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Salvatore Bragantini per "Il Corriere della Sera"
Mai colpire chi è a terra; oggi a terra c'è il gruppo Ligresti, e più che della sua gestione, che qui si criticò aspramente quando era difficile farlo, si deve parlare dell'establishment. Dal salotto buono alle istituzioni, da Mediobanca all'Isvap (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private): de te, Italia, fabula narratur.
, EX CONSOB: "Se non cresce è anche perché molte banche finanziano, anziché vere imprese, giochi di potere finanziari e camarille immobiliari. In un mondo normale, Premafin sarebbe fallita, schiacciata dai debiti, ma là essa non sarebbe mai divenuta asse portante del capitalismo; da noi sì, perché sul gruppo - dall'entrata in scena nell'89 con profitti artatamente gonfiati, all'uscita per il rotto della cuffia - sempre ha vegliato Mediobanca.
Unipol Gruppo Finanziario (Ugf) farà un'Offerta pubblica d'acquisto (Opa) su Premafin, poi la ricapitalizzerà e la fonderà con Fondiaria-Sai (FonSai) e con Unipol Assicurazioni, previamente ricapitalizzate anch'esse. I soldi verranno dalle cooperative (500 milioni) e dalle banche che sperano di salvare ingenti crediti dubbi. Ugf rispunterà poi in luogo di Premafin come scatola cinese, per controllare la filiera; se si è ammessi al Circolo dei Nobili, tocca adeguarsi alle sue buone usanze.
A FonSai, però, all'ingresso leveranno le partecipazioni «strategiche»; l'argenteria andrà a una damigella di buon comando. à bizzarro; si fa un'Opa su una società in gravissimo dissesto, Premafin, che la legge non obbligava a fare, ma si pretende l'esenzione dall'obbligatoria Opa «a cascata» su FonSai e Milano Assicurazioni, il cui controllo così ci si procura. Ugf ci spera perché quello di FonSai sarebbe un salvataggio (l'Isvap, che vigila sulla compagnia, le impone un aumento di capitale per rafforzare il patrimonio a garanzia dei clienti).
Ben strano salvataggio, nel quale il salvato (Fonsai) è valutato tra sei e sette volte il prezzo di mercato (Lorenzo Dilena, Linkiesta, 17 gennaio 2012). Questa supervalutazione che nessuno - non fosse per il controllo di FonSai - riconoscerebbe agli azionisti di una società dissestata, andrà invece proprio e solo a loro: da Ligresti ai suoi cari, agli occulti beneficiari dei trust appena spuntati dai fondali caraibici e al finanziere Bollorè.
à la necessità di salvaguardare i crediti di Mediobanca (oltre un miliardo a Fonsai) e Unicredit (700 milioni alla «cima» del gruppo) la ratio di un'operazione tanto complessa da non poter essere riassunta in un articolo. Unipol poteva acquisire il controllo di FonSai garantendo l'esecuzione dell'aumento di capitale, pagando molto meno; questa soluzione le sarà stata preclusa dai creditori o dall'Isvap.
Premafin non ha i mezzi per ricapitalizzare FonSai; dovrebbe venderne il controllo a gestori affidabili, a un prezzo da riconoscersi a tutti gli azionisti di FonSai. Se invece, come potrebbe essere, FonSai fosse insolvente, andrebbe affidata alle ordinarie procedure di legge per casi simili. Ciò comporterebbe però i rigori di tali procedure, comprese le azioni revocatorie.
Ove mai fosse nominato un liquidatore «alla Ambrosoli», chi ha svuotato le casse della società messa in liquidazione vendendole a prezzi esorbitanti cespiti che nessuno voleva, dovrebbe rigurgitare le centinaia di milioni il cui incasso ha contribuito al dissesto. Invece quest'operazione mette una bella pietra sul passato, evitando il rischio che quei crediti subiscano una rasatura «alla greca», con gravi conseguenze sui conti delle due banche. A proposito, quali sono, invece, gli effetti dell'accordo?
Il nuovo gruppo avrà fra il 35 e il 40% del ramo danni. Cosa ne dirà l'Antitrust, visto che i registi dell'operazione FonSai guidano anche i destini del principale concorrente, Generali? Non ci sarà qualcosa da fare, magari sul pacchetto liberalizzazioni? E che dire dell'Isvap troppo a lungo passivo e solo da poco occhiuto vigilante? Vedremo se Consob, pronunciandosi sull'Opa a cascata, accetterà la logica, che pare contorta, dell'operazione; è poi probabile un'indagine sugli insider, che hanno fatto scattare il prezzo dell'azione Premafin (su cui ci sarà l'Opa) del 170% da fine 2011.
à difficile che Consob abbia gradito il via libera dell'Isvap nel marzo scorso a un'altra operazione sul capitale di FonSai, che agli investitori ha dipinto un quadro che ora pare infedele. Le banche vogliono proteggere i propri crediti; si spera che gli altri facciano il proprio dovere. Se questo «salvataggio» non segue i binari giusti, come stupirsi se il Paese non cresce? Speriamo di non doverne dedurre che i conti dei due grandi creditori non permettono altre soluzioni.
Il 24 novembre '89, un grande quotidiano commentò così la quotazione di Premafin: «Un mercato che...assorbe con pubblici silenzi (e privatissime chiacchiere) queste emissioni "nostrane", si procura guai seri per il futuro. à di questo materiale che sono fatte le grandi delusioni...e i conseguenti crolli di Borsa sui quali si verseranno poi le consuete lacrime di coccodrillo». I Ligresti della situazione sempre ci saranno: il problema siamo noi tutti, che non cambiamo mai.
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