1- IL CONTRATTO DI RACCOLTA PUBBLICITÀ IN MANO A CAIRO È IL VERO FARDELLO PER LA7 2- URBANO CAIRO, EX PORTABORSE DI SILVIO BERLUSCONI, DECOLLATO POI IN PUBLITALIA, QUINDI SOLISTA DI UN PICCOLO IMPERO EDITORIALE, QUANDO ACCETTÒ DI FARE DA CONCESSIONARIO A LA7 (IN SERIA DIFFICOLTà) POSE DELLE CONDIZIONI DURISSIME 3- MAN MANO CHE È AUMENTATA LA RACCOLTA PUBBLICITARIA, LA PERCENTUALE TRATTENUTA DA CAIRO È STATA SEMPRE PIÙ AMPIA. PER QUESTO, NONOSTANTE LA7 SIA L’UNICA TV CON LA RACCOLTA-SPOT IN CRESCITA, NON FA ALTRO CHE REGISTRARE PERDITE 4- NON C’È SOLO DA GESTIRE LE QUESTIONI POLITICHE, MEDIATICHE (LA GESTIONE DELLE VARIE PRIMEDONNE), DI PALINSESTI E DI CONFUSIONI SUL DIGITALE TERRESTRE. C’È ANCHE LA SPINOSA QUESTIONE DEL CONTRATTO CON CAIRO. QUANTO COSTA RESCINDERLO?

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1- DAGOREPORT- IL CONTRATTO DI CAIRO, FARDELLO PER LA7
E così la "data room", ovvero la stanza - vera o telematica - dove i dati di Telecom Italia Media saranno messi a disposizione dei potenziali acquirenti, non conterrà i dettagli dei contratti giornalistici (vedi Santoro, Mentana, Parodi, Formigli, Lerner e le loro squadre), o le condizioni del contratto stipulato tra La7 e Cairo, concessionaria di pubblicità.

E questo è sicuramente un grande scoglio, perché il segreto di Pulcinella, nell'ambiente, è che Urbano Cairo, ex portaborse di Silvio Berlusconi, decollato poi in Publitalia, quindi solista a capo di un piccolo impero editoriale, quando accettò di fare da concessionario della rete (allora in serie difficoltà), pose delle condizioni durissime e davvero poco vantaggiose per La7, che però non aveva molta scelta. Della serie: sei alla canna del gas, io ti trovo la pubblicità, ma se lo faccio, è un affare per me e non per te.

Man mano che è aumentata la raccolta pubblicitaria, anche grazie al periodo d'oro della rete e del tg di Chicco Mentana (il picco è stato un anno fa con la crisi del governo Berlusconi), la percentuale trattenuta da Cairo è stata sempre più ampia. Per questo, nonostante La7 sia l'unica tv con la raccolta-spot in crescita, non fa altro che registrare perdite. E, per questo, i compratori interessati non hanno alcuna intenzione di mantenere un contratto così oneroso per una rete che già è indebitata fino al collo.

Dunque non c'è solo da gestire le questioni politiche, mediatiche (la gestione delle varie primedonne), di palinsesti e di confusioni sul digitale terrestre. C'è anche la spinosa questione del contratto con Cairo. Quanto costa rescinderlo? Cosa intende fare la dirigenza di Telecom Italia Media. E soprattutto, visto che Cairo ha trovato una ‘paccata' di inserzionisti, chi sarebbe in grado di sostituirlo, in una fase così asfittica del mercato?


2- TI MEDIA: VOLA IN BORSA (+11,5%) CON INTERESSE MURDOCH

(ANSA) - Ti Media balza nelle prime battute della seduta e va in asta di volatilità dopo aver segnato un rialzo dell'11,58%. Sul titolo della società che controlla La7 restano puntati i riflettori in Borsa grazie, oggi, all'interesse del gruppo di Rupert Murdoch.


