DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
I JIHADISTI DELL ATTENTATO A DACCA
Adesso la paura riguarda soprattutto le comunità di italiani all' estero. Gruppi più o meno integrati nelle realtà di quei Paesi dove la radicalizzazione degli islamici è forte e il livello della minaccia nei confronti degli occidentali è cresciuta grazie a un' attività di prevenzione e repressione delle autorità che si è rivelata troppo blanda.
Proprio come accaduto a Dacca, nonostante gli svariati attacchi rivendicati dall' Isis, compreso quella che ha ucciso nel 2015 il cooperante Stefano Tavella. Ed è su questo che si concentra l' attenzione dell' intelligence e della diplomazia. Un doppio binario di intervento che ha la «cabina di regia» a Palazzo Chigi.
Il timore di nuove azioni
Due giorni dopo il massacro degli italiani a Dacca, si fa più concreta l' ipotesi dell' obiettivo mirato proprio sui nostri connazionali. L' irruzione dei fondamentalisti nel ristorante Holey Artisan Bakery era stata certamente pianificata da tempo, visto che poco dopo gli stessi terroristi hanno diffuso le foto dei kamikaze sorridenti prima di andare al martirio e quelle delle vittime.
LE VITTIME ITALIANE DELL ATTENTATO A DACCA IN BANGLADESH
In città era noto che quel locale fosse meta degli occidentali, tra i preferiti degli italiani, che lì si vedevano spesso. Non a caso la «missione» del team investigativo, voluta dal presidente Matteo Renzi e concordata con il sottosegretario delegato Marco Minniti, ha come compito primario la collaborazione alle indagini per ottenere elementi utili anche per misurare il pericolo al quale sono esposti gli italiani in quelle aree.
La presenza degli 007 serve ad annodare i fili di una collaborazione internazionale con tutti gli Stati dove l' Isis - pur essendo fuori dalla propria influenza diretta - si è mostrato più aggressivo e organizzato.
BLITZ A DACCA PER LIBERARE GLI OSTAGGI DELL ISIS
Perché la paura è che questo attentato diventi un vero e proprio detonatore per nuovi attacchi, anche tenendo conto dell' enorme clamore mediatico che ha ottenuto proprio per la scelta del bersaglio. Un' ipotesi che gli stessi analisti dell' antiterrorismo fanno propria nelle prime comunicazioni trasmesse ai magistrati di Roma titolari del fascicolo sulla strage.
Le postazioni strategiche
La scelta del premier Matteo Renzi di affrontare la questione pubblicamente, evidenziando l' importanza dell' attività dei servizi segreti «che serve moltissimo e infatti ci stiamo investendo anche grazie a professionisti di altissimo livello», come ha sottolineato ieri nell' intervista a Maria Latella su Sky Tg24, conferma proprio questa linea.
Anche perché l' Italia ha interessi strategici in numerosi Stati dell' area mediorientale, ma anche in Africa. Dunque è indispensabile prevedere un cordone di protezione che possa contare su una rete informativa privilegiata e sull' aiuto delle autorità locali. Il capo del governo rivolge una sorta di appello affinché venga usato, soprattutto a livello internazionale, «il pugno di ferro con chi pensa di portare da noi quei valori, una strategia basata su odio e terrore. Bisogna distruggerli senza pietà».
Un ruolo operativo per Marco Carrai
Questa settimana il presidente del Consiglio annuncia di voler incontrare «i capigruppo di tutte le forze parlamentari e se ci sarà da discutere discuteremo, ma oggi - ha chiarito con forza - è il tempo del dolore». Un modo per ribadire la necessità di unità nazionale, anche rispetto alle prossime mosse.
marco carrai agnese landini renzi
In queste ore si torna a valutare un ruolo operativo di Marco Carrai, l' amico che più volte Renzi ha detto di volere nel proprio staff per occuparsi di cyber-sicurezza. E non è escluso che la nomina possa arrivare a breve.
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