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1.DECRETO INGIUNTIVO CONTRO GLI ATTIVISTI DI ADMIRALTY A HONG KONG
Da www.internazionale.it - Gli attivisti del movimento Occupy central di Hong Kong hanno ricevuto l’ordine di lasciare l’accampamento di Admiralty, uno dei più attivi della protesta cominciata il 27 settembre.
patrizio bertelli miuccia prada
L’ordine, emesso dall’alta corte di Hong Kong, dà il via libera alle autorità per sgomberare tre zone dell’accampamento. Copie dell’ordinanza sono state pubblicate dai giornali locali e affisse nelle strade. Lo sgombero avverrà l’11 dicembre alle 9 ora locale (le due di notte in Italia).
L’ingiunzione contro il sito della protesta è stata emessa in seguito alla richiesta presentata il 1 dicembre della compagnia di autobus All China express, secondo la quale la protesta stava rovinando i suoi affari. South China Morning Post
2.HONG KONG, VERSO EVACUAZIONE TOTALE ACCAMPAMENTI E BARRICATE
la repressione di occupy honk kong
(askanews) – Forti di una decisione giudiziaria, le autorita’ di Hong Kong hanno ordinato l’evacuazione del principale sito occupato dai manifestanti filodemocratici. Dal 28 settembre scorso, quando gli studenti erano scesi in piazza a migliaia, la partecipazione dei manifestanti e’ decisamente diminuita e anche il sostegno al movimento da parte dell’opinione pubblica si e’ eroso, dopo giornate e giornate di disagi e ritardi nella circolazione. La sentenza dell’Alta corte, cui si era rivolta una compagnia di autobus, e’ stata pubblicata questa mattina sulla stampa, dando quindi il via libera alle autorita’ per disperdere i manifestanti.
la repressione di occupy hong kong 8
La sentenza riguarda tre settori dell’accampamento di Admiralty, un villaggio di tende che occupa un’autostrada urbana a nove corsie, nel cuore del quartiere degli affari di Hong Kong. Gli ufficiali giudiziari che, se lo ritengono necessario, possono chiedere l’appoggio della polizia per procedere nell’evacuazione, cominciaranno a smantellare le barricate giovedi’ mattina. Secondo la stampa, le autorita’ approfitteranno dell’occasione per far evacuare l’intera zona, oltre che un accampamento piu’ piccolo a Causeway Bay, tempio dello shopping.
Un terzo sito, quello di Mongkok, nella zona continentale di Hong Kong, e’ stato evacuato a fine novembre. Territoirio cinese che beneficia di un’ampia autonomia, l’ex colonia britannica sta vivendo la crisi politica piu’ grave da quando e’ stata restituita a Pechino nel 1997. La Cina ha accettato il principio del suffragio universale per l’elezione del prossimo capo dell’esecutivo nel 2017, ma esige di operare una cernita fra i candidati. (fonte afp)
3.LE PROTESTE DI HONG KONG FRENANO IL LUSSO
Vittoria Puledda per “la Repubblica”
Un balzo all’indietro di due anni e mezzo, al giugno del 2012. Ieri per Prada è stata decisamente una giornata no, con le quotazioni di Borsa in picchiata di quasi il 7% (-6,9%) e in calo del 36% da inizio anno (mentre l’indice generale ha guadagnato il 3%).
leung chun ying governatore di hong kong
A colpire duramente la società del lusso sono stati i conti, comunicati venerdì sera a mercati chiusi a Hong Kong (dove il gruppo è quotato): un calo dell’utile netto del 44% nel terzo trimestre (terminato in ottobre) e del 27% nei primi nove mesi dell’anno, a fronte di un giro d’affari rimasto sostanzialmente invariato (a 2,5 miliardi di euro). Dati negativi soprattutto sotto il profilo dei margini e peggiori di quanto avessero messo in conto gli analisti. «Il 2014 è un anno che pone più sfide di quelle che avevamo messo in conto anche a seguito delle difficoltà economiche del contesto internazionale», ha detto commentando i dati il patron, Patrizio Bertelli, «siamo positivi sulle prospettive di crescita di medio termine».
