FLASH! - OGNI GIORNO, UNA TRUMPATA: NON SI SONO ANCORA SPENTE LE POLEMICHE SULL'IDEA DI COMPRARSI…
1. BANCA ETRURIA SCRIVE: CONFLITTO D' INTERESSI PURE NEL CDA DI PAPÀ BOSCHI
Nino Sunseri per “Libero Quotidiano”
lorenzo rosi pier luigi boschi
Una maxi-richiesta di risarcimento da trecento milioni di euro sta per abbattersi sul vecchio consiglio d' amministrazione di Banca Etruria di cui era vicepresidente Pier Luigi Boschi, papà del ministro della Funzione Pubblica Maria Elena. A promuovere la causa che, per dimensioni, non ha precedenti nel nostro sistema creditizio, sono i commissari liquidatori di quello che resta dell' istituto toscano dopo lo spezzatino che ha portato alla nascita di altre due compagnie: la cosiddetta bad bank (la discarica in cui sono confluiti i crediti marci) guidata dall' ex presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro e la Nuova Banca Etruria di cui ha assunto le gestione (così come per le altre tre banche salvate) l' ex direttore generale di Unicredit Roberto Nicastro.
A vegliare sul cadavere della vecchia banca adesso sono tre commissari: Antonio Pironti (presidente) Toni Atrigna e Andrea Guaccero. Sono loro che stanno preparando la causa il cui risultato è molto importante per gli obbligazionisti rimasti ingabbiati nel crac. Le risorse recuperate dalla liquidazione potranno essere utilizzate per il rimborso dei debiti della banca. Quindi qualcosa potrebbe arrivare anche ai risparmiatori.
In questo senso l' iniziativa della procedura commissariale si intreccia con l' indagine della magistratura condotta del Procuratore Roberto Rossi. Gli inquirenti puntano ad accertare gli eventuali finanziamenti concessi dalla banca in conflitto d' interessi. Prestiti cioè erogati a membri dello stesso consiglio d' amministrazione. Nel mirino, in particolare, quelli concessi al presidente Lorenzo Rosi e a Lorenzo Nataloni, ex membro del consiglio e presidente del Comitato di controllo.
La domanda che si pone il magistrato è molto semplice: come mai gli altri amministratori, fra cui papà Boschi, non si sono accorti di nulla? Come mai non sono intervenuti per bloccare operazioni che configuravano una palese irregolarità? Tanto più che buona parte dei prestiti concessi a Nataloni non sono più stati restituiti. Né si tratta di cifre banali. Dalle carte emergono ben due scoperture: una da 5,6 milioni alla società Td Group e un' altra da 3,4 milioni per iniziative che, stando alle carte dell' accusa, non sono nemmeno state identificate con precisione.
Gran parte di questi soldi non sono stati restituiti e il buco è stato coperto con una delle emissioni obbligazionarie nella cui trappola sono finiti i risparmiatori traditi. La Procura nelle sue indagini si è appoggiata alle relazioni della Banca d' Italia da cui emerge che dentro la banca c' erano stati diversi segnali d' allarme per questi prestiti molto azzardati nel contenuto e nella forma. Tuttavia dai verbali del consiglio d' amministrazione non risultano obiezioni.
I finanziamenti sono stati regolarmente erogati e mai più rimborsati.
È chiaro, comunque, che per i risparmiatori la causa più importante è quella che riguarda il risarcimento danni promosso dai commissari dell' Etruria. Si tratta di un' azione di responsabilità nei confronti dei vecchi amministratori che, nel caso di fallimento, rappresenta sostanzialmente un atto dovuto. Non a caso un ricorso del genere è già stato presentato dai liquidatori delle altre tre banche salvate: Cariferrara, Carichieti e Banca Marche.
claudio salini ex consob e banca etruria
Complessivamente sono stati chiesti quattrocento milioni che poi andranno a formare l' attivo della liquidazione.
L' azione promossa contro gli amministratori dell' Etruria vale, da sola, quanto le altre tre messe insieme e fra i creditori da risarcire figurano anche gli obbligazionisti la cui presenza altrove è marginale quando non addirittura nulla.
Per questa ragione i riflettori sono accesi alla massima potenza: quanti più soldi i commissari dell' istituto aretino riusciranno a recuperare tanto maggiore sarà il ristoro per i risparmiatori da aggiungere alle assegnazioni che verranno fissate dall' autorithy guidata da Raffaele Cantone.
claudio salini ex consob e banca etruria
Certo l' operazione non sarà facile. Innanzitutto bisognerà individuare episodi specifici di cattiva gestione da attribuire ai consiglieri e in questo senso l' inchiesta della magistratura sul conflitto d' interesse assume una particolare rilevanza. Inoltre serve calibrare con attenzione i soggetti su cui promuovere l' azione di responsabilità. Sia perchè sono da accertare responsabilità specifiche sia perché bisogna individuare soggetti che abbiano un patrimonio sufficiente da colpire.
protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 8
Altrimenti diventa un' operazione inutile, come spesso accade nei fallimenti. Il compito di effettuare la selezione tocca alla Banca d' Italia che, secondo le indiscrezioni pubblicate dal Corriere della Sera, avrebbe puntato il dito su alcune personalità ben connotate: il presidente Lorenzo Rosi, i due vicepresidenti Pier Luigi Boschi e Alfredo Berni. Sospetti anche per il direttore generale Daniele Cabiati, subentrato nell' agosto 2014 a Luca Bronchi.
protesta dei risparmiatori davanti banca etruria 7
Fino all' anno scorso l' Etruria era stata guidata dal vecchio presidente Giuseppe Fornasari. Gli uomini di Visco hanno già appioppato ai consiglieri una multa da 2,5 milioni e ora sono pronti ad appoggiare i commissari nella loro maxi-richiesta da trecento milioni. Un particolare che potrà rivelarsi decisivo.
