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Giovanni Pons per "la Repubblica"
Non accenna a placarsi la turbolenza al vertice della Rcs Mediagroup. Ieri sono arrivate le dimissioni di un altro consigliere, Andrea Bonomi, che seguono quelle di Paolo Merloni e Giuseppe Vita. Il finanziere della Investindustrial e presidente del consiglio di gestione della Bpm ha ritenuto opportuno fare un passo indietro per non incorrere in costanti conflitti di interesse dal momento che la banca milanese è tra quelle esposte verso la casa editrice.
Inoltre, non accenna a placarsi l'offensiva legale da parte di Diego Della Valle, il quale ha inviato una seconda missiva ai consiglieri non ritenendosi soddisfatto della risposta ricevuto alla prima lettera nella quale parlava esplicitamente di responsabilità degli amministratori.
Della Valle - come anche Merloni che si era dichiarato in pieno dissenso con il piano industriale e le modalità di rifinanziamento del gruppo - ritiene che l'operazione prospettata sia lesiva degli interessi degli azionisti in quanto non prevede un'equa ripartizione delle risorse raccolte con l'aumento di capitale.
In pratica le banche creditrici, alcune di esse anche azioniste, sembrano favorite poiché almeno il 30% dei proventi dell'aumento da 400 milioni andranno a rimborsare il debito esistente. Inoltre, il nuovo finanziamento da 575 milioni (di cui 220 da Intesa Sanpaolo e 25 da Mediobanca) sarà garantito da ipoteca di primo grado sull'immobile di via San Marco- via Solferino, cioè la sede storica del Corriere della Sera che comunque dovrebbe essere ceduta.
Particolarmente delicata la situazione della famiglia Merloni che, trovandosi in dissenso, ha chiesto di poter liberare anticipatamente il proprio 2% dal patto di sindacato, ricevendo però parere negativo dagli altri membri dell'accordo. A questo punto non sottoscrivendo l'aumento di capitale Merloni verrà diluito pesantemente nel capitale di Rcs così come la famiglia Rotelli, primo azionista con il 16,7%, e il gruppo Benetton titolare di un altro 5%.
Della Valle ha invece subordinato qualsiasi ulteriore iniezione di capitali in Rcs allo scioglimento anticipato del patto. Ma se i dissenzienti si coalizzassero avrebbero i numeri per far saltare l'operazione in assemblea, essendo la maggioranza richiesta pari ai due terzi dei presenti.
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