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giuseppe recchi1. E’ BAGARRE SULL’ITALIANITA’
Francesco Spini per La Stampa
L'ultimo scontro sul riassetto al vertice di Telecom Italia che probabilmente già nella riunione di domani il cda sarà chiamato a varare, riporta sul proscenio una vecchia conoscenza di Corso Italia, Franco Bernabè che qualcuno vorrebbe sostituire a Giuseppe Recchi nel ruolo di «garante» italiano nell' era di Tim a trazione bretone.
Fonti autorevoli ritengono che salvo colpi di coda la soluzione individuata nelle stesse ore in cui si consumava il divorzio con l' ad in uscita Flavio Cattaneo resta la più probabile: Arnaud de Puyfontaine dovrebbe essere confermato presidente, Amos Genish - oggi responsabile della convergenza di Vivendi ed ex capo della brasiliana Gvt - arriverà come direttore generale e sostanziale capoazienda operativo mentre Giuseppe Recchi da vicepresidente diventerebbe amministratore delegato anche se con deleghe meno estese di quanto non avesse Cattaneo, che comunque includerebbero la sicurezza e Sparkle.
Negli ultimi giorni però, soprattutto da ambienti legati al Pd renziano, si sarebbero acuite le pressioni su Vincent Bolloré, gran patron di Vivendi, per cambiare questo schema, facendo leva proprio su Bernabè, 68 anni, per due volte capoazienda, la prima nel '98 e quindi in tempi più recenti dal 2007 al 2013, quando guadagnò la porta del suo ufficio con 6,6 milioni di buonuscita (niente rispetto ai 25 milioni di Cattaneo, ma anche con risultati differenti).
Un manager di lungo corso che a maggio è tornato nel cda di Tim, dove coordina gli amministratori indipendenti, in un ruolo di garanzia che Bollorè avrebbe concordato con il governo quando ancora a Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi. L' alternativa proposta considererebbe uno schema differente con Bernabè indicato nel ruolo di presidente e de Puyfontaine, invece, come amministratore delegato.
L' unica costante sarebbe quella di Genish, direttore generale per diretta volontà di Parigi. Ma l' ipotesi di tale alternativa resta assai complicata. Bolloré viene descritto assai freddo sul punto. Con Bernabè si conosce da tempo ma la frequentazione non sarebbe così assidua e, soprattutto, i rapporti non sarebbero nemmeno particolarmente buoni.
Così come non risultano grandi affinità tra Bernabè e de Puyfontaine che da ad di Vivendi è il braccio destro del finanziere bretone. La scelta naturale, dunque, dovrebbe ricadere sul primo schema, con de Puyfontaine presidente e Recchi ad, anche se le pressioni per un ruolo di Bernabè diverso da quello attuale restano alte. Almeno quanto la spinta della politica e del governo per riconsiderare, dopo l' uscita di Cattaneo, la creazione di una rete unica. Magari iniziando con lo scorporare la rete di Tim, come a suo tempo progettò Bernabè. L' ultimo scontro, in fin dei conti, riconduce al quadro dei rapporti di Bolloré con la politica.
Da che ha preso in mano Vivendi il finanziere bretone ne vuole riscrivere la storia. L' unico pezzo pregiato che vi aveva trovato era Universal. La sua priorità è stata quella di sistemare Canal+, da tempo in perdita, ma che nelle sue previsioni ricomincerà a guadagnare da settembre o almeno a non perdere. Poi si è imbarcato nell' operazione Premium per espugnare Mediaset, ma si è scontrato con la levata di scudi berlusconiana. Quindi ha ripreso in mano con forza il dossier Telecom.
Una tappa alla volta, insomma, sfruttando la percezione che ha dell' Italia, quella di essere un sostanziale ventre molle, dove alla fine tutto è possibile, basta insistere e avere pazienza. All' inizio dalla politica gli arrivarono segnali incoraggianti: da Matteo Renzi - nella famosa cena all' Enoteca Pinchiorri a cui partecipò pure il presidente di Cdp Costamagna, felicemente annaffiata di buon vino toscano - aveva avuto il nulla osta per la conquista di Mediaset, purché amichevole.
Proprio il voltafaccia su Premium a Berlusconi e la successiva polemica anti-francese scattata da sinistra come da destra gli hanno guastato il rapporto col Palazzo. Di qui la nuova strategia. Su Mediaset Bolloré ha deciso di prendere tempo: un orientamento verrà preso in primavera, comunque non prima del voto. Ora il lavoro è su Tim, con le sinergie con la casa madre (la joint venture con Canal+) e per trovare una quadra sulla Rete con Roma. Domani si vedrà con quale ambasciatore.
2. CATTANEO, RENZI ED UN PROBLEMA DI NOME SABRINA
Da La Stampa
Un problema di nome Sabrina. A Matteo Renzi la nomina di Flavio Cattaneo come ad di Tim andò storta fin da subito. La sua lettura, ai tempi ancora inquilino di Palazzo Chigi, era che quella fatta da Vincent Bollorè era stata una scelta contro il governo. Da un lato perché Cattaneo, con un passato prima a capo di Fiera Milano, poi da dg Rai e in Terna (tutte nomine pubbliche) era tutto tranne che allineato. Ma non ultimo per una moglie troppo ingombrante.
sabrina ferilli flavio cattaneo
Come chi? L' attrice Sabrina Ferilli prodiga di strali contro l' ex premier («Ha lo stesso programma di Berlusconi», ebbe a dire in un' intervista, tanto per citare un episodio). Tutto questo è stato fatto notare a Bolloré dallo stesso Renzi nel corso di un incontro, tempo fa, a Milano.
Raccontano che la risposta del finanziere bretone, lungi dal lasciarsi impressionare, suonò più o meno così: «Ho preso un manager per sistemare l' azienda, non un politico. E di politica Tim ne ha avuta fin troppa...».
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