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Camilla Conti per “il Fatto Quotidiano”
Nuovo minimo storico a 46 centesimi per il titolo Mps che ieri a Piazza Affari ha perso un altro 6,8% dopo essere stato sospeso più volte. Con il risultato che oggi la banca vale come quei 2,5 miliardi dell'aumento di capitale da varare entro primavera, una volta incassato il via libera definitivo dalla Bce. E che potrebbe non bastare a rimettere in carreggiata l’istituto senese.
SONO DUE, infatti, gli scenari che secondo fonti finanziarie si aprono per il futuro prossimo del Monte dei Paschi: il primo, vede all’orizzonte una nuova ricapitalizzazione, oltre a quella da 2,5 miliardi, che potrebbe rendersi necessaria se dovessero peggiorare i conti dell’ultimo trimestre e soprattutto se la Bce vorrà una stretta sulle rettifiche dopo la bocciatura agli stress test.
L’ennesima iniezione di liquidità sarebbe inoltre accompagnata dalla cessione di controllate come Mps Capital Service e Mps Fiduciaria oltre al collocamento sul mercato di una parte del corporate e del private banking e alla possibilità di vendere anche la nuova banca online Widiba. L’unica soluzione alternativa è chiudere con successo l’aumento di capitale da 2,5 miliardi già definito e procedere con una fusione già entro l’estate 2015. Ma il partner va ancora trovato.
Nel frattempo, i soci sudamericani Btg Pactual e Fintech con la Fondazione Mps nel patto che custodisce il 9% del Monte – avrebbero manifestato qualche perplessità per alcune scelte del management chiedendosi ad esempio perché non sia stata fatta una svalutazione totale delle perdite fin da subito dopo l'approvazione dell'ultimo bilancio della gestione Mussari.
Pare, inoltre, sia stato più volte invocato dai soci stranieri un rinnovamento totale nella struttura del gruppo che conta ancora numerosi manager della “vecchia guardia” mussariana come i due “Fanti”: Valentino (ex segretario del passato cda di Mps e oggi a capo della segreterie riunite di amministratore delegato e presidente) e Francesco, ex responsabile dell’area Sud-Ovest (a maggio il suo nome è finito nell’elenco degli indagati dalla procura di Salerno nell’ambito di un’inchiesta sugli interessi passivi applicati in quegli anni da Mps e altre banche) e oggi al timone del private banking. O come Antonio Marino (ex vicedirettore generale del gruppo poi nominato presidente della controllata Mps Leasing dal tandem Profumo-Viola).
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A PREOCCUPARE i membri del patto, però, sono soprattutto l’andamento del titolo in Borsa e l’aumento dei crediti deteriorati che solo nel terzo trimestre sono saliti dell’8,3% a 24,3 miliardi. Ieri Mps ha ceduto a Fortress Investment un portafoglio di quasi 4 mila crediti in sofferenza con un valore lordo di bilancio di circa 380 milioni, comprendente prestiti garantiti e non garantiti a medio e lungo termine. Ma in futuro potrebbe presentarsi un problema di natura politica sull’origine di alcuni di questi prestiti. In particolare di quelli legati al mondo delle cooperative che in passato avevano il Monte come banca di riferimento grazie anche al ruolo del patron di Unicoop Firenze, Turiddo Campaini, per anni azionista nonché vicepresidente del gruppo.
Intanto, di fronte all’ennesimo crollo in Borsa del titolo Mps, i gufi senesi temono che sul tavolo del governo possa tornare una soluzione estrema già prospettata ai tempi di Enrico Letta: la nazionalizzazione.
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