DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
DAGONOTA
Peccato che quel mercoledì 13 gennaio dell’anno corrente, al salone romano delle Fontane dell’Eur, nessuno abbia fatto caso che al momento di svelare il nuovo logo della Tim portava i colori della bandiera francese. Forse già allora appariva chiaro in quali mani sarebbe finita Telecom Italia, l’ex monopolista pubblica delle telecomunicazioni.
“Certo questi colori rosso e blu come il Catania…”, ironizzava il presentatore-testimonial Pif ignaro che quella la scelta cromatica non aveva nulla a vedere con il solito campanilismo. E con buona pace dell’”orgoglio italiano”, sventolato il giorno dopo la kermesse dai giornali (inondate di pubblicità Tim) e dal governo del cazzaro Renzi, la vecchia e cara ex Sip (a gettone) è finita in breve nelle mani dei transalpini guidati dal bretone Vincent Bolloré.
Le barricate annunciate dal governo tricolore Bianco-Rosso-Verdini per difendere un nostro sistema considerato “strategico”, si sono sbriciolate nemmeno fossero state erette (Cassa depositi prestiti) con sacchetti di sale. Per difendere l’italianità della Saipem la coppia (scoppiata) Costamagna&Gallia aveva già bruciato oltre 900 milioni di euro di soldi (pubblici).
FIORINA CAPOZZI - VINCENT BOLLORE IL RE DEI MEDIA
Così, quando a Palazzo Chigi Luca, il banca-Lotti-ere del cazzaro, gli ha chiesto di controbilanciare in Tim-Orange il peso dell’Eliseo guidato da Hollande, i due hanno dovuto alzare subito bandiera bianca: troppe le risorse finanziare da mettere nel risiko telecomunicazioni. Una fusione impossibile, insomma, che dopo averla appoggiata, Renzi ha dovuto in fretta rinnegare.
Nonostante l’ennesima batosta, il Ducetto di Rignano sull’Arno sembra invece crogiolarsi nell’umiliante disfatta patita.
“E’ la fine del capitalismo di relazione”, la spara grossa Pittibimbo. E fa quasi tenerezza la superbia stupida di un premier che vuol cambiare il governo dell’Europa e prende schiaffi dai suoi partner sia in campo politico sia nella sfera economica.
LIGRESTI DE BENEDETTI AGNELLI CUCCIAqq
“Ma quale fine del capitalismo di relazione, siamo al suo trionfo”, gli ha replicato (tra i pochi) l’ex giornalista e senatore del Pd, Massimo Mucchetti. “Forse al premier sfugge – ha osservato ancora - che la resa della finanza italiana risale a ben tre anni fa quando Mediobanca, Generali e Banca Intesa dissero di volersi liberare di Telefonica… E chi c’era già seduto in piazzetta Cuccia a farla da padrone?
TARAK BEN AMMAR BOLLORe? PADRE E FIGLIA
Vincente Bolloré, che possiede il 15% di Vivendi e il 24,9% di Telecom Italia… La solita piramide finanziaria – ha rilevato ancora Mucchetti - per comandare con i soldi degli altri”. Del resto in Italia le cosiddette public company alla fine vengono scalate e cambiano padrone ad ogni cambio d’inquilino a Palazzo Chigi.
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