
DAGOREPORT – PUTIN NON PERDE MAI: TRUMP ESCE A PEZZI DALLA TELEFONATA CON “MAD VLAD”. AVEVA…
- LE "OCCHIALATE" DI DEL VECCHIO
Bankomat per Dagospia
Dopo appena 14 anni di "convivenza" con i vertici delle Generali, Del Vecchio cambia occhiali e si accorge di colpo che il Sistema Italia è alla deriva e manda a stendere l'ad di Generali Perissinotto, la Mediobanca di Nagel, Ligresti e Profumo. Tiratina a Tronchetti che per fortuna e' tornato ad occuparsi di gomme...
Una sana occhialata a Della Valle, perche' lo scarparo apprezza la gestione delle Generali ma è un consigliere che fu messo a Trieste da Geronzi (che ancora si mangia i gomiti) ma non possiede un'azione e quindi non gliene frega niente che i grandi manager di Generali abbiano distrutto valore diversificando nella finanza.
Poi ricorda che gli investimenti azionari finanziari tipo quello in Generali li fa lui, personalmente, non Luxottica. Come dire che con le aziende e i posti di lavoro non si gioca.
Battuta su Geronzi: ininfluenti le sue dimissioni da Generali. Rimpiange giustamente Rondelli (in fondo di banchieri così e' rimasto solo Saviotti, gli altri pseudo big spesso non sanno neppure di cosa parlano) che ascoltava le aziende e decideva.
2- «BASTA CON I MANAGER-FINANZIERI E ORA SI CAMBI ALLE GENERALI» - DEL VECCHIO: LE BANCHE AIUTINO LE IMPRESE. MA PERCHà TUTTI QUEI FONDI A LIGRESTI?
Daniele Manca per Corriere della Sera
«Sono un po' a disagio. Sono azionista delle Generali con il 3%. Sono uscito dal consiglio perché non volevo litigare. Non con Geronzi. La sua uscita non contava e non è contata niente. Ma con il management. Il problema è che quando da assicuratori si vuole diventare finanzieri comprando partecipazioni le più disparate, non si fa un buon servizio alle Generali che restano una delle migliori aziende, se non la migliore, d'Italia.
Purtroppo questo è un vizio nazionale. Tutti vogliono fare il mestiere di altri. Mentre questo è un periodo nel quale ognuno di noi dovrebbe pensare a fare bene il proprio dovere. Guardi cosa accade al governo. E' un miracolo che un uomo come Monti si stia impegnando per risanare il Paese. Eppure già c'è chi pensa di votare a ottobre, e sarebbe un disastro. O chi crede che lo spread sia ormai domato, mentre ci vuole un attimo che torni a 600».
Leonardo Del Vecchio, classe 1935, ha creato dal niente una delle più belle aziende al mondo, la Luxottica. Studiata nelle università come caso imprenditoriale, ha sempre fatto lo stesso mestiere, costruire e distribuire occhiali.
«I miei investimenti nelle Generali o in Unicredit o in Foncière des Régions sono personali. Mi considero quindi un investitore e come tale credo che le Generali, uno dei fiori all'occhiello del Paese, abbiano bisogno di un cambio. L'amministratore delegato Perissinotto era il migliore assicuratore d'Italia e forse d'Europa».
Ma allora qual è il problema se Perissinotto è il migliore d'Europa?
«Il problema è quando si vuole fare finanza. Quando, usando i soldi dei risparmiatori che vorrebbero solo fossero ben gestiti, si comprano invece un pezzettino di Telecom e l'1% di una banca russa; si mettono a repentaglio oltre due miliardi con un altro finanziere come il ceco Kellner; oppure ci si impegna nell'operazione CityLife in una percentuale che nessun immobiliarista al mondo farebbe; e sui fondi greci sono stati persi 800 milioni. Penso quindi che oggi l'amministratore delegato, capo azienda unico, senza alibi di azionisti e presidenti, dovrebbe dare dignitosamente le dimissioni. Dovrebbe, sarebbe rispettoso verso gli investitori, gli azionisti e gli assicurati. So che in Italia questo non è uno sport nazionale, ma al suo posto non mi presenterei all'assemblea. Sono sicuro che ci sarebbe un'ovazione quasi scaligera».
