DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
1. DIETRO LA CACCIA AL LEONE CAMPIONE EUROPEO
Sergio Bocconi per ''L'Economia - Corriere della Sera''
Per capire fino in fondo di cosa si parla quando si parla adesso di Generali bisogna tornare al 1996-1997 e al 2007.
Cominciamo da circa un quarto di secolo fa. In vista dell' euro e quindi del mercato sul quale competere a moneta unica, prende il via una catena di acquisizioni e fusioni che cambia volti e destini.
Nelle assicurazioni, in Francia l' italiana Generali guidata da Antoine Bernheim e l' Axa di Claude Bébéar sciolgono i legami che si erano formati nel 1988, quando il Leone aveva rilevato una quota della compagnie du Midi, che aveva chiamato in soccorso proprio Bébéar.
Quest' ultimo promuove quindi la fusione di Axa con Uap. Generali e la tedesca Allianz con al vertice Henning Schultze-Noelle si contendono la parigina Agf che alla fine passa in Germania mentre a Trieste va la controllata tedesca Amb.
Seguiranno altre partite minori e alla fine del Duemila le tre grandi società assicurative si presentano così sul mercato: Axa capitalizza 63 miliardi, Allianz 98, Generali 53. Sono i tre grandi campioni nazionali ed europei e tali resteranno nelle rispettive dimensioni che cambieranno secondo i particolari momenti del mercato ma conservando le posizioni sul podio (solo nel 2008 Generali, perdendo meno dei concorrenti perché meno esposta alla crisi finanziaria, ha conquistato il primato, temporaneamente).
E facciamo un salto al 2007. Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, da sempre azionista principale di Generali e in quanto tale promotrice della lista per il consiglio di Trieste, invita a entrare nel board della compagnia Leonardo Del Vecchio come indipendente.
Proprio in considerazione del ruolo di campione nazionale di Generali è una tradizione favorire l' ingresso nei vertici di imprenditori considerati validi e che possono portare esperienze e competenze.
ASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA GAETANO CALTAGIRONE E GIOVANNI BAZOLI FOTO LA PRESSE
Del Vecchio accetta e, in seguito, dimostrando il proprio «gradimento», acquista una piccola quota della compagnia. Sempre nel 2007 diventano amministratori a Trieste anche Francesco Gaetano Caltagirone e Lorenzo Pellicioli, soci il primo perché autore di un investimento minore e il secondo con una quota De Agostini riveniente dall' acquisizione di Toro.
Da quel momento, con accelerazioni nel 2017-2018, Del Vecchio e Caltagirone hanno progressivamente incrementato le partecipazioni portandole entrambi intorno al 5%;
più o meno nello stesso periodo anche il gruppo Benetton ha acquistato azioni Generali fino a detenere il 4%.
Sono i principali cambiamenti nell' azionariato della compagnia che hanno avuto luogo negli ultimi anni e che hanno di fatto costituito, con Mediobanca che detiene il 13% e altre quote minori vicine (come Crt e Invag), un «nocciolo italiano», un presidio nazionale di azionisti stabili, intorno al 30%.
Investimenti effettuati proprio in considerazione del ruolo di «campione nazionale»: Generali è uno dei pochi nostri gruppi che possono essere indicati in tale modo e una delle poche vere multinazionali con 70 miliardi di premi (che le danno il primato assicurativo in Europa), 72 mila dipendenti in 50 paesi, un business concentrato geograficamente soprattutto nel nostro continente e con un terzo dei ricavi in Italia.
E con tre numeri che spiegano molto: ha in portafoglio asset gestiti pari a 630 miliardi, Btp per oltre 60 miliardi e una redditività che consegna agli azionisti un ritorno totale dal novembre 2016 (passaggio della guida all' attuale ceo Philippe Donnet, ultimo cambio della guardia al vertice) pari all' 88% pre-covid e oggi situato intorno al 40%.
Un campione nazionale che non è rimasto fermo.
