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Da "Lospiffero.it"
Non si capisce se la ritrosia che manifesta in pubblico sia una "posa", connaturata all'understatement sabaudo, o un reale tentativo di smarcarsi. Sia quel che sia, Sergio Chiamparino è ormai avviato ad assumere la presidenza della Compagnia di San Paolo. à proprio l'ex sindaco il nome in grado di superare i veti incrociati che pesano sulla rosa di candidature - vere o presunte - che prolificano in città . A quanto pare la richiesta, fatta ancora nei giorni scorsi al coordinatore della segreteria del Pd Maurizio Migliavacca, di ottenere un ruolo nazionale nel partito, consono alla sua esperienza, non ha sortito alcun risultato.
E finire in pensione a scrivere libri (ne ha in gestazione un altro) non è una prospettiva che lo affascina. In fondo, riferisce uno dei grandi elettori che ha incontrato tre volte Piero Fassino, all'attuale inquilino di Palazzo di Città «può far comodo avere Sergio alla custodia del principale bancomat dell'amministrazione, il quale non potrà che essere generoso sotto la minaccia di tirar fuori dai cassetti lo stato delle casse comunali». E, in fondo, potrà pure fare un gran favore a quanti - e sono in tanti - non lo vogliono tra i piedi a pontificare in lungo e in largo per lo stivale.
Si racconta che Enrico Salza stia puntando le sue carte sul vicepresidente Luca Remmert come successore di Angelo Benessia, alla cui riconferma davvero nessuno sembra credere, neppure l'interessato ("non ci sono più le condizioni", avrebbe di recente confidato ad alcuni amici). Pur non spiccando per personalità irresistibile né per professionalità specifiche, Remmert non ha demeritato come vicepresidente in questo quadriennio, prendendo spesso posizione, anche duramente, contro l'attuale presidente.
Il punto è che proprio le reiterate dimostrazioni di debolezza ed isolamento da parte di Benessia hanno convinto molti, a cominciare da Fassino, della necessità di individuare un candidato forte e condiviso, capace di trattare alla pari, per quanto possibile, con personaggi del calibro di Giuseppe Guzzetti e Giovanni Bazoli. Senza dire che per tradizione, e secondo un meccanismo di pesi e contrappesi, non è il mondo camerale, da cui provengono ben sei consiglieri dei diciassette nominati in prima battuta, ad esprimere il presidente.
Queste stesse ragioni rendono alquanto improbabile che la scelta possa cadere su Paolo Montalenti, noto esperto di diritto societario, entrato un po' "fortunosamente" in Compagnia un paio d'anni fa, subentrando al defunto Giovanni Nasi. Di là dal tentativo in corso, da parte di Montalenti, di accreditarsi presso ambienti politici di destra, di centro e di sinistra, pesano in negativo due altri fattori rispetto al concorrente Remmert: il fatto di essere espressione della Camera di Commercio di Milano (segno di un legame non esattamente solidissimo col tessuto camerale piemontese, che negli anni gli ha preferito, oltre allo stesso Remmert, Giuseppe Pichetto, Caterina Bima, Alberto Dal Poz ed altri ancora) e, soprattutto, l'essere stato consulente legale della Compagnia - si parla di una sua parcella di circa un milione di euro, sotto la presidenza di Franzo Grande Stevens (col quale ha per lungo tempo collaborato), in occasione della redazione dello statuto di Intesa San Paolo - e l'essere tuttora fra i legali della banca, nonché, tanto per gradire, consigliere d'amministrazione di un gruppo bancario concorrente. Alla luce di questi ingombranti conflitti d'interesse, persino il suo ingresso nel Comitato di Gestione suonerebbe inopportuno. L'esperienza di Benessia insegna. Perseverare diabolicum...
Altro personaggio che, in barba ai suoi quasi ottantacinque anni, ambisce fortemente alla carica è il filosofo Pietro Rossi, già consigliere della Compagnia, dimessosi per poter diventare presidente dell'Accademia delle Scienze (ma anche perché Benessia non gli lasciava lo spazio cui Rossi riteneva, in quanto decano, di avere diritto).
Si vocifera di accorate telefonate dell'anziano professore ad alcuni consiglieri per sponsorizzare l'Accademia Europea, che non a caso è poi stata scelta dall'ultimo Consiglio della Compagnia, prima di Natale, come ente designatore di una delle nuove nomine. Proprio su questa sponda Rossi farebbe affidamento per rientrare nei giochi, ma, al di là del senile attivismo, le sue chances appaiono ridotte al lumicino. E ciò a prescindere dalla sua assoluta inesperienza sul piano gestionale: caratteristica, questa, comune a Montalenti ma anche a Pietro Garibaldi (foto), contro il quale giocherebbe pure il fattore anagrafico, oltre - si dice - ad un'eccessiva spigolosità caratteriale.
Chi invece di gestione di enti, bancari e non, si intende eccome è Alfonso Iozzo (foto), il candidato che sarebbe nel cuore di Fassino, cui lo lega un'amicizia di lungo corso. Anche su Iozzo, tuttavia, non mancano le controindicazioni.
Come ex DS, nonché vertice di quel centro di potere che è il Centro Studi sul Federalismo Europeo, potrebbe essere poco gradito sia a Roberto Cota che ad Antonio Saitta; come ex amministratore di San Paolo IMI approdato precipitosamente alla Cassa Depositi e Prestiti quando la banca veniva fagocitata da Intesa, potrebbe non avere il gradimento né di Salza (che allora fu appunto lasciato solo sulla tolda della nave a brandire il vessillo della torinesità ), né del mondo sanpaolino (per tacere della componente milanese della banca); come ex segretario generale della Compagnia, infine, non pare abbia lasciato alla struttura un ricordo di sé propriamente memorabile, se non presso un paio di fedelissimi.
E allora, quali sono i nomi in grado di cavare dall'impiccio Fassino e gli altri players di questa partita? I personaggi che potrebbero mettere tutti (o quasi) d'accordo sembrano essere i due ex sindaci, Valentino Castellani e appunto Chiamparino. Per carisma, sagacia politica e popolarità , certamente più il secondo del primo. Con un solo handicap, quantomeno agli occhi del defenestrato Salza e di una parte del mondo camerale: essere stato l'artefice, la volta scorsa, della nomina di Benessia.
Ma molta acqua è nel frattempo passata sotto i ponti, incluso l'abile scaricamento di Benessia da parte di Chiamparino all'indomani della pasticciata gestione, nella primavera del 2010, della candidatura di Domenico Siniscalco (in foto con Fassino) alla presidenza della banca. Scaricamento nel quale molti videro una sorta di semaforo verde alla mozione di sfiducia del presidente che un nutrito gruppo di consiglieri della Compagnia aveva nel frattempo presentato.
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