leung chun ying governatore di hong kong
E’ proprio la piazza della quotazione, Hong Kong, una parte non irrilevante dei problemi che affliggono (già da qualche mese) la redditività di Prada: insieme al settore della pelletteria, i conti sono stati colpiti negativamente dai flussi turistici deboli in Europa e, ancor di più, dal lungo periodo di manifestazioni ad Hong Kong. Che proprio nello scorso ottobre hanno vissuto il loro momento più duro, con ripercussioni sull’andamento delle vendite dei principali gruppi del lusso. «Fino a poco tempo fa c’era una sorta di bolla - spiega Claudia D’Arpizio, partner di Bain - si era arrivati a un eccesso di offerta nel lusso, anche come punti vendita. Ora vedremo un consumo sano, dopo l’indigestione».
Nell’area Far East, Prada ha ceduto il 4,3% di giro d’affari nei primi nove mesi e il 13% nell’ultimo trimestre (a cambi costanti). Ma non è l’unica a registrare un andamento calante. Il mese scorso era stata Burberry a parlare di un «mercato più duro» per il settore dei beni di lusso, causa le fluttuazioni delle valute e una domanda più debole in Asia.
DIEGO DELLA VALLE CON SCARPE TODS
Tod’s, altra italiana con una presenza significativa nella “Grande Cina” (Cina continentale, Hong Kong, Macao e Taiwan), ha visto scendere del 6% il fatturato nell’area nei primi nove mesi dell’anno e, commentando i risultati relativi alle vendite a parità di negozi aperti nelle prime 45 settimane dell’anno, ha registrato un - 7,5%, con un lieve peggioramento rispetto a settembre attribuito proprio «ai disagi legati alle manifestazioni in corso a Hong Kong».
Gli stessi giganti incontrastati del lusso hanno pagato pegno alle proteste e, più in generale, al rallentamento della domanda in Cina e alla lotta alla corruzione da parte del governo di Pechino. Ad esempio Gucci nel terzo trimestre ha registrato nei negozi retail (diretti) un - 5% del fatturato nell’area Asia-Pacifico (escluso il Giappone) e Lvmh, commentando l’andamento delle vendite, in ottobre aveva a sua volta lamentato lo scarso flusso di acquirenti nei negozi del centro, ad Hong Kong.
4. BERTELLI (PRADA): “IL 2014 PIÙ COMPLESSO DEL PREVISTO”
Prada ha chiuso i primi nove mesi dell’esercizio 2014-2015 chiusi al 31 ottobre con ricavi consolidati di 2,5 miliardi in calo dello 0,9% a cambi correnti. Nel dettaglio la società quotata a Hong Kong ha registrato ricavi consolidati wholesale pari a 351,5 milioni e ricavi retail di 2,1 miliardi di euro. L’utile netto è sceso invece del 26,7% a 319,3 milioni contro i 40,9 milioni di nove mesi fa. Anche l’ebitda è calato del 17% a 681,7 milioni.
I margini, come riporta il comunicato di Prada, hanno risentito dell’andamento del giro d’affari che non ha consentito di assorbire i costi addizionali per il rafforzamento della rete di negozi: in dodici mesi il gruppo ha inaugurato 64 store, di cui 38 Prada, 21 Miu Miu e 5 Church’s.
“Il 2014 è un anno che pone più sfide di quelle che avevamo messo in conto anche a seguito delle difficoltà economiche del contesto internazionale, il mercato dei beni di lusso sta vivendo una fase di riaggiustamento, che non è chiaro quanto andrà avanti”, ha sottolineato il patron di Prada Patrizio Bertelli. “Siamo positivi sulle prospettive di crescita di medio termine – ha continuato Bertelli – ma siamo anche coscienti del crescente livello di complessità”.
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