1. SACCOMANNI SI FA TROPPE CHIACCHIERE COI GIORNALI PRIMA ANCORA DEL VOTO DI FIDUCIA. PER IL SUO POSTO IN BANKITALIA SI MUOVONO IL “SAGGIO” ROSSI, SIGNORINI E PANETTA 2. TREMANO LE FELUCHE GODONE PER L’ARRIVO DELLA LADY DI FERRO BONINO. FILIPPO DI ROBILANT SARÀ SEGRETARIO GENERALE AL POSTO DI VALENSISE, DIRETTO IN AFRICA? 3. GIOVANNINI, DOPO IL FLOP SUGLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI CHE FECE INFURIARE MONTI, CI RIPROVA CON LA POLTRONA CALDA DELLA FORNERO: NON SARà DIFFICILE FARE MEGLIO 4. PASSERA SPERAVA NELLA RICONFERMA, E ORA CON GIOVANNA DEVE CAPIRE IL SUO FUTURO 5. L’ARRIVO AL MINISTERO DEI TRASPORTI DEL CIELLINO LUPI, CHE HA UN OTTIMO RAPPORTO CON MORETTI, NON È UN BUON SEGNALE PER I TRENI CIUFF CIUFF DI MONTEZEMOLO

1. MENTRE SACCOMANNI CHIACCHIERA (TROPPO), IL "SAGGIO" ROSSI SI MUOVE PER IL SUO POSTO IN BANKITALIA. INSIEME A SIGNORINI E PANETTA
Gli uscieri della Banca d'Italia sono un po' dispiaciuti per la nomina di Fabrizio Saccomanni a ministro del Tesoro e sentiranno la mancanza di quest'uomo che per oltre 45 anni ha attraversato i corridoi di via Nazionale spargendo in egual misura dosi robuste di competenza e di umorismo.

Adesso provano lo stesso sentimento di quando se ne andò per cinque anni al Fondo Monetario che con la solita ironia definì "un bel salvagente che non va buttato via". Per anni è stato definito un superburocrate, un uomo grigio in grado di garantire quel binomio di fedeltà e continuità che è il verbo della Banca d'Italia.

Non è mai stato considerato un lampo di ingegno, ma una combinazione di intelligenza e di esperienza che gli ha consentito di scalare i gradini più alti di Palazzo Koch e di entrare nel cuore di Mario Draghi, il presidente della BCE che a tutti gli effetti è considerato il vero sponsor della sua nomina.

Nessuno dubita che Saccomanni sia un civil servant di primordine e che questa caratteristica gli abbia fatto guadagnare anche i favori del Quirinale. La nomina è comunque una bella rivincita nei confronti del pallido Vittorio Grilli con il quale ieri si è incontrato per meno di un quarto d'ora congedandosi con una fredda stretta di mano. Se l'ex-ministro del Tesoro ha perso l'occasione con le dimissioni di riscattarsi, per il 70enne romano dall'aria paciosa l'arrivo a via XX Settembre è un'autentica rivincita.

Gli uscieri della Banca d'Italia che sono dotati della "grande memoria" di cui parlava il poeta inglese Yeats, ricordano lo scontro furibondo per la nomina di Saccomanni alla poltrona lasciata libera nel dicembre 2011 da Mario Draghi. E hanno ancora negli occhi l'immagine di Giulietto Tremonti che si batteva per Grilli e Siniscalco, mentre il mediceo Lorenzo Bini Smaghi sbatteva la testa per il dolore.

Quella comunque è storia vecchia che Saccomanni si è gettato alle spalle rinunciando alla sua natura ciarliera che in altre occasioni lo ha portato a dichiarazioni imprevedibili. Così è stato ad esempio nel febbraio dello scorso anno quando di fronte al blitz che aveva spedito la Guardia di Finanza a disturbare le damazze e i commercianti di Cortina, disse con fare allusivo: "la lunga permanenza in Bankitalia mi porta a una certa riluttanza verso la spettacolarizzazione, che può anche essere necessaria, ma solleva più che altro domande...".

E che sia un po' ciarliero lo dimostrano non solo i sonetti del Belli che amava snocciolare davanti agli uscieri e alle segretarie della Banca d'Italia, ma anche la loquacità dimostrata all'indomani della nomina a ministro quando ha rilasciato una pioggia di interviste ai maggiori quotidiani. È chiaro che nel governo dell'economia dove il tridente è composto da lui, dal presidente dell'Istat e dal sindaco di Padova Zanonato, le maggiori responsabilità ricadono sulle sue spalle, ma la correttezza istituzionale vorrebbe che i ministri appena eletti frenassero la lingua prima che il governo ottenga la fiducia del Parlamento.

