SCARONI LANCIA L'ALLARME SULL'ENI: "LE SANZIONI CONTRO LA RUSSIA POTREBBERO INCEPPARE LE RELAZIONI COMMERCIALI CON GAZPROM" - "I RAPPORTI CON I RUSSI RESTANO BUONI. NON C'E' ALCUNA RAGIONE PER CUI DOVREMMO ALLENTARLI"

Sissi Bellomo per il "Sole 24 Ore"

Le sanzioni contro la Russia potrebbero «inceppare le relazioni commerciali» tra Eni e Gazprom. Ad ammettere il rischio, che potrebbe essere grave per gli approvvigionamenti di gas dell'Italia, è Paolo Scaroni. «Non posso non rilevare che ci sono dei nuvoloni neri nei rapporti tra Ue e Russia» ha osservato l'amministratore delegato uscente della compagnia di fronte alle telecamere di Rai News 24, precisando allo stesso tempo che «in termini aziendali i rapporti con Gazprom sono davvero buoni» e che «non c'è nessuna ragione per cui noi, dal punto di vista commerciale, dovremmo allentarli».

Poche settimane fa lo stesso Scaroni aveva anticipato un «futuro fosco» per South Stream, il maxigasdotto che i russi stanno costruendo per scavalcare l'Ucraina, in società con l'Eni (oltre che con la tedesca Wintershall e la francese Edf) e servendosi del contributo di Saipem. Nella stessa giornata di ieri avevano invece fatto scalpore altre dichiarazioni, rilasciate in questo caso a una platea internazionale via New York Times.

Il manager italiano offre in sostanza una mano tesa a Kiev, incurante di sollevare le ire di Gazprom: «Ogni metro cubo di gas aiuta», ha assicurato Scaroni, giustificando così l'impegno ad esaminare la possibilità di reindirizzare verso l'Ucraina una parte delle forniture acquistate dall'Eni: forniture non necessariamente di origine russa, ma con tutta probabilità anche russe. Un'operazione di cui il manager ha confermato di aver discusso pochi giorni fa a Kiev, in un incontro con il ministro dell'energia ucraino, Yuri Prodan, ma che quando è stata compiuta - o anche solo ventilata - da altri è stata bollata come illegale da Gazprom.

A pochi giorni dalla scadenza del suo incarico all'Eni, Scaroni sembra impegnato a gestire a mezzo stampa un cambio di rotta nelle strategie che da oltre cinquant'anni orientano il Cane a sei zampe e più in generale, le politiche energetiche italiane, imperniate su solide relazioni con Mosca.

Fare a meno del gas russo non è un traguardo cui possiamo permetterci di aspirare, per il momento: come dice lo stesso Scaroni «l'Italia può farne a meno solo con difficoltà e sempre scommettendo sul fatto che gli altri fornitori, in particolare Algeria e Libia, continuino le loro forniture a ritmo regolare». Una scommessa che gli allibratori pagherebbero bene.

D'altra parte è la politica a metterci spalle al muro: quella degli Usa, che stanno varando sanzioni sempre più severe, e quella della Ue, che lavora affinché l'Ucraina (e l'Europa tutta) riesca a sottrarsi ai ricatti energetici di Mosca. Ieri un primo risultato c'è stato: la slovacca Eustream e l'ucraina Naftogaz hanno siglato l'accordo grazie al quale, attraverso una piccola pipeline finora in disuso, Kiev dal prossimo autunno potrà ricevere da Bratislava fino a 10 miliardi di metri cubi di gas l'anno.

Poco rispetto ai 20 miliardi e più che arriverebbero con l'inversione di flusso di un altro gasdotto e che potrebbero liberare l'Ucraina dal giogo russo. Ma Bruxelles sta faticando a convincere gli slovacchi: i contratti con Gazprom, come la stessa Commissione Ue ha verificato, li espongono a ritorsioni legali. E forse non solo.

 

 

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