3- BERLUSCONI È PRONTO A RITIRARSI DISCOVERY ED H3G SONO FAVORITI
Giovanni Pons per "la Repubblica"


Tra Mediaset e Sky potrebbero spuntarla Discovery Channel o H3g. A leggere i giornali sembra scoppiata una battaglia per conquistare una tv italiana che fa solo il 3,5% di share, che va sotto il nome di La7. In realtà a breve si capirà che c'è molta pretattica nelle dichiarazioni di questi giorni e che i veri pretendenti, da lunedì prossimo in poi, potrebbero subire una forte scrematura. Partiamo da Mediaset: la volontà di scendere in pista sembra sia di Pier Silvio Berlusconi preoccupato per l'interessamento del gruppo Rtl, controllato dai tedeschi di Bertelsmann, che hanno una strategia e un modello di business multi-Paese.

Ma, a sentire quelli che li conoscono, i tedeschi-lussemburghesi non amano invischiarsi in problemi politici e stare sotto i riflettori. Entrare sul mercato italiano con La7 vuol dire ristrutturare e tagliare costi e dipendenti, un mestiere non certo facile e neanche popolare. Dunque, riferiscono fonti ben informate, se non ci fosse Rtl neanche Mediaset avrebbe interesse a partecipare anche perché ha già preso corpo in queste ore come un boomerang politico ai danni di Silvio Berlusconi e del suo partito. Quindi, sempre secondo fonti accreditate, oggi il Comitato esecutivo di Mediaset, che si riunisce ogni martedì, dichiarerà che Cologno Monzese si chiama fuori dalla competizione.

Tuttavia anche Rupert Murdoch e Sky non sembrano avere un interesse concreto alla vicenda. Chi ha parlato con il tycoon australiano nei mesi scorsi assicura che non ha alcuna intenzione di lanciarsi nella tv in chiaro. Sky Italia si era tirata fuori dall'assegnazione delle frequenze con il beauty contest ancora prima che il ministro Passera annullasse il bando.

Sky sa bene che il digitale terrestre costa molto più del satellite sia come trasmissione sia come palinsesti. E dunque perché investire centinaia di milioni di euro per fare programmi che andrebbero a cannibalizzare la sua pay-tv, tra l'altro in perdita come abbonati? Chi rimane allora? Tra i fornitori di contenuti il gruppo più accreditato è l'americano Discovery Channel, controllato al 31% dalla famiglia Newhouse e distribuito in tutte le tv a pagamento del mondo insieme ad Animal Planet.

Poi è da registrare l'interessamento dell'operatore telefonico H3g e del suo ad per l'Italia Vincenzo Novari, che potrebbero stupire tutti con un'offerta. Quindi i fondi di private equity, come Clessidra di Claudio Sposito, e quelli specializzati nelle infrastrutture di rete. Lunedì prossimo tutti dovranno scoprire le carte e allora si capirà meglio come andrà a finire questa partita.

Chiunque sarà il compratore non avrà davanti un compito facile. Nell'information memorandum preparato dall'ad di Ti Media Gianni Stella, per esempio, non sono indicati i dettagli del contratto pubblicitario con la Cairo Communications, né le specifiche dei contratti giornalistici. C'è l'incognita di una sentenza del Consiglio di Stato che non ha confermato a La7 il tasto numero sette del telecomando, vera iattura per la rete. E soprattutto ci sono i conti del 2012 che si sono appesantiti parecchio.

Gli investimenti sul palinsesto effettuati da Stella hanno portato l'indebitamento a superare i 200 milioni di euro e le perdite ad aumentare a dismisura. Stella e l'ad di Telecom Italia Franco Bernabè dicono che tendenzialmente la società perderà 20 milioni, ma per il momento il 2012 rischia di chiudere con un rosso compreso tra 70 e 90 milioni. Bisognerà dunque vedere chi arriverà alla fase finale, dopo aver esaminato i numeri nella data room, presentando un'offerta vincolante.

L'elemento che sembra più sicuro di tutti è la volontà degli azionisti e del cda di Telecom di uscire dal settore televisivo, giudicato non solo una fonte di perdite, ma anche troppo sensibile politicamente. «Essere lì dentro fa perdere i clienti alle banche», dice un consigliere rivelando che l'argomento "politico" è emerso in uno degli ultimi consigli. Se Colaninno o Tronchetti Provera potevano avere un interesse ad esercitare una pressione sui politici, questo discorso non vale per Mediobanca, Intesa e Generali che preferiscono lavorare lontano dai riflettori.

 

 

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