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ORCEL? NEIN! – L’AD DI UNICREDIT TORNA A PARLARE DELLA SCALATA A COMMERZBANK: “SPERIAMO CHE CON IL TEMPO IL GOVERNO DI BERLINO VEDA LA LUCE” – L’AD DELL’ISTITUTO TEDESCO, BETTINA ORLOPP, RISPONDE GELIDA: “A QUESTE VALUTAZIONI DI MERCATO UN'AGGREGAZIONE NON AVREBBE SENSO” – IL GOVERNO TEDESCO HA ALZATO IL MURO PER BLOCCARE L’OPERAZIONE: DETIENE ANCORA IL 12,5% DI COMMERZ E NON INTEDE CEDERE LE SUE QUOTE A UNICREDIT – SI FA NOTARE IL SILENZIO DEL GOVERNO MELONI: PALAZZO CHIGI TEME CHE L'OPERAZIONE DI ORCEL POSSA COMPROMETTERE IL RAPPORTO DELLA DUCETTA CON MERZ...
Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
«Speriamo che con il tempo» il governo Merz «veda la luce». Così come «speriamo che la veda Commerzbank». Il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, è tornato ieri sull'operazione più dibattuta dell'anno, il tentativo di conquistare la banca tedesca Commerzbank. Il manager italiano ha sottolineato che «rispettiamo il governo», che detiene ancora il 12,5% del secondo maggiore colosso tedesco.
Ma a Berlino e Francoforte non c'è aria di ascolto. Anzi, proprio dalle parole pronunciate nelle stesse ore dall'amministratrice delegata di Commerz, Bettina Orlopp, si capisce come il governo Merz e la "preda" stiano preparando le trincee: «Ci sono alcune cose su cui possiamo concordare» con Unicredit, ha puntualizzato con un filo di ironia: «A queste valutazioni di mercato un'aggregazione non avrebbe senso».
Il prezzo schizzato alle stelle delle azioni Commerz è una trappola per Orcel. I tedeschi lo sanno benissimo - secondo due autorevoli fonti vicine al dossier - e contano sul fatto che l'amministratore delegato di Unicredit farà fatica a convincere gli azionisti se alla fine dell'operazione non ci sarà un delisting di Commerz e la sua fusione con Hypovereinsbank.
Ma per arrivare a quel traguardo - totalmente indigesto sia per Berlino sia per Francoforte - Unicredit dovrà conquistare la quasi totalità delle azioni della banca tedesca. Il governo tedesco, però, avendo sempre lasciato intendere che non cederà agli italiani il 12,5% che ancora possiede, renderà quello sbocco impossibile. E quindi l'intera operazione, per chi vi volesse partecipare, poco appetibile.
[...] Berlino ha eretto un muro. Per il suo partito, la Spd, le barricate alzate dal sindacato Ver.di sono diventate un vincolo non aggirabile per aprire un dialogo con Orcel. I rappresentanti dei lavoratori non vogliono sentir parlare della fusione perché hanno fondati timori che l'operazione comporterà dei tagli.
Ma al di là di questo, a Berlino si sente sempre parlare, a microfoni spenti, di una modalità di Orcel percepita sin dal primo istante come "ostile" e "arrogante".
friedrich merz e giorgia meloni foto lapresse.
Il governo Merz ha ereditato la totale contrarietà all'operazione del precedente, rafforzato da altri tre argomenti. Primo, il cancelliere Cdu non intende aprire un fronte con il suo partner di governo, la Spd. Secondo, raccontano le fonti, la Cdu teme di irritare la miriade di piccole e medie imprese - uno degli zoccoli duri del suo elettorato - che insiste sulla necessità che Commerz resti autonoma.
Anche dentro la banca il clima verso Orcel è molto negativo e una fusione potrebbe creare una fuga dei consulenti che si occupano di quelle imprese - insieme ai loro clienti. In terzo luogo, la Germania con la sua ossessione delle crisi dei debiti e dei bond sovrani in pancia alle banche italiane pensa che ci sia il rischio, un domani, di dover salvare un gigante come Unicredit-Commerz.
E poi c'è il silenzio del governo italiano su tutta la vicenda. Secondo indiscrezioni, l'esecutivo sarebbe piuttosto indispettito da Orcel, che ha proceduto finora come uno schiacciasassi: rischia di compromettere il rapporto con Berlino in un momento di forte sintonia e di palese convergenza, dopo decenni di relazioni tiepide, per usare un eufemismo.
Sulle abortite operazioni in patria, ossia quella fallita su Banco Bpm, Orcel è sembrato ieri cospargersi, almeno parzialmente, il capo di cenere: in Italia infatti Unicredit ha «provato a fare qualcosa che non ha funzionato per ragioni esterne, per l'interferenza del governo. Abbiamo imparato la lezione» ha sottolineato, aggiungendo che «ora dobbiamo accelerare senza M&A», ovvero senza fusioni e acquisizioni. Almeno in Italia.
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