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Sergio Rizzo per âIl Corriere della Sera'
Passi per l'auto di servizio. Ma perché una Jaguar? Che poi non era nemmeno blu come ogni vettura di rappresentanza che si rispetti, ma verde... Eppure era proprio una Jaguar quella su cui viaggiava il direttore della ditta dei servizi ospedalieri: con tanto di autista, ovvio. Lo prevedeva il contratto, sicuro. Ma il conto lo pagavano i contribuenti. La potente berlina inglese era uno dei tanti regalini che il ministero della Salute e la Regione Lazio avevano ereditato nel pacchetto dell'ospedale San Raffaele di Roma.
Certo uno degli affari più discutibili, almeno dal punto di vista economico, che abbia mai fatto la sanità pubblica. E di cui il nodo più spinoso sta venendo al pettine in queste ore. Il braccio di fra la Regione Lazio e il gruppo che fa capo al deputato di Forza Italia Antonio Angelucci toccherà il culmine a mezzanotte del 31 dicembre, quando scadrà il contratto per la gestione di tutti i servizi del centro ospedaliero pubblico. E alle società degli Angelucci, i re delle cliniche convenzionate con il servizio sanitario, subentreranno le ditte che nei mesi scorsi hanno vinto la gara voluta dalla nuova amministrazione regionale.
Ma partiamo dall'inizio di questa storia. Alla fine degli anni Novanta il patron del San Raffaele di Milano Don Luigi Verzé potrebbe vendere allo Stato, che è alla ricerca di una nuova sede per il polo oncologico romano, il suo ospedale gemello di Roma. Il quale invece finisce nel 1999 per 270 miliardi di lire al gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci. Passa una manciata di mesi e nel 2000 il polo oncologico del San Raffaele di Roma viene acquisito dalla sanità pubblica per 319 miliardi e 847 milioni: 50 miliardi in più rispetto a quelli pagati dai re delle cliniche appena prima. Il ministro della Sanità in carica è Umberto Veronesi, che nel governo di Giuliano Amato ha preso il posto di Rosy Bindi.
à lui, come ha raccontato Alberto Nerazzini durante una puntata di Report di Milena Gabanelli, che sottoscrive con il presidente della Regione Lazio fresco di elezione Francesco Storace un accordo con il venditore che contiene una clausola micidiale: «L'ospedale pubblico subentrerà in tutti i contratti in essere».
Uno, in particolare. Quello che il San Raffaele degli Angelucci ha stipulato nel mese di giugno del 2000 con un paio di società degli stessi Angelucci, delle quali una (la Natuna srl) costituita un mese prima. Con il contratto il gruppo Tosinvest affida a se stesso la gestione di tutti i servizi ospedalieri, dall'energia all'assistenza infermieristica:proprio in quei giorni le trattative con lo Stato per la cessione del San Raffaele sono in dirittura d'arrivo.
Incredibilmente, tanto il ministero della Sanità quanto la Regione Lazio accettano quelle condizioni, che impongono un gestore scelto senza gara con 266 persone assunte senza concorso. E altre cosucce. Tipo il ricorso senza limiti ai subappalti, una penale del 50 per cento del valore annuale del contratto per ogni anno di mancata esecuzione per risoluzione imputabile al committente, una durata dell'appalto di nove anni più nove, nonché la sorveglianza affidata alle stesse ditte appaltatrici, oltre alla direzione. Jaguar per il direttore compresa.
Del resto, il prezzo delle prestazioni lo giustifica in pieno. Ventitré milioni 18.509 euro e 9 centesimi, secondo i calcoli della direzione degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO). Il bello è che si è andati avanti per ben tredici anni. Con il risultato che il gruppo Angelucci ha incassato più soldi per la gestione dei servizi ospedalieri che per la vendita allo servizio sanitario pubblico dell'ospedale stesso. Per giunta, con una ulteriore clausola accessoria: quella che garantisce a una fondazione riferibile alla famiglia l'uso per 99 anni di una palazzina del complesso ospedaliero al simbolico costo di un euro l'anno.
Non che in tutti questi anni non si sia cercato di fare qualcosa. Qualche anno dopo l'acquisto del San Raffaele, per esempio, gli IFO decisero una riduzione delle prestazioni e fissarono la durata del contratto al 31 dicembre 2004. Ma con un paio di arbitrati le cose vennero rimesse subito a posto. Gli arbitri ripristinarono le condizioni iniziali, addirittura migliorandole. E aggiungendo pure una beffa: stabilendo per il contratto la scadenza del 31 dicembre 2013 anziché quella del 31 dicembre 2004. Nove anni in più.
Si è arrivati così al dunque. La nuova amministrazione regionale ha bandito una gara per l'affidamento degli stessi servizi, che è stata aggiudicata qualche mese fa a un prezzo di 14 milioni 659.320 euro e 85 centesimi l'anno. Risparmio previsto: 8 milioni 359.188 euro e 24 centesimi.
Ma non è finita qui. Dopo aver offerto uno sconto considerevole pur di conservare la gestione dei servizi ospedalieri, e in seguito al rifiuto della Regione, gli Angelucci hanno promosso l'ennesimo arbitrato. Nel quale chiedono il prolungamento, e alle medesime condizioni, del contratto che spira la notte di Capodanno per ben quattro anni e mezzo, fino al 30 giugno 2018. Se vincessero anche questo, il mancato risparmio per la sanità pubblica sarebbe di 37,6 milioni. Più annessi e connessi, ovviamente.
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