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Paolo Bracalini e Massimo Malpica per "il Giornale"
Denunce, esposti, segnala¬zioni, rapporti agli organi di vigi¬lanza, solleciti alle autorità competenti per intervenire al più pre¬sto. Niente, nessuno ha mai sen¬ti¬to puzza di bruciato dentro Roc¬ca Salimbeni, oppure si è turato il naso per non sentirla. Tanto più che nel 2007, proprio mentre i vertici della banca brindavano alla sciagurata operazione Antonveneta, la Fondazione Mon¬te dei Paschi viene condannata dal Tribunale di Milano.
E non per un divieto di sosta, ma per un reato finanziario: aggiottaggio manipolativo. Il direttore gene¬rale della Fondazione Mps, Emi¬lio Tonini, viene condannato a 8 anni in rito abbreviato dal gup di Milano, con l'accusa di aver ma¬nipolato il valore delle azioni Unipol nel 2003. Insieme a lui vie¬ne condannato anche Palazzo Salimbeni, cioè la Fondazione Monte dei Paschi, per responsa¬bilità amministrativa nel reato.
E chi era il presidente della Fondazione Monte dei Paschi al¬l'epoca dei reati contestati? Un rampante avvocato di origini ca¬tanzaresi, entrato presto nella classe dirigente del Pci-Ds sene¬se e poi asceso alle più alte cari¬che cittadine, quelle nel Monte: Giuseppe Mussari. Cinquanta¬mil¬a euro di multa per l'ex diret¬tore generale, 10mila euro per la Fondazione, nessun graffio per Mussari. Il presidente successi¬vo, Gabriello Mancini, che è an¬cora al suo posto, annunciò im¬mediatamente il ricorso in ap¬pello, che però venne perso nel 2011, condanna confermata.
In sostanza i magistrati della seconda Corte di Appello di Mila¬no accertano che, nell'acquisto di un pacchetto di azioni Unipol, il gruppo guidato da Giovanni Consorte, la Fondazione Mps ha compiuto manovre fraudolente «allo scopo di alterare, aumen-tandola, la quotazione del titolo Unipol. Sì, proprio il Consorte a cui Piero Fassino, segretario dei Ds, fece la famosa domanda al te¬lefono: «Abbiamo una banca?».
Anche in appello viene con¬dannata la Fondazione come en¬te giuridico, per via di un riscon¬trato «interesse di gruppo», scri¬vevano i magistrati nel 2011, e cioè «nell'ottica di una recipro¬ca cointeressenza (comparteci¬pazioni incrociate) all'epoca dei fatti tra Unipol e Fondazione Mps. Dopo 4 anni circa veniva confermata l'accusa, secondo l'aggiotaggio manipolativo «commesso da Unipol», che nel marzo 2003 manipolò il valore delle azioni privilegiate Unipol fi¬no al prezzo al quale la Fondazio¬ne Monte dei Paschi di Siena le acquistò da Finsoe (controllan¬te Unipol), fu «frutto di un previo accordo a livello apicale» tra i presidenti Unipol e Fondazione Mps. Nella sentenza di condan¬na Mussari viene descritto come l'attore principale, insieme a Consorte, dell'operazione.
Lo stesso direttore generale Tonini, poi condannato, metterà a ver¬bale «di aver ricevuto incarico di¬rettamente da Mussari, il giorno stesso della ricezione del fax di Consorte, di valutare la conve¬nienza dell'affare».
Ma c'è un altro dettaglio che colpisce. Ovvero il legale nomi¬nato dalla Fondazione Mps come suo difensore in quel proces¬so. L'avvocato Angelo Benessia, torinese, a lungo presidente del¬la fondazione bancaria Compa¬gnia di San Paolo, ma soprattut¬to advisor legale di Mussari, nel¬le successive vesti di presidente di Banca Monte dei Paschi, per l'acquisto di Antonveneta, nel 2007, cioè qualche mese dopo la condanna per aggiotaggio mani¬polativo.
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