Evidentemente la scrivania di Quintino Sella provoca pruriti irrefrenabili e anche a costo di dire banalità ,come ha fatto ieri a "Repubblica" parlando di un "patto capace di rimuovere i fattori di incertezza psicologica", Saccomanni non rinuncia a giocare la parte del centravanti.

Qualche economista arriccia il naso e ritiene che alla fine si comporterà come un "catenacciaro del rigore". Così ha detto Gustavo Piga, il professore di TorVergata ricordando che nella squadra del governo l'uomo proveniente da Bankitalia farà la parte del difensore alla Chiellini mentre il Ballotelli della situazione si trova a Francoforte.

Gli uscieri di Bankitalia vorrebbero ricordare al pacioso ex-direttore generale quel sonetto del Belli che ricorda ai popolani "un bon governo nun è cquello che v 'abbotta l'orecchie in sempiterno...nun ve fate confonne: un bon governo se sta zzitto e ssoccorre er poverello".

D'ora in avanti alla Banca d'Italia non sentiranno più queste melodie. L'attenzione adesso è rivolta a chi prenderà il posto del 70enne romano e bocconiano che avrà il compito di ricordare al triste Enrico Letta che anche Voltaire era ottimista.

In pole position c'è Salvatore Rossi, il barese dai baffi gagliardi che nello spazio di pochi anni è passato dalla Direzione centrale per la ricerca alla vicedirezione generale della Banca d'Italia. Sul suo petto brilla la medaglietta del "saggio" appuntata da Napolitano, ma gli uscieri suggeriscono di tener d'occhio altri due personaggi. Il primo è Luigi Federico Signorini, un fiorentino laureato ad Harvard che ha scritto i discorsi quando Lamberto Dini era presidente del Consiglio.

L'altro è Fabio Panetta, il 53enne romano ,figlio di un funzionario Dc, che dall'ottobre scorso è vicedirettore generale e ha ricoperto incarichi presso numerosi organismi internazionali tra cui la BCE.

Non è escluso che l'ombra lunga di Draghi possa tirargli la volata per la seconda poltrona più ambita della Banca d'Italia.


2. GIOVANNINI, DOPO IL FLOP SUGLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI CHE FECE INFURIARE MONTI, CI RIPROVA CON LA POLTRONA CALDA DELLA FORNERO: NON SARà DIFFICILE FARE MEGLIO
"È arrivato il momento di usare il cervello e non la pancia". Sono parole che Enrico Giovannini, il presidente dell'Istat nominato ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha pronunciato l'11 novembre dell'anno scorso all'università di Bologna davanti all'ex-ministro Giarda, Ignazio Visco e Romano Prodi.

L'occasione era l'annuale Lettura della casa editrice "Il Mulino" che Giovannini ha onorato con una dotta dissertazione che si concludeva con l'invito a "conoscere per decidere". In queste ore qualcuno potrebbe ricordare all'ambizioso presidente dell'Istat che la pancia è diventata il fattore centrale di qualsiasi politica e che le scorciatoie mentali devono lasciare il passo a scelte precise in materia di lavoro e occupazione.

Al ministero nessuno rimpiange la dipartita della ministra delle lacrime Elsa Fornero che si è ritirata nella villa di Courmayeur per preparare insieme al marito economista Mario Deaglio il Rapporto annuale della Fondazione Einaudi.

C'è però molta perplessità sull'attitudine del neoministro econometrico a gestire un dicastero bollente. Nessuno mette in discussione la sua competenza sui numeri anche se all'Istat dove guadagnava 25mila euro lordi al mese,si ricorda con malizia la brutta figura che Giovannini fece quando non riuscì a portare a termine i lavori della Commissione che avrebbe dovuto definire e confrontare gli stipendi dei parlamentari italiani.

Il compito gli era stato affidato da Giulietto Tremonti e la Commissione riuscì a partorire soltanto un misero documento di 38 pagine che fu consegnato il 31 dicembre a Mario Monti. Per la prima volta dall'insediamento a Palazzo Chigi il Professore di Varese, esiliato sulle montagne dell'Engadina, si incazzò alla grande, ma Giovannini riuscì a superare l'incidente e pochi mesi dopo lanciò un grido di dolore sul taglio dei finanziamenti all'Istat sforbiciati dai 176 milioni del 2011 a 150-160 milioni ( "andiamo verso un buco di 20 milioni, insostenibile").

È probabile che da quel momento abbia cominciato a prendere le distanze dal Professore bocconiano, e la dimostrazione si trova nel fiume di interviste e dichiarazioni televisive che ha gestito negli ultimi due mesi con perseveranza diabolica. Lo sforzo è stato ripagato dal solito "presidente di fatto" Napolitano che gli ha messo sulle spalle un ministero dove la pancia conta più del cervello.