2. GIA’ CHIUSO UN CONTO SU 10
Antonio Castro per “Libero Quotidiano”
Di dati ufficiali neanche a parlarne. Statisticamente ci vorranno mesi, e chissà se dati del genere trapeleranno mai. Però le sollecitazioni dei truffati di Banca Etruria («chiudiamo i conti»), sembrano aver fatto breccia. Roberto Nicastro, nuovo presidente della banca ponte, (l' entità finanziaria nata per decreto dal fallimento decretato dal governo), ad inizio dicembre aveva preso carta e penna e scritto ai correntisti superstiti delle quattro banche chiedendo pazienza e fiducia, e ringraziando per non aver abbandonato la barca in un momento difficile. Dei circa 100mila correntisti dei tempi d' oro pare ne siano rimasti (a inizio dicembre), circa 90mila. Forse meno.
LUCIANO NATALONI BANCA ETRURIA
Ora però le settimane passano, del famoso piano di «ristoro» del governo si sa soltanto che non soddisferà tutti i truffati e che bisognerà attendere almeno 90 giorni prima che Tesoro e Palazzo Chigi cesellino il decreto (in collaborazione con l' Autorità anticorruzione).
Insomma, altro che soluzione rapida.
E il dubbio comincia a fare breccia nei più testardi sostenitori delle nuove banche.
Dopo settimane di martellamento mediatico, il contestuale spauracchio dell' avvio del bail in (la compartecipazione all' eventuale risanamento di correntisti, azionisti e obbligazionisti), in molti correntisti sarebbe maturata la decisione di prendere altri lidi finanziari.
giuseppe fanfani era sindaco di arezzo
Il problema è che il colpo micidiale inferto all' affidabilità delle banche (già solo il 16% degli italiani ha fiducia negli istituti di credito ed era il 23% nel 2010; sondaggio Demos, 22 dicembre 2015), sembra aver fatto breccia anche in chi non è stato colpito, né è mai entrato in una filiale delle 4 banche «sommerse e salvate».
Gli italiani - lo ricorda una ricerca Censis - sono talmente formichine che quasi gli si imputa il mancato contributo alla ripresa economica. Mettono da parte e non spendono. Come dargli torto: questi lunghi anni di crisi hanno convinto anche i più gaudenti e spendaccioni a «mettere fieno in cascina», semmai i tempi dovessero diventare ancora più duri. Il problema, semmai, è che ora la cascina appare assi meno sicura e granitica: le settimane passate dimostrano che le banche possono fallire, i risparmi sfumare in un click e il governo sta dimostrando di non saper cosa fare. Quantomeno prende tempo.
L' esempio del prelivo nottetempo di Giuliano Amato (9 luglio 1992), è rimasto impresso nel portafogli e nel Dna dei risparmiatori. Il prelievo forzoso sui conti dei ciprioti (marzo 2013), non è passato inosservato. Ora l' attivazione del bail in - entrato di prepotenza nelle conversazioni delle massaie in quelle da bar - sembra aver scatenato una sorta di panico preventivo.
Crisi da fiducia certo, ma anche tentativo di mettersi al riparo. Non è un mistero che gli italiani siano tra gli europei quelli che confidano meno nel sistema bancario nazionale. Una ricerca della Cgia di Mestre (2013), ha cristallizzato in ben 15 milioni gli italiani che non posseggono un conto corrente, i cosiddetti unbanked.
Il fallimento pilotato dei quattro istituti potrebbe aver fatto da detonatore a questo sfiducia diffusa. In Europa gli italiani sono quelli che usano di più i contanti e non si può neppure giustificare con l' alto tasso di evasione la massa di moneta che circola da noi. Agli italiani piace avere i denari in tasca. O a casa. E la crisi economica ha incentivato questo comportamento. Si risparmia di più e si investe di meno a costo di rimetterci. Non a caso la giacenza media cash sui conti è aumentata. Meglio liquidi e disponibili quindi, che bloccati in un qualsiasi investimento, sintetizza il Censis. Meglio il materasso quindi, come sembra chiaro abbiano scelto i greci...
Ultimi Dagoreport
FLASH! - L'OFFERTA DI 97 MILIARDI DI DOLLARI DI ELON MUSK (CIFRA FOLLE: SOLO LA MANOVRA DEL GOVERNO…
"DELFIN” CURIOSO – DA DOVE ARRIVA LA NOTIZIA CHE LA HOLDING DEI DEL VECCHIO POTREBBERO LIQUIDARE IL…
DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
DAGOREPORT – MUSK È IL “DOGE”, MA IL VERO BURATTINO DELLA TECNO-DESTRA USA È PETER THIEL. PER…
FLASH! - TRA I FRATELLI D’ITALIA SERPEGGIA UN TERRORE: CHE OLTRE AI MESSAGGINI PRO-FASCISMO E AI…