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LA SOVRANISTA GIORGIA HA UCCISO IL LIBERO MERCATO CON L’ARMA DEL GOLDEN POWER – DA STRUMENTO PER TUTELARE GLI INTERESSI NAZIONALI IN SETTORI STRATEGICI DEL SISTEMA INDUSTRIALE E FINANZIARIO, IL GOLDEN POWER È DIVENTATO IL MEZZO CON CUI IL GOVERNO MELONI DECIDE LE SORTI DI UN’AZIENDA IN BASE ALLE INTERESSI POLITICI E SIMPATIE – CON ESITI PARADOSSALI, COME SULLA RETE DI TIM, TALMENTE PATRIMONIO NAZIONALE DA ESSERE CEDUTA A UN FONDO AMERICANO. O LA COMPAGNIA DI BANDIERA EX ALITALIA, PAPPATA DAI TEDESCHI...
Estratto dell’articolo di Paolo Madron per www.lettera43.it
giorgia meloni e giancarlo giorgetti foto lapresse 1
Se la democrazia non si sente tanto bene, il libero mercato è già morto, cadavere. L’arma attraverso cui i suoi killer hanno compiuto il misfatto si chiama golden power, mistificazione sovrana utilizzata appunto dai sovranisti per esercitare la loro discrezionalità.
Originariamente il golden power doveva essere lo strumento che consentiva ai governi di tutelare gli interessi nazionali in settori strategici del sistema industriale e finanziario, in modo che dei suoi pezzi rilevanti finendo in mani straniere non compromettessero la loro integrità. Nei fatti, è diventata la modalità con cui la politica decide le sorti di un’azienda in base ai propri umori e alle proprie simpatie.
[...] Sono i desiderata dell’esecutivo, spesso dei suoi ministri che hanno interessi e legami contrapposti, il motore di un’economia che si sta ineluttabilmente sovietizzando. Tu sì, tu no, tu forse. È così che il libero mercato e le sue regole sono diventate un’obsoleta reminiscenza.
La mano dello Stato, un tempo vituperata come il peggiore dei mali, torna di prepotenza a far valere le sue prerogative. E chi ne possiede le leve non si tira indietro, anzi. Così finisce che senza appello l’interesse privato prevale sulla pubblica virtù, e la salvaguardia dell’italianità costringe a mirabolanti contorsioni e sovente fallimenti.
[...]
Il nuovo corso è talmente discrezionale che dà adito a esiti paradossali. Come la rete di Tim, talmente patrimonio nazionale da essere ceduta a un fondo americano. O come la compagnia di bandiera, che dopo aver bruciato decine di miliardi dei contribuenti, è finita (per fortuna) in mano tedesca. O ancora l’industria automobilistica, per quasi un secolo asset industriale strategico i cui destini sono finiti Oltralpe.
Sulla rete Tim, giusto per la cronaca, l’incongruenza è macroscopica. Bandiera delle patrie tutele, è stata venduta forse al più speculativo dei fondi americani dove a essere sovrano è solo il suo (legittimo) tornaconto. Eppure Giancarlo Giorgetti continua a ribadire che la tutela dell’interesse nazionale è prioritario. Nei fatti, un ossimoro.
Joerg Eberhart - Carsten Spohr - Sandro Pappalardo - foto lapresse
Palazzo Chigi è passato da essere una merchant bank dove non si parlava inglese (copyright Guido Rossi) a una banca d’affari che la lingua la mastica sin troppo bene visto la pletora di consulenti e mediatori stranieri che ne frequentano i corridoi. E che naturalmente sono al servizio di sé stessi, riducendo l’italianità e la sua retorica a intonaco di facciata.
Risultato? Il golden power è diventato qualcosa che si porta su tutto, una coperta che ciascuno tira dalla propria parte a seconda della convenienza. E spesso a sproposito, al punto che una banca italiana che vuole comprare un concorrente diventa off limits per il solo fatto di avere, come la quasi totalità dei grandi gruppi, qualche presenza straniera tra i suoi azionisti.
E al punto che settori assolutamente non strategici improvvisamente lo diventano solo per rispondere a interessi di parte che ne vogliono condizionare lo sviluppo. Sempre usando attori e soldi stranieri, naturalmente. La politica è dunque ritornata a essere un arbitro le cui decisioni sono inappellabili. È così che il regime dell’economia, che aveva le sue fondamenta nella concorrenza e nel libero scambio, sta diventando economia di regime.
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