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ACHTUNG! SCHAUBLE SI SMARCA DALLA MERKEL - MINACCE ALL'EUROPA: ''ATTENTA È L'ORA PIÙ SERIA. SE BRUXELLES È FERMA FARANNO I GOVERNI" - CAZZIATONE AI PRO-BREXIT: ''NON AVETE PREPARATO L'USCITA'' - VAFFA ALL'ITALIA: ''DOVETE RIPORTARE I BARCONI IN LIBIA'' - E NEL 2017 SI VOTA IN GERMANIA: QUANTO DURA L'EURO?

 

Stefan Aust, Beat Baizli, Jacques Schuster per “Die Welt” pubblicato dal “Corriere della Sera”

 

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Che caldo, sospira Schäuble uscendo da una sala in cui si era guastato l' impianto d' aria condizionata. Va subito al punto nel suo ufficio condizionato e luminoso. Si tratta dell' Europa. Con aria pensierosa, scandisce lentamente le parole, prima di partire con il suo colorito modo di parlare tipico del Baden.

Herr Schäuble, se oggi dovesse intervistare Boris Johnson, quale sarebbe la sua prima domanda?
«Herr Johnson, come è possibile che non avesse alcun piano definito sull' implementazione della Brexit?

» Cosa risponderebbe secondo lei?
«Intanto si è visto chiaramente che non aveva alcuna risposta per questa domanda. Per questo si è ritirato. Non mi è mai piaciuto, ma il modo con cui ha condotto questa campagna non corrisponde alla mia idea di responsabilità e serietà. Lui e la sua fazione hanno alimentato la campagna con così tante esagerazioni e bugie».

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Nel frattempo non sono pochi i britannici dispiaciuti per l' esito del referendum.
«Ah sì? Spero allora che, tra questi, non siano molti quelli che non sono andati a votare. Quando, a Londra, mi hanno chiesto cosa farei in merito alla Brexit, ho detto che piangerei. Un dolore che provo ancora oggi».

Ha pianto?
«Sono rimasto scioccato»

 

Prima del voto lei ha anche detto: «In is in, out is out». Cosa vuol dire «restare fuori», oggi?
«Ho fatto ricorso a questa espressione su richiesta del Ministro delle finanze britannico».

I britannici l' hanno chiesta proprio a un tedesco?
«Sì, George Osborne mi ha invitato a Londra per promuovere il Remain e spiegare che la Brexit sarebbe stata un passo irrevocabile. Tutti gli elettori dovevano saperlo. Per questo ho utilizzato questa espressione, di cui in realtà non ho il copyright».

cancelliere george osbornecancelliere george osborne


Alcuni segnali indicano che a Londra stanno meditando una via d' uscita dalla... Brexit.
«La decisione spetta solo al governo britannico. L' Europa fa bene in ogni caso a chiarire a Londra: avete messo così tanto in subbuglio la Ue con il vostro referendum, che, da parte nostra, faremo di tutto per contenere i danni. Da voi pretendiamo che vi decidiate, e piuttosto in fretta!».


I britannici però prendono tempo...
«Può essere. Molti danno per scontato che il processo dell' uscita non abbia luogo prima della fine di settembre. È nell' interesse sia britannico che dell' Europa continentale accelerare le negoziazioni. Ora è importante fare di tutto per escludere il pericolo che la decisione britannica degeneri in conflitto politico».

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Ci vorranno quindi trattative intense.
«No, bisogna reagire in modo intelligente. A questo scopo, occorrerà non alimentare ancora la falsa idea che si possa produrre crescita con nuovi debiti. Non ha mai funzionato per eliminare semplicemente i problemi. Adesso non è peraltro sicuramente il momento giusto di lavorare a una maggiore integrazione dell' eurozona».


Juncker und Schulz predicano esattamente il contrario.
«In linea di principio sono un sostenitore dello sviluppo. Ma non è il momento giusto per questo.
Non possiamo continuare a fare come prima nell' attuale clima di demagogia ed euroscetticismo crescenti».

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Sarebbe la fine della Ue.

«Per questo, il primo compito è di evitare il conflitto e continuare la solita retorica. O risvegliare nuovamente aspettative che non possono essere soddisfatte. Ma per favore, cosa dovrebbe significare ricostruire l' Europa, come oggi si invoca? Vogliamo cestinare tutti i contratti e ricominciare da capo? Non può essere che lo dicano sul serio. Dobbiamo certamente continuare a essere seri».

Quali sono le soluzioni e le proposte di riforma per la post-Brexit?
«Non è ora il momento delle visioni. La situazione è così seria che dobbiamo smettere di fare i soliti giochetti europei e di Bruxelles. La Ue è davanti a un banco di prova, forse il più grande della sua storia».

