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LA GUERRA DI ISRAELE ALL’IRAN E’ UN DANNO PER GLI INTERESSI ITALIANI – IL POSSIBILE BLOCCO DELLO STRETTO DI HORMUZ, MINACCIATO DA TEHERAN, SAREBBE UN COLPO AL COMMERCIO GLOBALE E ALL’EXPORT ITALIANO NELLA REGIONE DEL GOLFO – FUBINI: “IL CALO DELL’EXPORT VERSO LA CINA È GIÀ DELL’11,7% NEI PRIMI CINQUE MESI, GERMANIA E FRANCIA SONO IN STAGNAZIONE E GLI STATI UNITI HANNO ALZATO I DAZI AI LIVELLI PIÙ ALTI DAL 1940. PER IL PROPRIO EXPORT L’ITALIA HA BISOGNO PIÙ CHE MAI DI UN GOLFO PERSICO APERTO, STABILE E CONCENTRATO SUGLI INVESTIMENTI; NON DI UNA GUERRA A POCHE BRACCIA DI MARE PIÙ A NORD…”
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Tre giorni fa l’esponente iraniano Ehsan Khandouzi ha condiviso su X le frasi più preoccupanti per l’economia internazionale dall’inizio della guerra con Israele: «A partire da domani, per cento giorni, nessun petroliera o nave gasiera potrà passare dallo stretto (di Hormuz, ndr ) senza l’approvazione dell’Iran». Non è la politica ufficiale di Teheran, ma Khandouzi ha il suo peso specifico: è stato ministro dell’Economia fino all’estate scorsa.
Uno scenario simile — un filtro iraniano sull’uscita dal Golfo, da cui passa il 30% dell’energia fossile mondiale — può mandare il prezzo del petrolio verso quota cento dollari. Ma questo conflitto presenta anche rischi meno evidenti per l’economia internazionale e, più specificamente, quella italiana. Perché non è chiaro se possa durare il boom del made in Italy nel Golfo in queste condizioni, né se l’export del Paese possa tenere senza di esso.
I NUMERI DELLO STRETTO DI HORMUZ
Nel 2024 le vendite di beni italiani negli Emirati Arabi Uniti sono cresciute di 1,27 miliardi di euro […] con un aumento del 19%. Quanto all’Arabia Saudita, l’impennata dei fatturati è stata di 1,4 miliardi, pari a un impressionante più 30%, mentre l’accelerazione è confortante anche in altri regni petroliferi quali Qatar o Oman. Per il made in Italy l’Arabia Saudita è la destinazione cresciuta di più in assoluto in volumi finanziari nel 2024, tolte Turchia e Kirghizistan (più 80%) che però sono usate dalle imprese come piattaforme per aggirare illegalmente le sanzioni contro la Russia.
Senza la sua crescita rapida e continua grazie ai petroldollari del Golfo, l’export italiano semplicemente non può tenere ai livelli degli anni scorsi. Nel 2024 solo i miliardi incassati dai produttori del Paese ad Abu Dhabi, Dubai, Riad o Doha hanno impedito al fatturato totale di scendere in modo sensibile malgrado i cali in Cina (meno 20%), Germania, Stati Uniti e Francia.
Quest’anno si presenta lo stesso tema: il calo dell’export verso la Cina è già dell’11,7% nei primi cinque mesi — secondo le dogane di Pechino —, Germania e Francia sono in stagnazione e gli Stati Uniti hanno alzato i dazi ai livelli più alti dal 1940.
Per il proprio export l’Italia ha bisogno più che mai di un Golfo Persico aperto, stabile e concentrato sugli investimenti; non di una guerra a poche braccia di mare più a nord. […] nell’ultima settimana anche per i portacontainer, non solo per le petroliere, il costo di assicurazione sembra essere salito di circa il 60% per transitare da Hormuz; nei porti degli Emirati si registrano già ingorghi di mercantili in attesa di tempi più tranquilli; e questa settimana il frequente blocco dei segnali satellitari, probabilmente legato alla guerra, ha già provocato una collisione fra due petroliere vicino a Hormuz. […]
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