DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
1- ILVA, LA PROTESTA DEGLI OPERAI INTERROMPE IL COMIZIO DEI SINDACATI...
Da "Corriere.it"
Giovedì una feroce contestazione ha interrotto la manifestazione dei lavoratori dell'Ilva di Taranto, che avevano annunciato 24 ore di sciopero contro il sequestro dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico. Fischi ai sindacalisti e lanci di fumogeni hanno fatto concludere in anticipo i due cortei che si erano messi in moto, uno dalla Città Vecchia, vicino al ponte girevole occupato nei giorni scorsi, e uno dalla piazza dell'Arsenale. Il primo era organizzato da Cgil, Cisl e Uil.
LA CONTESTAZIONE - Al raduno in piazza della Vittoria un gruppo di contestatori, probabilmente appartenenti ai Cobas, ha fatto irruzione sul piazzale lanciando uova e fumogeni prima di tentare l'occupazione del palco. Polizia e carabinieri in tenuta antisommossa l'hanno impedito. Il comizio cui partecipavano i leader Cgil, Susanna Camusso, Cisl, Raffaele Bonanni, e Uil, Luigi Angeletti, è stato sospeso. L'interruzione è avvenuta durante l'intervento del segretario Fiom Maurizio Landini, che ha parlato anche di fili del sistema di amplificazione tagliati.
L'incursione era stata preceduta da fischi durante il comizio di Bonanni. I contestatori, a bordo di un Ape-car, hanno adoperato un impianto audio per prendere le distanze dai sindacati, accusandoli di essere troppo vicini all'Ilva e di difendere l'azienda più che la salute dei cittadini e dei lavoratori. Mentre la piazza si svuotava, hanno anche letto un comunicato per ricordare il 32esimo anniversario della strage di Bologna.
LANDINI: «OCCORRONO INVESTIMENTI» - Prima dell'interruzione Landini aveva spiegato che la manifestazione era per «unire il diritto al lavoro col diritto alla salute e allo sviluppo del territorio. Non è facile perchè ci sono anni di ritardi, ma bisogna provare a voltare pagina». Così la Fiom si era rivolta direttamente all'azienda per ottenere risposte chiare: «Per abbattere le polveri c'è bisogno di fare degli investimenti, si sa dove agire, dai parchi alla cokeria, e di fronte a un impegno preciso dell'Ilva anche le istituzioni, a partire dal governo, faranno la loro parte».
«COSTRETTI A IMPORTARE ACCIAIO» - «Il problema dell'Ilva è il problema dell'assetto industriale del nostro Paese: dobbiamo sapere che se non si trovassero soluzioni saremmo costretti a importare acciaio dall'estero». Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.
IL MANIFESTO - Nel frattempo nei pressi del tribunale di Taranto, in via Medaglie d'oro, è comparso un manifesto di sei metri epr tre firmato dai comitati «Legamjonici» e «Taranto lider» che recita: «Noi siamo con gli operai e fieri della magistratura». I due comitato sostengono che «l'ordinanza di sequestro è una infusione di speranza per il futuro, un futuro che tuteli la salute dei nostri bambini ed al contempo tuteli gli operai che lavorano nello stabilimento».
SOLIDARIETÃ DA PORTO MARGHERA - In piazza anche gli operai dell'Ilva di Porto Marghera, in adesione allo sciopero nazionale del Gruppo: il corteo ha causato qualche problema al traffico proveniente da Venezia.
CORTEO ANCHE A GENOVA - Dal porto di Genova verso la sede della Regione Liguria anche gli operai dell'Ilva del capoluogo ligure sono scesi in piazza contro la chiusura dell'acciaieria di Taranto disposta dai tribunali per l'eccessivo inquinamento causato dall'acciaieria. La manifestazione è partita dalla sede dello stabilimento, a Cornigliano. In marcia anche i lavoratori degli stabilimenti di Novi Ligure e Racconigi che, come quello genovese, sono strettamente legati al sito pugliese, l'unico ad aver mantenuto il ciclo a caldo.
