UNA LACRIMA SULLA POLTRONA – LA FORNERO PIAGNENS FA DI TUTTO PER AVVICINARSI A RENZI E SMARCARSI DA MONTI – NON A CASO: HA MESSO GLI OCCHI SULLA PRESIDENZA DELLA COMPAGNIA DI SANPAOLO

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Da ”lospiffero.com

 

L'ex ministra non perde occasione per incensare Renzi. Punta alla presidenza della fondazione San Paolo e quindi deve farsi perdonare la stagione montiana. Manovre anche tra i cugini della Crt, dove occorre tenere in vita ancora un po' Marocco.

 

Mario Monti Elsa Fornero Mario Monti Elsa Fornero

Elsa chiagn’e fotti, di piangere ha smesso da un pezzo. Quelle lacrime napulitane appartengono al passato, immortalate in qualche vecchio fotogramma da Istituto Luce dell’era montanina. E se chiagnere non è più cosa (anche se con il ragazzo di Pontassieve a Palazzo Chigi andrebbe rispolverato il mai tramontato chi ’un piange ’un puppa) pure il fottere sarà bello, ma comandare è più bello assai. E che Elsa Fornero ami stare laddove si comanda non è un mistero, come lo è sempre meno il suo muoversi accorto, ma visibile quanto basta, per rifarsi il trucco, cancellare la lacrima sul viso e scrivere un nuovo capitolo della sua carriera nei Palazzi del potere accomodata su una poltrona meno scomoda di quella occupata accanto a Rigor Montis, dal quale non perde occasione per ribadire la sua distanza.

 

Interviste, apparizioni in tivù, dichiarazioni alle agenzie: Elsa l’ex piagnona si muove nel circo mediatico con la stessa discrezione con cui, ancora ministro, fece bloccare con dispiegamento di forze degne di Obama un paio di vie torinesi, per andare a comprarsi le scarpe in una esclusiva boutique del centro. Lontana dal loden che ha sbagliato, a detta di lei, a mettersi in politica invece di rimanere nell’olimpo dei tecnocrati, distante dal pastrocchio del blocco delle indicizzazioni delle pensioni che di riffa o di raffa l’ha riportata in ballo per la gioia di Matteo Salvini, la maestrina dalla penna rossa non smette, invece, di lodare quel giovane ragazzo prodigio fiorentino che a lei sembra piacere tanto, ma davvero tanto.

Elsa Fornero Elsa Fornero

 

Dietro la lavagna Matteo Orfini, con quella barba da protestatario e guastafeste, in prima fila l’altro Matteo che “avendo visto una politica cattiva e cinica, lui ci sta provando”, il distintivo di capoclasse è suo. Bocciati i giudici della Consulta per quella sentenza “incomprensibile” che fa piombare sul governo del bravo Matteo una tegola, anzi un macigno da miliardi.

 

Non piange Elsa, ma questo non vuol dire che rinunci alla seconda parte del proverbio. Giammai. Stavolta non ci sono annunci da dare con la colonna sonora di Bobby Solo, stavolta c’è da tessere trame, elargire sorrisi e riposizionarsi. Magari incominciando proprio da quell’inner circle renziano, a prima vista così lontano e “antropologicamente” estraneo ma per nulla insensibile ai segni di pentimento provenienti da quel “capitalismo di relazione” ostile al nuovo corso.

 

ELSA FORNERO IN LACRIME ELSA FORNERO IN LACRIME

Stanze, salotti, palazzi in cui l’ex ministro si muove a occhi chiusi. L’obiettivo di Elsa è ritrovare compagnia, anzi la Compagnia, quella di San Paolo, da cui la professoressa arriva e dove - si dice - intenda far di tutto per ritornarvi. Il rinnovo del board della potentissima fondazione è previsto tra circa un anno, ma proprio per non arrivare con il fiato corto l’economista torinese ha incominciato la sua lunga marcia, tenendo la sinistra, pur senza esagerare, come ai tempi di Alleanza per Torino, la lista degli ottimati sabaudi che la portò a sedersi in Sala Rossa.

 

Il rientro in corso Vittorio Emanuele non è affatto fantascienza: per una sua nomina, sulla carta, potrebbe contare sul mondo delle Camere di commercio, come su quello che ruota attorno al suo ambiente naturale, quello accademico. Ma il peso maggiore sulla Compagnia è nella mani del Comune di Torino e, quindi, i conti la Fornero non può farli senza l’oste Piero.

