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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
1- LA FUFFA MORALISTICA DELLE NUOVE REGOLE DI SACCOMANNI
Sono decine i manager pubblici che in questo momento stanno leggendo e rileggendo la direttiva firmata ieri dal placido ministro Saccomanni per le nomine nelle società controllate dallo Stato.
A parte l'ironia di qualcuno che ha paragonato il documento alle prediche e ai sermoni di Savonarola, prevale la soddisfazione per i paletti che potevano sbarrare la strada ai manager che già occupano le poltrone e a quelli che potrebbero sostituirli. La direttiva partorita negli uffici del Tesoro non contempla un limite ai mandati e all'età degli amministratori e non impedisce alla folta schiera dei politici che sono finiti in mezzo a una strada di aspirare a un posto di primo piano.
Da parte sua Saccomanni con l'aiuto del suo capo di Gabinetto Cabras ha accolto la richiesta di alcuni senatori per un Comitato di garanzia che dovrà tener d'occhio il rispetto delle nuove regole. Queste dovranno ispirarsi a criteri di competenza, professionalità e onorabilità , tre valori sacrosanti che la lottizzazione e il manuale Cencelli hanno troppe volte disatteso.
Per la definizione di queste regole l'ex-direttore generale della Banca d'Italia ha pensato bene di avvalersi di un paio di società di cacciatori di teste. La prima è Spencer Stuart Italia, la società di headhunter di casa al Tesoro, la seconda è Korn Ferry International che ha la sede principale a Los Angeles e opera tra Milano e Roma sotto la guida di Maurizio Villa, un ex-bancario che poi si è dedicato alla ricerca dei talenti.
A parte il disappunto che la scelta delle due società ha provocato nelle "sorelle" Egon Zehnder e Booz Allen ,c'è un altro aspetto che crea qualche perplessità sulle scelte di Saccomanni. Di questo organismo infatti, presieduto dall'ex-presidente della Consulta Cesare Mirabelli, farà parte, oltre alla professoressa Maria Teresa Salvemini (ex-direttore generale della Cassa Depositi e Prestiti) anche Vincenzo Desario, l'uomo della Banca d'Italia che dal '94 al 2006 è stato direttore generale prima di essere sostituito dall'amico Saccomanni.
Forse il placido ministro poteva risparmiarsi questa indulgenza verso l'ex-collega, ma ormai è chiaro che ha scelto di portare negli uffici del suo ministero una valanga di uomini provenienti da via Nazionale. Al di là di questa operazione di stampo savonaroliano finora il ministro e i suoi zelanti collaboratori si sono sottratti al compito di definire uno straccio di progetto industriale per le aziende come Finmeccanica, Ferrovie, Invitalia e Anas dove i vertici stanno per essere rinnovati.
Da qui la sensazione che le nuove regole scritte con smagliature clamorose sull'età e sul limite dei mandati, sono più simili alla fuffa moralistica che a una volontà di cambiamento. Anche la parte della direttiva dove si parla della ineleggibilità legata a fatti giudiziari appare così elastica da non creare preoccupazioni in quei manager come Paoletto Scaroni che tra un anno dovranno essere rinnovati. E lo stesso vale per Mauro Moretti con il suo rinvio a giudizio per la strage di Viareggio che ,secondo la direttiva di Saccomanni, non comporta alcun effetto.
Tra i pochi che si ribellano a questa sceneggiata c'è Giulio Sapelli, l'economista e storico torinese che senza mezzi termini parla di "pseudo-riforma" e in un'intervista sul sito Formiche.net (proteso a difendere le cause di Finmeccanica e degli F35) denuncia come una degenerazione la rottura dei rapporti tra politica ed economia. E lo fa dicendo che "quando la politica insegue l'antipolitica non offre un buon servizio né a sé né ai cittadini".
Chi conosce Sapelli conosce anche la sua irruenza verbale accompagnata da un acume notevole, ma non dimentica che ha ricoperto numerosi incarichi di consulenza in società pubbliche e per due anni è stato presidente della Fondazione MontePaschi.
In quell'occasione avrà avuto modo di verificare le anomalie della banca senese, ma oggi preferisce difendere i legami tra la politica e l'economia. à una tesi giusta a condizione che il governo e i partiti abbiano la capacità di affidare ai nuovi e ai vecchi manager una missione che non sia soltanto la difesa del potere e degli interessi particolari e personali.
In caso contrario le regole del Savonarola di via XX Settembre rischiano di apparire soltanto un esercizio teorico per salvare la faccia.
2- LA VERVE INCAZZOSA DI DON VITO GAMBERALE Ã RISPUNTATA NEL CORSO DELL'ASSEMBLEA DI SEA E HA TRAFITTO IL PRESIDENTE USCENTE, GIUSEPPE BONOMI
Da troppo tempo don Vito Gamberale si era chiuso nel silenzio e molti pensavano che il manager di Castelguidone fosse invecchiato.