2- CAMUSSO, NON SI RISANA IMPIANTO FERMANDOLO
(ANSA) - "Non si risana impianto siderurgico fermandolo. C'é bisogno di investimenti che devono essere fatti con lo stabilimento in marcia, chiediamo al governo investimenti e chiediamo che ciascuno faccia la sua parte". Lo ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, nel suo intervento che ha concluso la manifestazione di Taranto contro la chiusura dell'Ilva. "Una situazione così non ce la saremmo mai immaginata: svegliarci una mattina e chiederci se una delle più grandi fabbriche del paese sarebbe rimasta aperta o no". "Questa non é una gara a chi urla di più - ha aggiunto - è una difficilissima vertenza sindacale che ha bisogno di unità del lavoro, dei sindacato e dei lavoratori e delle lavoratrici". "Bisogna resistere un minuto di più di una controparte che non vuole fare le cose. Serve la straordinaria compostezza della classe operaia di Taranto. Cambiare si può e lo faremo".
3- CLINI DIFENDE L'ILVA: NON Ã DETTO CHE OGGI STIA ANCORA UCCIDENDO..."
Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"
Oggi i lavoratori dell'Ilva di Taranto manifestano perché vedono in pericolo la loro fabbrica e il loro lavoro. Il copione è già scritto: il padrone dell'Ilva, Emilio Riva, 86 anni, dalla settimana scorsa agli arresti domiciliari, e i suoi sostenitori, sperano di poterla mettere all'attivo come una protesta contro i magistrati che hanno stabilito il sequestro di parte degli impianti.
E giustamente gli operai di Taranto oggi si scaglierebbero contro i magistrati se dessero retta alle rassicurazioni distribuite ieri mattina alla Camera dei Deputati dal ministro dell'Ambiente Corrado Clini nella sua informativa urgente. La sintesi è che il problema è molto complesso, e che si stanno attivando numerosi tavoli per trovare una soluzione, anche perché "siamo in presenza di procedure molto lunghe". La solita burocrazia italiana, messa sotto accusa da chi è stato per vent'anni direttore generale del ministero che oggi guida.
Clini appare sostanzialmente ottimista: il suo impeccabile ragionamento da medico del lavoro, quale è per formazione, è che se a Taranto si muore di cancro più del normale questo è sicuramente dovuto all'inquinamento degli anni passati, più precisamente a "contaminazioni ambientali derivanti da impianti che a quel tempo operavano nel rispetto delle leggi".
Poi, spiega il ministro, le cose sono cambiate, e l'Ilva è intervenuta sugli impianti, riducendo drasticamente l'inquinamento. Quindi oggi "potrebbe essere più complesso identificare una relazione diretta, causa effetto, con la situazione attuale degli stabilimenti Ilva a Taranto". Ciò significa che, se l'ipotesi del ministro dell'Ambiente trovasse un riscontro, il problema sarebbe già risolto.
E che i magistrati che hanno arrestato lo stato maggiore dell'Ilva e ordinato il sequestro degli impianti stanno forse processando il passato. Infatti il ritornello di queste ore è che non bisogna contrapporre salute e lavoro, e quindi la fabbrica non va chiusa a prescindere. Un argomento a cui il Gip di Taranto Patrizia Todisco ha dato una risposta definitiva nel decreto di sequestro degli impianti: "Ragionando diversamente si arriverebbe all'assurdo giuridico di operare delle comparazioni fra il numero di decessi accettabili in relazione al numero di posti di lavoro assicurabili".
In realtà è falso che i magistrati di Taranto stiano processando il passato. Stanno mettendo sotto accusa il presente perché il passato è già stato giudicato e condannato. Il curriculum di Emilio Riva parla da solo. Ha comprato l'Ilva di Taranto nel 1995 per 1450 miliardi di lire. Nello stesso anno la fabbrica gli ha reso una quantità di profitti superiore al prezzo pagato. Un anno dopo ha chiesto all'Iri la restituzione di 800 dei 1450 miliardi sostenendo di aver trovato che il centro siderurgico era talmente inquinante da richiedere interventi per quella cifra.
Ha detto allora: "Indipendentemente dal fatto che l'Iri li riconosca o meno, io questi lavori li devo fare". Nel 2001 dichiarava di aver investito nel rifacimento delle cokerie, epicentro dell'inquinamento, 150 miliardi in cinque anni. L'unico modo di tenere insieme salute e lavoro è di tenere a freno l'inquinamento della fabbrica. Riva non l'ha mai fatto abbastanza. Rivendica di aver investito 1150 milioni di euro in quindici anni contro l'inquinamento a Taranto, ma evidentemente non ha fatto abbastanza. E infatti non si capirebbe fino in fondo la presa in giro costituita dai frenetici tavoli di queste ore (come se ci fosse un'emergenza) senza ricordare che per gli stessi fatti per cui è stato arrestato la settimana scorsa Riva è stato processato e condannato già due volte negli scorsi anni, mentre politici, tecnici e tecnici-politici ignoravano il problema.
