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Daniele Martini per "il Fatto Quotidiano"
Tra una sequela di consigli di amministrazione (ieri pomeriggio, 10 giorni fa e il prossimo tra tre giorni), riunioni a Palazzo Chigi in cui provano a imbastire grandi strategie (la prima 4 giorni fa, la prossima lunedì), un'assemblea degli azionisti presentata come palingenetica (tra 9 giorni) e riunioni segrete, la triste vicenda Alitalia assomiglia sempre più a una partita a scacchi, quasi un'estenuante guerra di nervi.
In mezzo a questo bailamme, la compagnia arranca, il piano di rilancio dell'amministratore Gabriele Del Torchio resta forzosamente in un cassetto causa mancanza di soldi e l'acquisto degli aerei per i collegamenti sul lungo raggio è perso nelle nuvole. E i dipendenti tremano, avendo abbondantemente capito che molti di loro rischiano di restare vittime della guerra in corso tra Air France da una parte e dall'altra la fragile compagine degli azionisti italiani.
Di fronte a questo sbocco dirompente, il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, si è rivolto al governo con un appello per scongiurare il declassamento di Alitalia a compagnia regionale, con tutto quello che ne conseguirebbe. Zingaretti ricorda che i lavoratori Alitalia hanno già abbondantemente pagato in occasione dell'altra sciagurata partita condotta sulle loro teste 5 anni fa dal tandem Silvio Berlusconi-Corrado Passera, che portò alla privatizzazione dell'azienda pubblica e all'espulsione progressiva di circa un terzo dei dipendenti (8 mila su 22 mila).
Air France non nasconde affatto la sua intenzione di voler entrare da padrona in Alitalia a condizioni definite dallo stesso amministratore Alexandre de Juniac "molto severe". Gli ambasciatori della compagnia hanno illustrato queste intenzioni una decina di giorni fa a Enrico Letta durante un incontro a Palazzo Chigi di cui non è stata data alcuna comunicazione e in cui non erano presenti gli altri azionisti della compagnia. Secondo indiscrezioni circolate nei giorni successivi, i francesi riterrebbero che in Alitalia ci siano 4 mila dipendenti di troppo su 14 mila.
Non è chiaro se anche questa decimazione annunciata debba essere inserita nel capitolo "manovre di pretattica" che si accavallano in questi giorni. Ieri vari manager Air France si sono prodigati in vibranti smentite. Tre elementi sono però incontestabili. Primo: i francesi continuano a ribadire il forte interesse per Alitalia e da un punto di vista industriale è facile capire perché.
Se riuscissero ad impadronirsi dell'azienda italiana potrebbero contare su una compagnia satellite regionale che organizzerebbero per il feederaggio, cioè per imbarcare passeggeri in Italia, in una bacino di 60 milioni di persone , con destinazione Parigi per farli salire sugli aerei Air France verso tutti gli scali intercontinentali possibili. Air France più Klm con cui si è fusa anni fa, più Alitalia in posizione ancillare, si rafforzerebbe come terzo polo europeo dei voli aggiungendosi a British-Iberia e Lufthansa-Sas.
Secondo: i francesi non hanno né l'intenzione né la possibilità di impegnare parecchi soldi per raggiungere lo scopo. Loro stessi si trovano in grande difficoltà : hanno chiuso una semestrale estremamente negativa, con una perdita di circa 800 milioni di euro. Terzo elemento: in seguito a queste difficoltà Air France sta tagliando altri 3 mila dipendenti (ieri ne ha annunciati 1.800) dopo averne allontanati 5 mila. Di fronte all'opinione pubblica francese i dirigenti della compagnia transalpina, che è pubblica con azionista la Caisse de dépots, non potrebbero permettersi il lusso di non usare la scure in Italia mentre la impugnano in Francia.
Nel consiglio di amministrazione di ieri pomeriggio oltre alla comunicazione di un peggioramento delle previsioni di perdita a fine anno e all'annuncio di tagli al personale, è stato presentato un nuovo piano finanziario del valore di 500 milioni: 50 del vecchio prestito ponte, 200 di nuovi apporti finanziari delle banche, 100 di aumento di capitale deciso il 26 settembre più (e questa è la vera novità ) altri 150 milioni di un secondo aumento di capitale.
Viste le difficoltà per sottoscrivere il primo c'è da chiedersi chi potrà aderire al secondo. Si sta facendo strada l'ipotesi che in soccorso di Alitalia possa scendere la Cassa depositi e prestiti che come nel carosello in cui invocavano in coro "gigante pensaci tu", da un po' di tempo è chiamata ad intervenire in tutte le cause apparentemente perse. Dicono che il presidente Franco Bassanini non sia pregiudizialmente contrario, l'amministratore Giovanni Gorno Tempini invece contrarissimo.
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