Eppure la compagnia non soffre, i risultati operativi sono solidi anche in questa situazione...
«La parte assicurativa va bene, come le ho detto. Ma al mio amico Della Valle, che è così contento del management ma che non ha un'azione della compagnia, vorrei ricordare che in cinque anni il titolo ha perso i due terzi del suo valore. Dal primo gennaio è sotto del 12%, a confronto Allianz è sopra del 14%, in un anno il titolo ha perso il 34%. Dividendo quasi azzerato. Quello che mi dà fastidio è che i fondamentali sono buoni, l'attività assicurativa funziona. Ma voler fare i finanzieri è quello che rovina tutto. Stessa identica cosa accaduta in Unicredit. Una banca nella quale ho investito da oltre vent'anni».
Cosa c'entra Unicredit?
«E' lo stesso problema delle Generali. Fino a che ha fatto la banca è andata bene. Poi ha iniziato ad acquistare partecipazioni, ha voluto fare fusioni. Alessandro Profumo mi si è trasformato sotto gli occhi. Negli ultimi anni è cambiato. E' arrivata anche lì la finanza. Ed è andata come è andata. Io me le ricordo bene le banche che facevano il loro mestiere».
Ci sono allora istituti che aiutano le imprese...
«C'erano. Quando nel 1981 andai da Rondelli, all'epoca numero uno del Credito Italiano, per chiedergli di aiutarmi a crescere negli Stati Uniti comprando Avant Garde, non ebbe esitazioni. Esaminò il progetto, si fece illustrare i programmi e diede il via libera. Ma oggi nelle banche chi fa più questo mestiere? Lo chieda alle imprese, a una piccola azienda che vuole crescere, l'aiuto che riceve dalle banche».
Hanno ragione quindi a lamentare l'assenza di credito?
«Non si tratta di credito, si tratta di assistere le imprese. I primi anni che eravamo in America, appena ricevevamo un ordine la banca ci anticipava il 30-40% perché ovviamente passava del tempo prima di incassare. E il tutto avveniva a tassi decenti. Oggi c'è qualche istituto che lo fa? Guardate Fonsai come sta andando».
Sta andando che l'Antitrust ha bloccato l'operazione...
«Non conosco la vicenda, ma quello che mi chiedo è perché Mediobanca e Unicredit abbiano dato tutti quei soldi a Ligresti. Ma scusi, se fosse una buona azienda i francesi di Axa o Groupama si sarebbero fatti avanti per comprarla. E invece si procede a una fusione con due aumenti di capitale che mi fanno pensare che tra tre anni saranno ancora in difficoltà . E' questo che fa male all'Italia. Perché il nostro Paese funziona, funziona meglio di quanto si creda. Le imprese, le industrie girano».
Ma le statistiche raccontano un'altra Italia.
«Non sto dicendo che vada tutto bene, dico che il sistema produttivo funziona. Luxottica ha il 4% del fatturato che arriva dall'Italia. Ma sempre in Italia abbiamo il 60% della produzione, l'ingegneria, il design. Questo significa che qui si può produrre e si può essere competitivi. E come noi ci sono tante altre aziende, le faccio anche i nomi: Interpump, Brembo. Pensi a Tronchetti Provera».
Pirelli?
«Sì. Prima l'ha salvata. Poi, comprando Telecom, Pirelli s'è rovinata. Ma quando ha abbandonato le telecomunicazioni ed è tornato a fare solo pneumatici, l'ha nuovamente rilanciata. E guardi che con Tronchetti ho avuto parecchio da ridire. Ma il suo esempio vale per far capire che bisogna essere concentrati sul business, non farsi distrarre. In Italia siamo abilissimi a parlare d'altro. A quella povera ministro Fornero stanno facendo vedere l'inferno. E solo perché ha voluto ritoccare l'articolo 18 e fare le riforme delle quali questo Paese ha bisogno».
