
TE LO DÒ IO IL “MOSTRO”! – SELVAGGIA LUCARELLI, CHE SBATTE AL MURO GIUSEPPE CRUCIANI, REO DI ESSERE…
1. SALGONO STERLINA E RUBLO
L'euro torna sulle posizioni di fine 2016 nei confronti del dollaro toccando anche minimi sotto quota 1,04 (che rappresenta il rapporto piu' basso dal 2002) mentre e' in deciso recupero la sterlina dopo il balzo dell'indice Pmi sull'attivita' manifatturiera del Regno Unito.
Il cambio tra la moneta unica e il dollaro e' scivolato fino a 1,0396 per poi riassestarsi a 1,0408 euro (1,0487 ieri sera). L'incremento a 56,1 punti, da 53,6, dell'indicatore sull'attivita' manifatturiera inglese fornito dall'indagine presso i responsabili acquisti delle aziende di settore ha portato il rapporto euro/sterlina a cedere lo 0,6% a 0,8468 (minimo da 22 dicembre) mentre e' poco variato il cambio sterlina/dollaro (+0,1%) a 1,2294.
In decisa ripresa il rublo grazie alla continua corsa del prezzo del barile di petrolio: la moneta russa tratta a 63,30 per un euro e a 60,78 per un dollaro ed e' quindi sui valori di lugli o 2015. Il greggio sale di oltre due punti percentuali sia per quanto riguarda il Wti (+2,4% a 54,99 dollari al barile) sia per quanto riguarda il Brent (+2,3% a 58,11 dollari).
2. I MERCATI ASPETTANO LE MOSSE DI TRUMP E DELLA FED
Rodolfo Parietti per Il Giornale
Nessuno azzarda il mese dell' allineamento valutario tra dollaro ed euro, un evento mai più accaduto dal 2002. Ma l' appuntamento con il rapporto di parità tra le due principali monete di riserva a livello mondiale non dovrebbe tardare. I tempi sembrano infatti maturi, dopo la semina fatta dal biglietto verde durante il 2016.
trump e obama alla casa bianca
Dal sondaggio di dicembre condotto da Assiom Forex in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor Plus è emerso che il 45% degli operatori (contro il 39% di novembre) ritiene plausibile un ulteriore indebolimento dell' euro. Il primo fixing del nuovo anno, a 1,0465 dollari contro gli 1,0551 di venerdì scorso, sembra tuttavia indicare che l' aggancio non arriverà nel giro di qualche giorno.
E un motivo c' è. Donald Trump non si è ancora insediato alla Casa Bianca. Lo farà il prossimo 20 gennaio, e le settimane successive al cosiddetto Inauguration day, quelle del definitivo distacco dalla politica condotta per otto anni da Barack Obama, saranno cruciali per determinare gli scenari valutari del nuovo anno.
The Donald dovrebbe infatti essere la benzina dell' ulteriore apprezzamento del dollaro. In particolare lo sarà la Trumponomics, se sarà rispettato il programma economico squadernato durante la campagna elettorale. Ovvero, un piano basato su 500-1.000 miliardi di investimenti per ammodernare le infrastrutture e su sgravi fiscali alle imprese. Misure, da finanziare attraverso l' emissione di T-bond con rendimenti particolarmente appetibili, che dovrebbero impattare sull' inflazione, mettendo la Federal Reserve nelle condizioni di rimodulare la politica monetaria.
La banca centrale Usa ha già alzato il costo del denaro lo scorso dicembre, è pronta ad altri tre giri di vite nel 2017 e domani renderà note le minute dell' ultimo vertice, da cui potrebbero apparire con più chiarezza le prossime mosse. La prima data utile per un ritocco verso l' alto dei tassi è il 15 marzo, data in cui è prevista non solo la riunione del Fomc ma anche la conferenza stampa della presidente, Janet Yellen. Potrebbe essere l' occasione per riallineare dollaro ed euro dopo quasi 15 anni.
D' altra parte, nei mesi a venire assisteremo a una sempre più marcata divaricazione tra la politica monetaria americana e quella europea. La Bce ha infatti confermato per l' intero anno in corso il piano di acquisto titoli, anche se a partire da aprile gli importi mensili saranno ridotti dagli attuali 80 a 60 miliardi. Un forte irrobustimento del biglietto verde favorirà le aziende esportatrici dell' eurozona, ma rischia anche di avere effetti indesiderati sull' inflazione. Non tanto in Paesi come l' Italia, di fatto ancora in deflazione, ma in quelli, come la Germania, che sentono vicino il traguardo del 2% e per questo premono su Mario Draghi per ritirare le misure di stimolo.
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