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Andrea Greco per "La Repubblica"
La tregua tra Fondazione Mps e creditori sarà firmata tra poche ore. Dopo tre giorni di lavoro continuo le carte sono alla firma: il miliardo di debito dell'ente con una dozzina di prestatori (Mediobanca, Credit Suisse e Jp Morgan in testa) sarà restituito con più agio, le condizioni si mitigheranno e l'ente avrà un mese e mezzo di tempo per vendere tutto il vendibile: il 2,56% di Cassa depositi, la partecipazione immobiliare in Sansedoni, l'1 % residuo di Mediobanca, un terzo della tenuta Fontanafredda, altre quote in fondi chiusi.
Potrebbe incassare fino a 300 milioni, e proseguire nel rimborso di parte dei debiti. Ma il passaggio più denso di conseguenze riguarderà il quasi 50% di titoli Mps della Fondazione, tutti in pegno alle banche e in parte escutibili, perché sono stati rotti dei covenant a 0,30 curo (ieri il titolo è risalito del 2,27% a 0,244 euro, comunque peggio del resto del settore).
Tra i grandi elettori è opinione diffusa che le attuali condizioni non giustifichino né permettano più di mantenere il controllo assoluto; non a caso nel documento programmatico votato a settembre da Comune e Provincia senesi, il concetto di «controllo sulla banca» è stato sostituito con quello di «difesa dell'autonomia della banca». E in un momento delicato come questo, tutto fa presumere che la difesa dell'autonomia passerà dalle porte degli altri soci storici della conferitaria.
Francesco Gaetano Caltagirone è un sodale di lunga data, e vice presidente (anche se al momento sospeso, per la condanna in primo grado per la scalata a Bnl), i francesi sono anche partner commerciali nel risparmio gestito. A loro la Fondazione mediterebbe di offrire un 10-15% del suo capitale, magari con impegno a riacquistarne una parte a tempo.
Poi, se nei prossimi mesi l'autorità bancaria (Eba) e le condizioni imporranno un rafforzamento patrimoniale, l'ente proprietario non potrà seguirlo e si diluirà ancora; spetterà ai privati seguirlo. Il controllo del gruppo, a quel punto, potrebbe garantirlo un patto di sindacato, magari su quote vicine alla soglia Opa.
«Torneremmo a essere una banca normale», dice un senese. Col rimpianto che se la "normalizzazione" si fosse impostata 2-3 anni fa, senza difese arcigne del bastione del 50%, ora Siena e la sua banca starebbero molto meglio.
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