Qualcuno dice che oltre a Napolitano lo "statistico" romano, 57enne sposato e con due figli, abbia ottenuto spintarelle notevoli dal mondo cattolico e dal Vaticano, ma queste sono illazioni che valgono poco rispetto al peso delle problematiche che a partire da oggi Giovannini dovrà affrontare.

A ricordargliele in un editoriale che appare oggi sul "Corriere della Sera" è l'economista Francesco Giavazzi, che dopo l'uscita di Monti ha ritrovato la voglia di fare il grillo parlante e spiega a Giovannini che "il governo deve avere una sola priorità: il lavoro. La prima cosa da fare-aggiunge Giavazzi- è cancellare la parola riforme dal vocabolario del governo".

A questo punto scatta una domanda inevitabile: ce la farà il freddo e ambizioso "statistico" dell'Istat a reggere il peso di un ministero dove ogni giorno centinaia di lavoratori mettono le tende e suonano i campanacci per evitare il suicidio?

C'è chi ne dubita perché in questo momento più del cervello bisogna tener d'occhio la pancia.


3. TREMANO LE FELUCHE GODONE PER L'ARRIVO DELLA LADY DI FERRO BONINO. FILIPPO DI ROBILANT SARÀ SEGRETARIO GENERALE AL POSTO DI VALENSISE, DIRETTO IN AFRICA?
Nei corridoi della Farnesina serpeggia un notevole timore per l'arrivo della piccola lady di ferro piemontese che dal 1982 mangia politica estera.

Nessun rimpianto per il conte Terzi di Sant'Agata e nemmeno per quel Frattini che il Cavaliere vorrebbe portare al vertice della Nato, ma c'è inquietudine perché la Bonino non farà sconti a nessuno e metterà a dura prova la casta dei diplomatici.

A farne le spese saranno molti funzionari e ambasciatori che si sono pasciuti di benefits saltellando da un party all'altro senza diventare messaggeri di marketing e del made in Italy. La 65enne signora di Bra darà filo da torcere a tutti e il suo stile sarà molto diverso da quello di Susanna Agnelli che gestì la Farnesina per un anno. Sembra scontato che al suo fianco arrivi Filippo di Robilant, un uomo che ha iniziato la sua carriera presso la Confindustria di Bruxelles,e ha seguito la Bonino in tutto il percorso ministeriale e politico.

Secondo le voci che corrono dovrebbe essere l'uomo destinato a occupare la carica di Segretario generale della Farnesina al posto di Michele Valensise, l'ex-ambasciatore che paga lo scotto della vicenda dei marò ed è destinato a un'ambasciata nell'Africa sub-sahariana.


4. L'ARRIVO AL MINISTERO DEI TRASPORTI DEL CIELLINO LUPI, CHE HA UN OTTIMO RAPPORTO CON MORETTI, NON È UN BUON SEGNALE PER I TRENI CIUFF CIUFF DI MONTEZEMOLO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che mentre Corradino Passera e la moglie hanno trascorso una domenica dolorosa per organizzare il futuro dell'ex-banchiere ed ex-ministro, Luchino di Montezemolo ha cercato di capire che cosa succederà nel settore dei trasporti per la sua Ntv.

L'arrivo al ministero del ciellino Maurizio Lupi non è un buon segnale per ciò che riguarda l'attesa Authority che dovrà regolare i rapporti con le Ferrovie di Mauro Moretti. Quest'ultimo invece gode come un riccio perché ha un ottimo rapporto con Lupi e negli ultimi cinque anni ha sempre partecipato (con generose donazioni) al Meeting di Rimini di "Comunione&Fatturazione".

 

FABRIZIO SACCOMANNI MARIO DRAGHI VITTORIO GRILLISACCOMANNI E BINI SMAGHISALVATORE ROSSI DIRETT CENTRALE BANKITALIA GIULIO TREMONTI VITTORIO GRILLI LUIGI FEDERICO SIGNORINIFabio PanettaEnrico Giovannini presidente Istat ELSA FORNERO E MARIO DEAGLIO AL FORUM DELLA CONFCOMMERCIO A CERNOBBIOMario Monti e Elsa Fornero FRANCESCO GIAVAZZI - DALLA SUA PAGINA FACEBOOK GIANMNI LETTA EMMA BONINO GIULIANO AMATO FILIPPO DI ROBILANT MARIO DURSO MICHELE VALENSISELUPI LETTA E NAPOLITANO AL QUIRINALEMAURO MORETTI ALLA PRESENTAZIONE DEL FRECCIAROSSA AL MEETING DI RIMINI Corrado Passera, Giovanna Salza, Luca Montezemolo