Anzi. Dal Duemila, cioè da dove eravamo partiti, ha fra l' altro acquisito in Italia Ina e Toro e attivi significativi nell' Europa dell' Est investendo circa 20 miliardi.
E negli ultimi anni ha ampliato il proprio business (passo che Axa e Allianz avevano già compiuto in passato) nell' asset management.
Complessivamente si può stimare che Generali abbia effettuato negli ultimi 20 anni investimenti per circa 28 miliardi, senza rivolgersi ai soci per aumenti di capitale.
Oggi, in base all' ultimo piano strategico, ha disponibilità liquide per 3-5 miliardi da impegnare in ulteriori operazioni. In un mercato assicurativo che però vive un profondo cambiamento determinato, prima ancora che dal covid, dalla trasformazione digitale. E nel settore del risparmio gestito nel quale il gruppo sta oggi costruendo basi e know how.
Linee strategiche e scelte condivise da consiglieri e soci (compresa la Delfin di Del Vecchio, rappresentata nel board triestino fino al 2011 e di nuovo dal 2016) che si sono mossi nella stessa direzione nel sostenere il management del Leone e nel decidere cambiamenti in momenti critici.
E anche nel promuovere per Generali una governance più adatta a una public company accogliendo la spinta di Mediobanca per dare facoltà al consiglio uscente di presentare una propria lista per il vertice (opzione già disponibile nello statuto di Piazzetta Cuccia).
Del Vecchio e la moglie Zampillo
Ora però siamo a una svolta. Del Vecchio nel settembre scorso è entrato nel capitale di Mediobanca e ora ha chiesto a Bce l' autorizzazione a salire fino al 20%. Fonti del gruppo hanno fatto sapere che l' obiettivo è costruire un polo nazionale e far tornare Generali ai fasti degli anni Novanta.
Quando cioè, come si è visto, sono stati delineati i profili dimensionali e strategici dei tre campioni europei. Profili in seguito confermati con le rispettive storie e geografie che per Generali ha significato anche sostenere, soprattutto dopo la crisi dei debiti sovrani, un rischio Italia consistente e volatile.
Eppure la compagnia oggi presenta, dopo la tempesta peggiore dal dopoguerra, indici di redditività e di solvibilità, quindi di forza patrimoniale, in linea o migliori rispetto ai grandi concorrenti.
Perciò il mercato, in assenza di chiare determinazioni, si interroga sulle ragioni di un cambiamento di rotta così repentino. E che avuto luogo non con un nuovo investimento diretto in Generali ma in Mediobanca, guardando a Trieste.
2. MA STRATEGIA COPERTA - APPUNTAMENTO A FINE ESTATE CON LA BCE PER MISTER LUXOTTICA. E POI SI PARLERÀ DI NOMI E LISTE PER IL BOARD
Fabrizio Massaro per ''L'Economia - Corriere della Sera''
Fermare Leonardo Del Vecchio nella scalata a Mediobanca, e quindi alle porte di Generali, con il golden power del governo Conte? Uno scenario deflagrante, forse più della stessa corsa del multimiliardario italiano alla storica banca d' affari e da lì alla sua partecipazione più preziosa, il 12,8% della compagnia di Trieste, della quale proprio Del Vecchio possiede un altro 4,8%.
Ma è anche uno scenario che gli esperti considerano poco praticabile. E - anche se scattasse - dagli effetti pratici limitati.
francesco gaetano caltagirone (2)
Preoccupazione per la catena Mediobanca-Generali - delicata anche perché insieme controllano 70 miliardi di Btp - di fronte alla quale da più parti, come i vertici del Copasir Raffaele Volpi (Lega) e Adolfo Urso (FdI) hanno evocato il ricorso al «golden power».
E anche un tecnico di area governativa come il consigliere per gli affari economici della presidenza del Consiglio, Antonio Rizzo, ha confermato che c' è una valutazione in corso sulla possibilità legale, e sull' opportunità politica, di usare questo strumento. A pesare sarebbe in particolare il fatto che il patron di Essilor-Luxottica stia operando attraverso la holding lussemburghese Delfin. Ma è davvero così?