Il suo motto è «fare retromarcia»?
«Al contrario. Ora dobbiamo guardare avanti. L' Europa deve dimostrare molto velocemente di essere in grado di trattare. L' Unione europea ora deve dimostrare di potere risolvere rapidamente soprattutto alcuni problemi centrali. Solo così la gente si lascerà convincere e riguadagnerà fiducia. In Europa abbiamo troppo spesso pomposamente proclamato nuove iniziative non realizzate. Dimostriamo alla gente che l' Europa può superare i problemi evidentemente insuperabili per un singolo Stato isolato. Noi europei dobbiamo lottare ora».

immigrati a  gevgeilja in macedonia al confine con la greciaimmigrati a gevgeilja in macedonia al confine con la grecia


Sono sempre di meno a lavorare in quella direzione. Si ha piuttosto l' impressione che si concentrino sempre più sulla nazione e non credano più nell' astronave di Bruxelles.
«La famiglia democristiana non ha mai contrapposto l' identità nazionale all' impegno europeo. Né lo farà in futuro. Dobbiamo sfruttare il legame della gente con la nazione. Dobbiamo spiegare chiaramente cosa possiamo fare meglio come nazione e cosa non possiamo fare con tutta la buona volontà. Ciò che non possiamo fare da soli, dobbiamo farlo a livello europeo. Questo oggi vale in particolare per la crisi dell' immigrazione».

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È diventato modesto. Recentemente ha previsto la prossima istituzione di un diritto europeo di asilo e immigrazione.
«Ora è questione di rapidità e pragmatismo. Dobbiamo concretizzare in fretta, in modo che la gente veda che serviamo all' Europa. Alla fine ci sarà un diritto d' asilo europeo. I tedeschi vedono già ora - al di là di Erdogan - che l' accordo con la Turchia sia la strada giusta per ridurre il numero dei profughi con la collaborazione di Ankara».

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Il numero è sceso perché hanno chiuso la strada dei Balcani.
«Esatto, ma è solo una parte della verità. Anche l' accordo con la Turchia ha contribuito. Se adottassimo quest' intesa come modello per ulteriori accordi con gli Stati nordafricani, questi alleggerirebbero la situazione. Solo la Ue può stringere e implementare questi accordi. Solo così possiamo tenere sotto controllo il numero di profughi. Come prima cosa, abbiamo bisogno di intese per la riammissione dei profughi anche con l' Egitto. Chi viene salvato dal mare davanti all' Italia, deve essere rimandato in Nordafrica. Altrimenti non riusciamo a fermare il flusso organizzato dalle bande altamente criminali. Infine possiamo riflettere sull' introduzione di regole per distribuire correttamente i profughi a metà strada».

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Non basta per controllare la crisi europea.
«Non è certo tutto. Dobbiamo cogliere la proposta dell' unione digitale. Perché ora non creiamo una Cloud europea per contrastare il monopolio dei provider americani? Perché non facciamo finalmente sul serio con l' unione energetica, dimostrando anche ai nostri partner Ue dell' Est, che, a questo riguardo, noi tedeschi non li lasciamo in sospeso?».

Che ne è effettivamente dell'«Europa a due velocità» che sognava?
«Di nuovo: ora dobbiamo essere pragmatici. Se non collaborano tutti i 27 Stati, alcuni cominceranno a fermarsi. E se la Commissione non collabora, allora ci occuperemo noi della questione, risolvendo appunto i problemi tra i governi. Questo approccio intergovernativo si è dimostrato efficace durante la crisi dell' eurozona. Siamo onesti, la domanda se il Parlamento europeo abbia o meno un ruolo decisivo non è quella che preoccupa la gente in modo particolare. Alla gente interessa sapere se riusciamo a controllare il problema dei profughi. Contano i fatti, non le parole altisonanti».

Non si dovrebbero riformare anche le istituzioni europee?
«Ora, non mi concentrerei su questo. Richiede molto tempo. Al momento, non riusciamo a modificare gli accordi. Le istituzioni dovrebbero piuttosto intervenire per la soluzione dei suddetti problemi. E se non dovessero riuscire, risolviamo noi questi problemi tra i governi al di fuori delle istituzioni».

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Questa idea - che siano decisivi i Governi, e non la Commissione, per l' Europa - ha già tradito De Gaulle.
«Il progetto Europa deve tener conto della realtà, altrimenti siamo persi. Attualmente, cerco solo di non sostituire la realtà europea con le mie convinzioni».

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