LO SCHERZETTO DEL FRANCO - LA MONETA SVIZZERA CHE SCHIZZA IN ALTO È UN COLPO DURISSIMO PER ESPORTAZIONI E TURISMO ELVETICI - IL CAPO DI SWATCH, CHE IERI HA PERSO IL 16%: “UNO TSUNAMI”

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Francesco Spini per “la Stampa

 

Monta la rabbia tra i big dell’export svizzero contro l’autoflagellazione del super franco. Capita così che un orologiaio come Nick Hayeck, a capo del colosso Swatch Group, perda le lancette: «Jordan - azzanna - non è solo il nome del presidente della Snb», la Banca centrale svizzera, il cui numero uno si chiama Thomas Jordan. Jordan «è anche il nome di un fiume. E oggi l’azione della Snb si è tradotta in un vero e proprio tsunami, per la industria legata all’export come per il turismo. E in definitiva per tutto il nostro Paese».

 

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Hayeck ha di che recriminare. Il «suo» titolo è tra i peggiori dello Smi: d’un botto Swatch ha perso il 16,35%. Poco distante c’è la Financiere Richemont a cui fan capo business quali Cartier, Piaget, Vacheron Constantin, Baume & Mercier, Iwc, Jaeger Le Coultre. Anche per lei, in Borsa, c’è un contraccolpo del 15,5%, anche dopo conti trimestrali non esaltanti. 
 

Insomma, la mossa della banca centrale avrà «un impatto molto negativo per chi esporta», conferma Alessandro Caviglia, a capo delle gestioni patrimoniali di Ubs in Italia, con un effetto negativo sul Pil elvetico dello 0,7%
 

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GRANDI MARCHI SPIAZZATI
Cosa faranno quindi i grandi marchi svizzeri? Aumenteranno i prezzi? Per ora in pochi azzardano previsioni. Dalla Rolex, per dire, bocche cucite. Ma Stefano Modenini, direttore dell’Associazione Industriali Ticinesi, spiega che «per il momento ribaltare sul consumatore estero il maggior onere di cambio è assai difficile. Per esempio nell’orologeria i listini di quest’anno sono già stati fissati nella primavera dello scorso anno: se ci saranno effetti si vedranno nel 2016».

 

BANCHE SVIZZEREBANCHE SVIZZERE

Ma secondo il rappresentante degli industriali «non saranno tanto le multinazionali a soffrire, perché hanno la possibilità di diversificare tra mercati e valute». A soffrire saranno le nostre «piccole e medie imprese: con il franco sotto quota 1,10 euro per le aziende già condizionate dalla crisi non c’è più la redditività sufficiente per stare sul mercato, per noi ci saranno problemi strutturali: si porranno seri problemi di scelta tra delocalizzare, licenziare o cos’altro fare». Le più grandi corrono già ai ripari.

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Non parliamo di Nestlè che è una multinazionale gigantesca, con stabilimenti sparsi per il mondo. Pure da un marchio più piccolo, la Lindt - che nel 2014 ha messo a segno il record di vendite - spiegano che ovvieranno al problema puntando sull’efficienza, certo, ma anche utilizzando gli 8 impianti fuori dalla Svizzera.
 

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IL PREZZO PER I FARMACEUTICI
Anche il settore farmaceutico, che vede in Svizzera la presenza di nomi famosi come Roche e Novartis, può scommettere sul gigantismo. Eppure Novartis calcola che ogni 10 punti percentuali di rafforzamento del franco svizzero sul dollaro - divisa a cui il gruppo è più sensibile e che pure è calata nei confronti del franco - ci sono 0,4-0,5 miliardi di dollari in meno di profitti «core».

 

NovartisNovartis

Mauro Baranzini, economista dell’Università della Svizzera Italiana, invita tutto sommato alla calma: «Ci siamo già passati nel ’92 quando il franco si rivalutò contro la lira del 20% e non è cascato il mondo: è aumentata la nostra disoccupazione, poi abbiamo recuperato. Soffrirà chi produce a basso valore aggiunto e il piccolo commercio di frontiera, non le multinazionali che fanno export di alta qualità, ben diversificato anche al di fuori dell’Europa».

 

Cambieranno, forse si invertiranno abitudini consolidate. «Il super franco - scommette Modenini - porterà molti svizzeri a fare acquisti in Italia e a scegliere l’Area dell’euro per fare le vacanze. Le code di italiani per fare la benzina da noi sono già finite da un pezzo, tra un po’ inizieremo noi a passare il confine...».

ROCHEROCHE