
DAGOREPORT – ASPETTANDO L'OPPOSIZIONE DE' NOANTRI (CIAO CORE!), VUOI VEDERE CHE LA PRIMA BOTTA…
Nicola Lillo per La Stampa
Lo scossone interno a Etihad è arrivato e potrebbe avere conseguenze anche su Alitalia. Dopo undici anni di lavoro James Hogan non sarà più alla guida della compagnia aerea controllata dal governo di Abu Dhabi. Il passo indietro è stato annunciato per la seconda metà dell' anno, quando il sessantenne australiano lascerà di conseguenza anche la carica di vicepresidente di Alitalia. Un' uscita di cui si parlava da diverse settimane, che lascia adesso alcuni dubbi sulle future strategie degli emiri.
Hogan è l' uomo che ha trasformato la compagnia lanciata nel 2003 da vettore locale in una realtà globale attraverso la partecipazione di Etihad nell' azionariato di sette compagnie aeree, tra cui Alitalia. L' australiano, che nel suo impegno decennale ha portato Etihad da 22 a 120 velivoli con 26mila dipendenti, si è detto «orgoglioso» di quanto fatto per la compagnia degli Emirati Arabi Uniti. A fine anno entrerà a far parte di una società di investimenti con il direttore finanziario James Rigney, che lascerà con lui alla fine dell' anno. I due sostituti saranno probabilmente nomi interni al gruppo.
Mohamed Mubarak Fadhel Al Mazrouei
La strategia di Hogan ha però subito negli ultimi tempi alcune battute d' arresto, soprattutto relative ad Air Berlin, di cui Etihad detiene il 29,9% e che ha annunciato drastici tagli a settembre, e alla stessa Alitalia, impegnata in queste settimane nella condivisione del piano industriale per il ritorno all' utile. Due compagnie che continuano a perdere e che hanno bisogno di una difficile ristrutturazione: starebbero qui le ragioni non scritte del suo passo indietro.
Il presidente del board di Etihad Aviation Group, Mohamed Mubarak Fadhel Al Mazrouei, ha spiegato che occorre «sviluppare e modificare» le partnership con le compagnie, ma ha insistito anche sulla necessità di continuare comunque «a restare impegnati nella nostra strategia». Tra cui c' è anche Alitalia, di cui Etihad detiene dal 2014 il 49% proprio per scelta di Hogan.
Sull' ex compagnia di bandiera gli emiri hanno ribadito che Etihad «sta partecipando attivamente nella seconda fase del piano di rilancio». Gli stessi soci italiani di Alitalia riuniti nel Cai, che detiene il 51% delle azioni, hanno garantito nel cda di lunedì il loro sostegno nel raggiungere gli obiettivi, nonostante i malumori iniziali. L' unità di intenti c' è, ma potrebbero cambiare i registi.
L' amministratore delegato Cramer Ball, legato ad Hogan e australiano come lui, torna infatti ad essere in bilico e con l' uscita di scena del vicepresidente i soci italiani potrebbero far valere il loro peso nell' azionariato e volere un nuovo amministratore delegato per Alitalia. Il passo indietro di Hogan è comunque previsto tra diversi mesi e questo potrebbe concedere ancora del tempo a Ball, impegnato sul dossier da meno di un anno.
Il piano da 158 pagine ha messo in atto per ora solo il capitolo tagli: sono almeno 160 milioni quelli previsti per il 2017, non relativi al costo del personale, e ancora di più saranno quelli dei prossimi anni. Il resto del progetto deve essere valutato ancora dagli advisor esterni Roland Berger e Kpmg voluti dai soci italiani, guidati da Unicredit e Intesa SanPaolo, prima di investire altra liquidità nella compagnia e permetterle di ripartire.
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