Sull'articolo 18 si sono messi a rischio persino dei governi.
«Ridicolo. Ne discutevo con il vicepresidente di Luxottica, Luigi Francavilla, che è con me dagli inizi. E' vero, a noi non interessa, dei nostri 62 mila dipendenti forse solo uno sarebbe stato licenziato. I partiti non se ne rendono conto, ma in Italia dobbiamo solo sperare che questo governo duri. E' un miracolo se ciò accade. Passera mi sembra già più politico, ma si capisce che le persone sono lì per governare».
Ma allora cos'è che non va?
«Quando le dicevo del credito, quella è una. Se vado in Francia con la mia società immobiliare i prestiti li ottengo con un differenziale dell'1,8%; in Italia, se mi va bene e se mi prestano dei soldi, siamo al 3,5%. Ripeto, se mi danno i soldi è perché mi chiamo Del Vecchio: pensi a una persona normale. Del resto abbiamo visto come funzionano le banche. I consigli d'amministrazione ratificano quello che decide il numero uno. Alle Generali l'amministratore delegato poteva disporre investimenti fino a 300 milioni, limite che ora hanno abbassato a 100, una cifra elevatissima comunque. Il nostro Andrea Guerra ha fatto crescere la Luxottica attraverso acquisizioni in tutto il mondo e gode della piena fiducia di tutti, in azienda e fuori. Eppure anche per spese di pochi milioni informa il consiglio, pretende che si discuta in più occasioni e che si sia convinti di ogni decisione».
3- GENERALI VUOLE USCIRE DA PATTO RCS
Giuliana Licini per http://www.ilsole24ore.com
Un gruppo che punta ad accelerare la propria internazionalizzazione, mentre allenta i legami, almeno formlmente, con Mediobanca. à l'orizzonte delle Generali emerso nella giornata dell'assemblea annuale che ha approvato il bilancio 2011, ha confermato Gabriele Galateri alla presidenza e ha introdotto i limiti di età per le principali cariche di governance del gruppo e adottato le quote rosa.
A fare da sfondo sono state però le dichiarazioni di Leonardo Del Vecchio, azionista del Leone con il 3%, che in un'intervista ha duramente criticato il top management della compagnia per la gestione finanziaria, invitando senza giri di parole Perissinotto a «dare dignitosamente le dimissioni».
La Delfin di Del Vecchio ha comunque votato a favore del bilancio, approvato da oltre il 99% dei soci presenti. Le questioni sollevate dal patron di Luxottica (investimenti in Telco, nei titoli greci, nella jv con Ppf e nell'immobiliare) hanno fatto da filo conduttore degli interventi di Perissinotto, in assemblea e alla successiva conferenza stampa.
Il ceo ha tra l'altro preannunciato un aumento di capitale di Telco, difeso la bontà dell'investimento nell'Est Europeo con il finanziere ceco Petr Kellner, rassicurando che alla put in scadenza a fine 2014 la compagnia farà fronte con i propri mezzi, senza ricorrere ad aumenti di capitale, così come è stata sottolineata la valenza dell'investimento nel complesso immobiliare milanese Citylife.
Perissinotto ha anche preannunciato l'intenzione di uscire da Rcs, perché l'editoria, oltre ad essere «un mestiere difficile», non rientra tra quelli delle Generali. Altro leit motiv della giornata è stata l'assenza, sia pure momentanea, dei rappresentati di Mediobanca nella governance, dopo le dimissioni dell'ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel e del d.g. Francesco Saverio Vinci, in ossequio alle disposizioni dell'articolo 36 che vieta i doppi incarichi in istituzioni finanziarie concorrenti e quindi comporta un allentamento della presa di Piazzetta Cuccia su Trieste.
