questo Paese, con il governo che gli fa sponda. I famosi grandi innovatori stanno tornando a ricette ottocentesche. Continuiamo ad essere di fronte ad un'azienda che vuole dettare legge sulle relazioni industriali e che non è in grado di dirci cosa farà . L'unica cosa che continua ad annunciare è nuova cassa integrazione. Ora a Cisl e Uil chiedo uno scatto di orgoglio unitario». Più cauto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: «Non riesco a capire la mossa di Marchionne, siamo pronti a nuovi passi, ma questo non significa che si debba andare avanti a strappi».
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