 

Non che Fassino, ora impegnato in un riposizionamento dialettico con Renzi attraverso la nuova corrente Futuro Democratico, straveda per la Fornero. Ma neppure la detesta, anzi. E c’è chi avanza l’ipotesi che alla fine, quel residuato del governo dei tecnici, supportato dal Pd di Bersani, potrebbe trovare nel Lungo una sponda giusta, da aggiungere alle altre o comunque da non avere contro, per tornare in quella Compagnia da cui era partita.

Renato Schifani e Elsa Fornero Renato Schifani e Elsa Fornero

 

Anche se, al momento, la prima scelta di Fassino resta Francesco Profumo, attuale numero uno di Iren e compagno di banco di Elsa nel governo dei professori. Ma se Fassino dovesse volare via e rinunciare al secondo mandato? C’è pur sempre Sergio. Il calibrato endorsement renziano potrebbe agevolare anche il viatico da parte di Chiamparino che della Compagnia è stato il numero uno e che con la ministra tacco basso-scorta alta ha mantenuto un buon rapporto.

 

Certo migliore di quello che la Fornero ha con l’ala più sinistra del Pd, pur essendo stata compagna di classe di Cesare Damiano che “studiava poco, mentre io ero una secchiona”.  Mica potrà accontentarsi di stare nel cda della Centrale del latte, dov’è finita giusto un anno fa? E allora anche la definizione del Jobs act renziano come prosecuzione della riforma avviata quando lei era al governo, sembra l’ennesima pennellata a quel quadro che Elsa-una-lacrima-sul-viso dipinge giorno dopo giorno, lasciando fuori il cinereo del grigiocrate, usando toni graditi a quella parte del Pd che potrebbe spianarle la strada per la Compagnia.

 

Francesco Profumo Francesco Profumo

Quello della  Fornero non è, tuttavia, il solo caso su cui è concentrata l’attenzione per il futuro prossimo delle casseforti bancarie piemontesi.  L’altro Palazzo oggetto di grandi manovre è quello di via XX Settembre.  Da tempo, nei circoli finanziaria così come negli ambienti della politica, si parla sia pure sottovoce e con il rispetto dovuto, del cambio alla guida della Fondazione Crt dove siede il notaio Antonio Maria Marocco. Il suo abbandono, anche per ragione anagrafiche, è dato imminente da tempo. Un ossimoro che troverebbe ragione in sottili alchimie di potere che si giocano anche e soprattutto nei tempi. Contrariamente alla Compagnia di San Paolo, la Fondazione ha norme che permetterebbero la sostituzione del presidente anche senza interessare altri organi. Ma, come detto, non è questo il punto.

 

La permanenza del notaio Marocco, che ricorda per alcuni versi l’inamovibilità ai limiti estremi di alcuni dirigenti dell’Unione Sovietica, troverebbe ragione nell’attesa obbligata dello scorrere del tempo necessario per far superare al successore in pectore Giovanni Quaglia il periodo di quarantena imposto dalla legge, due anni, dall’incarico in Unicredit.

 

graziano  anna serafini  piero fassinograziano anna serafini piero fassino

E proprio il neo-riconfermato vicepresidente del colosso bancario, Fabrizio Palenzona è il regista e lo sponsor dell’arrivo di Quaglia al vertice della Fondazione. Un approdo che, pur nell’attesa dei tempi tecnici, pare già definito grazie anche a quello sdoganamento che il presidente in pectore è riuscito a garantirsi, lui cuneese, nell’establishment torinese.

 

fabrizio palenzonafabrizio palenzona

In questo pare aver giocato non poco il suo ruolo nell’intervento della Fondazione nella vicenda delle Ogr, un aiuto assai gradito a Palazzo di Città e che contribuirà a stendere il tappeto rosso per il fedelissimo di Palenzona. Il quale tiene, sia pure a distanza, più di un occhio sul centro di potere sabaudo, grazie allo stretto rapporto con il segretario generale Massimo Lapucci che, si dice, non manchi settimana nell’andare a rapporto da big Fabrizio. Insomma, tutto è pronto, per il salto di Quaglia. Solo questione di tempo.