«Non ho mai percepito controllo o forzature dal cda o dall'azionariato di Mediobanca», ha peraltro assicurato il presidente Galateri, dicendo che il discorso dell'articolo 36 «in linea di massima è condivisibile, ma non mi riconosco in un discorso da 25 aprile, di liberazione». Nessun problema, anzi «nessuna inibizione o condiscendenza», come teme invece l'Antitrust, nei confronti della âgrande Unipol', ma piuttosto l'opportunità di guadagnare quote di mercato da un concorrente in difficoltà , ha detto Perissinotto.
«La strategia di fondo consiste nell'accelerare il processo di internazionalizzazione. La nostra dipendenza dalla Vecchia Europa è eccessiva. Tra 10 anni Italia, Germania e Francia che ora pesano per il 70% nel nostro giro d'affari non supereranno la metà », ha spiegato il ceo Perissinotto, precisando che la bussola delle Generali guarda sempre più all'Est Europa e all'Asia.
Un nuovo importante assaggio di internazionalizzazione è intanto venuto dall'azionariato, con il significativo aumento della quota del fondo sovrano norvegese all'1,79% dallo 0,49% dello scorso anno. Il "Government of Norway" «è un investitore prestigioso e stimato», si è rallegrato Perissinotto.
Perissinotto: utile 2012 tra 1,5 e 1,8 miliardi
L'a.d. di Generali Giovanni Perissinotto vede l'utile netto 2012 della compagnia «nella forchetta tra 1,5 e 1,8 miliardi di euro» e traccia un quadro positivo dell'avvio dell'esercizio. Perissinotto prospetta un raddoppio del risultato rispetto agli 856 milioni con cui si è chiuso il 2011, «se quest'anno i mercati saranno meno negativi», nella tradizionale intervista al âPiccolo' pubblicata nel giorno dell'assemblea annuale dei soci del Leone.
Nel suo intervento introduttivo all'assise, il ceo ha poi sottolineato «l'avvio positivo dell'esercizio, con un incremento in termini omogenei del 6,1% della raccolta premi a 19,8 miliardi di euro, grazie al positivo andamento sia dei rami vita (+6,9%), sia dei danni (+4,7%).
«Fiducia in un dividendo più elevato nel 2012»
Perissinotto ha poi mostrato fiducia in un ritorno della politica di pay out della società ai livelli abituali, con l'erogazione quindi di dividendi più elevati. «Sono il primo che vorrei dare un dividendo più elevato, ma è anche una questione di regole, di solvency», ha detto il ceo rispondendo alle domande di un azionista a proposito delle prospettive della cedola dopo gli 0,20 euro a titolo del 2011, contro 0,45 euro per il 2010.
«Stiamo facendo tutti gli sforzi. Le evidenze che abbiamo sia di contenimento dei costi che di sviluppo degli affari sono molto confortanti. Dovremmo essere in grado di ristabilire la nostra politica di pay out, con dividendi più elevati», ha aggiunto il ceo. Quest'anno il pay out è stato del 36,4% contro il 40% abituale.
Nel corso dell'assemblea, ancora in corso, è emerso che l'ex-presidente Antoine Bernheim, che riceve da Generali un vitalizio da 1,51 milioni di euro l'anno, ha avviato un contenzioso avanti al Tribunale di Trieste, chiedendo un risarcimento per il mancato rinnovo della presidenza due anni fa e per la mancata retribuzione della la presidenza onoraria.
Dal Tribunale «ci attendiamo un esito senza onere per la compagnia, è una partita senza senso», ha commentato il presidente della Generali, Gabriele Galateri. Ai soci che hanno sollevato la questione della mega-liquidazione pagata lo scorso anno all'ex-presidente Cesare Geronzi (poco meno di 17 milioni di euro) è stato poi spiegato che faceva parte degli accordi presi.
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