La legge sul «golden power» è molto complessa ed è anche in fase di revisione in senso restrittivo; ma - spiegano esperti legali della materia a L' Economa del Corriere della Sera - ci sono diversi aspetti da considerare, come il fatto che Del Vecchio sia cittadino italiano e che non punta al controllo di Mediobanca ma solo ad accrescere una partecipazione finanziaria.
LEONARDO MARIA DEL VECCHIO MADALINA GHENEA
Inoltre il governo con il «golden power» può imporre solo alcune misure, certamente di sostanza nella governance, ma che non impediscono l' acquisizione delle quote: tra queste, in teoria, l' imposizione di manager indipendenti (e magari di nazionalità italiana) o il mantenimento della sede legale in Italia, che sarebbe dirimente in caso di scalata dall' estero.
Ma tali prescrizioni in ogni caso si applicherebbero solo a Mediobanca - la società acquisita - e non a Generali. La compagnia è solo una partecipazione dell' istituto guidato da Alberto Nagel, che storicamente ha sempre negato di averne il controllo di fatto.
In ogni caso, prima di tutto Del Vecchio deve superare lo scoglio della Bce. La richiesta a crescere dall' attuale 9,9% acquistato fra settembre e novembre 2019 è stata presentata il 29 maggio, dopo una valutazione preliminare della Banca d' Italia.
Il via libera della Vigilanza Unica guidata da Andrea Enria è atteso entro 60 giorni lavorativi; ovvero per metà agosto, giusto in tempo per poter comprare le azioni e presentarsi così in assemblea con un peso aumentato.
E sarà un' assemblea fondamentale, dato che va rinnovato il consiglio presieduto da Renato Pagliaro. Da qui ad allora, Del Vecchio avrà svelato la sua strategia? Il mercato se lo chiede. E l' incertezza pesa nei giudizi degli analisti.
Come filtra da fonti vicine al suo schieramento, Del Vecchio - assistito dall' avvocato Sergio Erede e da Jp Morgan come advisor nella persona dell' ex ministro Vittorio Grilli - non avrebbe intenzione di presentare una lista di candidati alternativa a quella che sarà presentata dal board uscente, né si pone pubblicamente in contrapposizione a Nagel, anche se la distanza tra i due è nei fatti.
Dal punto di vista industriale invece, fonti a lui vicine hanno fatto sapere che, per quanto riguarda Generali, Del Vecchio non intenderebbe portarla a nozze con Axa o Zurich ma che vuole riportare la compagnia ai fasti degli anni '90.
Del Vecchio spinge da tempo perché la compagnia cresca, anche con acquisizioni per le quali potrebbe essere necessario un aumento di capitale, finora mai effettuato, anche per non pesare su Mediobanca.
Del Vecchio avrebbe il sogno del grande polo della finanza, ma dando al contempo stabilità alle due importanti istituzioni finanziarie con un socio forte, proteggendole da eventuali scalate estere. Se è questo il quadro, qualcuno paventa che possa trasformare Mediobanca nel «socio attivista» di Generali.
Che mire avrebbe poi su Piazzetta Cuccia? Quando entrò nel capitale, Del Vecchio criticò la linea di Nagel per la redditività troppo sbilanciata su Generali e sul credito al consumo che sulla banca d' affari. Dichiarazioni poi riviste con un espresso sostegno al management.
Ci sarebbe anche la disponibilità ad appoggiarne il piano industriale, che andrà comunque rivisto anche alla luce della crisi causata dalla pandemia. Finora comunque il patron di Luxottica non ha mai parlato espressamente dei suoi piani, e per questo gli analisti di Equita possono definire la sua strategia come «del tutto oscura». E se lo chiede tutto il mercato: perché ha investito 1 miliardo nella banca, a 85 anni?
Del Vecchio e la moglie Zampillo
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