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1. HANNO VINTO GLI ARRABBIATI
Filippo Santelli per la Repubblica
«La preoccupazione è tanta. A 41 anni rischio di perdere il lavoro. E poi?». Luigi Crocini lavora da 17 anni al reparto manutenzione di Alitalia. E da delegato sindacale Cgil ha provato a convincere i colleghi ad approvare l' accordo. Nella sua sezione il sì ha vinto, ma non con i margini attesi. «È stato un voto di rabbia».
Eppure l' accordo avrebbe scongiurato l' esternalizzazione del vostro reparto...
« I sindacati hanno ottenuto qualcosa, ma una parte dei lavoratori non lo ha colto. Tanti sono esausti, sfiduciati. I contenuti sono passati in secondo piano».
Pensano che li salvi lo Stato?
«Molti sono convinti che ci sia un giorno dopo, che l' accordo fosse un bluff di azienda e governo. Mi auguro che il tavolo si possa riaprire, ma ho il timore che non sia così».
Ha paura che questo no le costi il lavoro?
«Sì. Nel 2009 ci furono tagli, ma all' epoca molti colleghi poterono contare su ammortizzatori fino alla pensione. Oggi avremo al massimo due anni di Naspi. E poi? Saremmo ancora più vecchi per cercare un nuovo lavoro».
2. CI AVREBBERO TAGLIATO LO STIPENDIO DEL 20%
Filippo Santelli per la Repubblica
<Hanno detto che i tagli allo stipendio sarebbero stati dell' 8%. Ma considerando tutte le voci si arrivava al 20%». Daniele Barzetti, 55 anni, da 31 assistente di volo e rappresentante del sindacato di base Usb, spiega così il suo no: «Il referendum non doveva esistere».
Perché?
«È stato un aut aut di governo e sindacati confederali, che anziché assumersi le responsabilità hanno messo il cerino nelle mani dei lavoratori».
Ora si parla di spezzatino, non sarà più doloroso per voi?
«Tutti temiamo questa possibilità, abbiamo votato con un peso sullo stomaco. Ma il no era l' unica scelta possibile: dopo anni di gestione privata non possiamo pagare ancora. Siamo stanchi. La nazionalizzazione è l' unica strada».
Altri soldi pubblici?
«Vero, è uno sforzo per i contribuenti. Ma tante compagnie estere sono partecipate dallo Stato ed efficienti».
E se arriva Ryanair a comprarsi le rotte?
«Un servizio strategico del Paese non può finire nelle mani di una società non trasparente».
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