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BANCHE FALLITE - IL PIANO DEL PREMIER CAZZARO NON DECOLLA: SU 10MILA RISPARMIATORI FREGATI, SOLO 500 HANNO ATTIVATO LA PROCEDURA PER IL RIMBORSO - LE DOMANDE ARRIVATE FINORA AL FONDO TUTELA DEI DEPOSITI PERALTRO SONO INCOMPLETE - INTANTO NON CI SONO ANCORA COMPRATORI PER LE 4 GOOD BANK - I SINDACATI PREOCCUPATI

 

Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"

 

RENZI GIORGIANNI RISPARMIATORI PROTESTERENZI GIORGIANNI RISPARMIATORI PROTESTE

C'è tempo fino al 31 dicembre per presentare le «istanze» di rimborso. Per ora, tuttavia, la complessa macchina per gli indennizzi ai cosiddetti sbancati è partita col freno a mano. Ieri il Fondo di tutela dei depositi - l' organismo chiamato a gestire i risarcimenti agli obbligazionisti di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara - ha reso noti i primi numeri della procedura. Numeri che provano come la questione sia stata gestita nel peggiore dei modi. Il solito pasticcio all' italiana.

 

Finora sono solo 500 i clienti di quei quattro istituti, rimasti fregati con il salvataggio dello scorso novembre (col quale sono stati azzerati i bond subordinati), ad aver presentato la domanda di ristoro. Pochi, se si pensa che la faccenda riguarda 10.559 persone. Di questi, tuttavia, circa 8.000 dovranno scegliere strade diverse: l' arbitrato (ma mancano ancora i decreti per consentire all' Autorità anticorruzione di avviare l' iter) oppure l' ordinaria causa in tribunale.

 

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Gli indennizzi, secondo il decreto del governo di Matteo Renzi, non sono accessibili a tutti. Solo chi ha redditi fino a 30mila euro e aveva investito quasi tutti i suoi risparmi nei titoli di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara diventati carta straccia, quasi un anno fa.

 

Renzi continua a scaricare la responsabilità: secondo il premier gli sbancati «anno dovuto pagare un prezzo per le regole europee, che io personalmente non condivido». Colpa di Bruxelles, dice. Sta di fatto che lo stesso presidente del consiglio aveva promesso di risolvere il caso in tempi rapidi, assicurando che il percorso dei risarcimenti sarebbe stato completato in pochissimo tempo. E invece nessuno, fra i risparmiatori traditi, ha visto un centesimo.

 

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Quanto agli indennizzi (che arriveranno fino all' 80% della somma investita), il Fondo interbancario ha precisato, tra altro, che «molte delle richieste» ricevute sono incomplete: di qui la richiesta di «integrazione» della documentazione che rende senza dubbio più ingarbugliata la questione. Anche perché nelle prossime settimane potrebbero arrivare le altre istanze (in teoria ne mancano circa 2mila). Una mole di carta che corre il rischio di rallentare le verifiche documentali.

 

Frattanto, non è chiaro il destino delle quattro banche salvate col «fallimento pilotato» imposto da governo e Banca d' Italia. È ancora aperta la «gara» per la presentazione delle offerte.

 

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Le proposte economiche arrivate a via Nazionale a luglio - messe sul tavolo da fondi e avvoltoi internazionali - non erano adeguate (meno di 400 milioni su circa 1,5 miliardi di valore stimato) e la stessa autorità di vigilanza ha riaperto i termini. L' opzione che a palazzo Koch è più caldeggiata è quella di un solo acquirente per l' intero pacchetto. Oltre al destino dei correntisti, c' è anche il futuro dei lavoratori. Tant' è che il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ieri ha detto che «la priorità è la salvaguardia dei livelli occupazionali: eventuali disoccupati sarebbero cittadini italiani e non di altri paesi europei».

 

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I movimenti e i contatti fra autorità e banchieri sono diventati più frenetici in questi giorni. Del resto, la nuova scadenza per le offerte è vicina: il 30 settembre. Anche se il presidente dei quattro istituti, Roberto Nicastro, ha dichiarato che «non sono esclusi tempi supplementari».

 

E mentre le good bank riducono le perdite a 134 milioni nel primo semestre, i negoziati proseguono con player stranieri e anche italiani: in questo senso, si parla di Ubibanca come possibile cavaliere bianco. Secondo gli esperti di Equita, l' acquisto delle quattro good bank, costringerebbe il top management di Ubi a chiedere un sacrificio ai soci, con un aumento di capitale che si aggirerebbe attorno al mezzo miliardo di euro.

 

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Ma se questo fosse il prezzo finale, sarebbero dolori per Intesa, Unicredit e lo stesso istituto guidato da Victor Massiah che lo scorso anno avevano anticipato, con un finanziamento ponte, ben 1,6 miliardi a Etruria, Chieti, Ferrara e Marche per evitare l' interruzione delle attività. Un saldo pesantemente negativo per l' operazione che si trasformerebbe in un' altra mazzata per il sistema bancario italiano.