Dunque val la pena di ricordare che, a parte le complesse normative regionali, nazionali ed europee, c'è un articolo del codice penale, il 674, secondo cui commette reato "chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti". à solo uno dei reati per i quali Emilio Riva è stato arrestato. Ebbene, ha avuto la sua prima condanna per lo stesso reato esattamente dieci anni fa, il 15 luglio 2002. La seconda il 12 febbraio 2007.
Ogni volta, diversi giudici hanno scritto nelle sentenze che non ci si capacitava della ostinazione di Riva a inquinare senza fare gli interventi necessari a ridurre emissioni e diffusione di polveri. In tutti questi anni Riva ha alternato i processi alle promesse di interventi, tanto che il Gip che ne ha ordinato l'arresto a un certo punto del suo provvedimento di centinaia di pagine quasi sbotta: "Non può non segnalarsi quella che senza timore di essere smentiti può essere definita la più grossolana presa in giro compiuta dai vertici Ilva attraverso i primi atti di intesa sottoscritti dall'attuale gruppo dirigente": quattro, dall'8 gennaio 2003 al 23 ottobre 2006, tutti con le stesse promesse non attuate.
Nel processo di appello del 2004, il giudice nella sentenza accusa Riva di aver rivendicato "soluzioni asseritamente ispirate alla tecnica più avanzata", mentre gli inquirenti hanno scoperto che quegli interventi li aveva già fatti la gestione precedente, e che Riva si era limitato a "un mero ritocco di quelle stesse misure di protezione, cautele e pratiche operative, adottate sin da epoca ampiamente precedente alla privatizzazione, già rivelatesi inidonee ad evitare il fenomeno di dispersione delle polveri all'esterno dello stabilimento, come ben noto" all'imputato.
L'inchiesta che è sfociata negli arresti della scorsa settimana è stata avviata nell'estate del 2008. Subito dopo Riva, che non ha mai investito un euro fuori dell'acciaio, aderisce alla cordata per rilevare l'Alitalia promossa dal suo amico Silvio Berlusconi, appena rieletto premier. Gianni Dragoni, nel libro "Capitani coraggiosi", dedicato a quella operazione, argomenta un legame tra i due fatti.
E infatti nell'estate del 2011 il ministero dell'Ambiente rilascia all'Ilva di Taranto l'agognata Aia (Autorizzazione integrata ambientale), che pochi mesi dopo la regione Puglia chiede di rivedere perché le emissioni inquinanti dell'Il-va continuano, come prima, più di prima. Analisi, rilevazioni e perizie parlano chiaro, ma forse il ministro Clini non le ha lette attentamente. E neppure l'ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che ieri ha indicato nella magistratura una roccaforte della "cultura anti-industriale".
ILVA: FASSINA (PD), MINISTRO PASSERA SCOMPARSO DA VICENDA
(ANSA) - "E' una questione molto complicata con risvolti drammatici che bisogna gestire e risolvere. Ci sono le condizioni per tenere insieme salute e lavoro, che rimangono obiettivi imprescindibili entrambi". Lo ha sottolineato Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, a Taranto per partecipare alla manifestazione sindacale indetta da Cgil, Cisl e Uil. "Sarebbe una sconfitta della politica - ha proseguito - se noi fossimo costretti a scegliere. Siamo al fianco dei lavoratori per sostenere una soluzione possibile.
Deve intervenire innanzitutto l'azienda e ci sono parole importanti da parte del presidente dell'Ilva che riconosce quanto deve essere ancora fatto in termini di barriere sui parchi e interventi sugli impianti. Sono aperture importanti che vanno considerate". Ma anche le istituzioni, ha osservato Fassina, "devono fare la loro parte a cominciare dal governo nazionale. Il protocollo d'intesa firmato nei giorni scorsi è stato un primo passo ma non ancora sufficiente".
"Il ministro Clini - ha detto il deputato del Pd - è impegnato in prima persona, ma non vediamo analogo impegno da parte del Ministro dello Sviluppo Economico e questo certamente è un problema. Noi chiediamo al Governo di essere pienamente coinvolto in questa vicenda che riguarda l'ambiente ma anche la politica industriale. Ed è grave - ha concluso Fassina - che il ministro Passera sia scomparso da questa vicenda"
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