In realtà l'ingegnere ,che dopo la Gepi è passato a Telecom poi ai Benetton attraverso un'infinità di esternazioni a gamba tesa, in questi mesi si è dedicato anima e corpo a rendere sempre più robusto F2i, il Fondo italiano per le infrastrutture fondato nel 2007.
E ieri la sua verve incazzosa è rispuntata nel corso dell'Assemblea di Sea, la società degli aeroporti milanesi di cui il fondo di Gamberale controlla il 44,5%. In questa occasione il manager molisano ha attaccato con estrema violenza il presidente uscente di Sea, Giuseppe Bonomi. Lo ha fatto per 50 minuti durante i quali ha rovesciato sul manager ,amico della Lega e del centrodestra, un'infinità di accuse, la più grave delle quali è di aver costruito una struttura monarchica e distorta.
La reprimenda di don Vito ha fatto impallidire il povero Bonomi fino al punto che il delegato del sindaco Pisapia,come si legge sul "Corriere della Sera", ha cercato di smorzare i toni dicendo: "siamo per voltare pagina ma senza usare la clava" e alle sue parole si sono aggiunte quelle del presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo che ha accusato Gamberale di voler riconfermare nel consiglio della Sea due personaggi inquisiti (Mauro Maia e Renato Ravasi) legati al Fondo di don Vito.
Spettatore assente di questo scontro furibondo è Pietro Modiano, l'ex-banchiere di IntesaSanPaolo che il sindaco Pisapia ha già indicato per la presidenza della società aeroportuale. La nomina ufficiale avverrà oggi e il bocconiano Modiano potrà godersela insieme alla moglie Barbara Pollastrini, anche lei bocconiana, ex-moglie dell'indagato Renato Manheimer, ex-ministra nel secondo governo Prodi, celebre per l'eleganza dei vestiti e la ricchezza dei gioielli ostentati in tutte le occasioni.
3- NEL PALAZZO DELLE FERROVIE C'Ã UN UOMO CHE GODE (MAURO MORETTI) E UN ALTRO CHE SOFFRE (LAMBERTO CARDIA) CHE NON SARA' RICONFERMATO (ARRIVA CIUCCI?)
Nel palazzo-obitorio delle Ferrovie c'è un uomo che gode e un altro che soffre.
Il primo è Mauro Moretti, che sta per godersi la riconferma al vertice dell'azienda.
Il secondo è Lamberto Cardia, il magistrato di Tivoli classe 1934 che ha attraversato la Prima Repubblica con importanti incarichi istituzionali, poi è approdato per cinque anni alla presidenza della Consob e a giugno 2010 è stato premiato con la poltrona di presidente delle Ferrovie.
A Cardia questo incarico è piaciuto sin dall'inizio perché aveva tenuto d'occhio l'esperienza del predecessore Innocenzo Cipolletta e aveva capito che si tratta di una poltrona da 800mila euro l'anno dove si lavora poco, anzi pochissimo. Adesso nessun usciere del palazzo-obitorio delle Ferrovie scommette un euro sulla sua riconferma anche se il placido Saccomanni nella sua direttiva non ha messo limiti di età nelle nomine al vertice delle imprese pubbliche.
C'è chi invece ritiene che uno dei candidati a raccogliere i benefits del magistrato di Tivoli sia Pietro Ciucci, il manager romano ex-Iri che nel 2006 è salito alla presidenza dell'Anas e fino al 14 maggio di quest'anno è stato il paladino più ostinato nella costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina.
Una battaglia persa definitivamente che da sola meriterebbe di cancellare il suo nome.
4. STEFANO PARISI SI Ã SENTITO SCHIAFFEGGIATO DALLA DECISIONE DEL GOVERNO DI NOMINARE FRANCESCO CAIO COMMISSARIO PER L'AGENDA DIGITALE
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Stefano Parisi non riesce a darsi pace. Dopo aver puntato i piedi in Confindustria per avere la leadership del digitale, il manager romano si è sentito schiaffeggiato dalla decisione del governo di nominare Francesco Caio Commissario per l'Agenda Digitale. Di fronte a questa scelta a Parisi sono saltati i nervi e non avendo altri argomenti più robusti ha messo in discussione l'incarico a Caio insinuando che non avrà il tempo per portare avanti il suo compito.
à un'argomentazione debole che tradisce soltanto delusione".
5. GABRIELLI CE L'HA FATTA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che fra due mesi, grazie all'intercessione di Romano Prodi e Gianni Letta, il prefetto Franco Gabrielli si siederà sulla prima poltrona dell'Aise (servizi segreti â'esterni''), ora occupata dal generale Adriano Santini.
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