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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
1- ELDORADO DI VIA NAZIONALE
Ai piani alti della Banca d'Italia il Governatore Visco e un ristretto numero di dirigenti si sta preparando per il viaggio della prossima settimana a Tokyo dove a partire da mercoledì fino a sabato si terrà l'Assemblea del Fondo Monetario.
In questo momento l'appuntamento ha un'importanza particolare e basta scorrere l'agenda delle tre Sessioni per capire che questo meeting avrà un rilievo storico forse pari a quello che si tenne per la prima volta nel 1947 a Londra.
Il Governatore incontrerà Mario Draghi che è rimasto affezionato alla sua vecchia "casa" di via Nazionale, e uno degli argomenti potrebbe riguardare le iniziative che il suo successore sta prendendo per migliorare la governance e ridurre le spese interne della Banca d'Italia. à un argomento che sta particolarmente a cuore a Visco dopo l'attacco di inizio settembre da parte di alcuni giornali che hanno ironizzato pesantemente sulle spese di Palazzo Koch.
Le notizie pubblicate avevano qualcosa di incredibile perché si parlava di 7 milioni di euro per la manutenzione di piante e giardini nelle sedi di rappresentanza e nel centro sportivo del Tuscolano a Frascati. Quando poi si è letto che per i suoi videocitofoni e i campanelli la Banca d'Italia ha speso ben 15 milioni di euro molti hanno fatto un salto sulla sedia ritenendolo un errore grossolano (e probabilmente avevano ragione).
Di sicuro si sa che 7.300 dipendenti costano qualcosa come 819 milioni di euro l'anno e che Visco guadagna 750mila euro, il doppio del suo collega tedesco Weidmann, capo della Bundesbank. Adesso in Banca d'Italia sono preoccupati di sgombrare il campo da queste ombre e non più tardi di una settimana fa il Governatore è intervenuto a un convegno organizzato a Palazzo Koch sulla sana e prudente gestione delle banche dove ha auspicato un taglio alle retribuzioni e una maggiore presenza femminile nei consigli di amministrazione.
A Draghi farà sicuramente piacere sentire che la spending review ha attraversato il portone di via Nazionale coinvolgendo l'interesse e l'impegno dei più alti dirigenti a cominciare da Fabrizio Saccomanni, il 70enne romano che dal 2006 siede sulla poltrona della direzione generale.
Con i giornalisti che accompagneranno la delegazione a Tokyo per l'Assemblea del Fondo Monetario, Visco avrà modo di spiegare ancor meglio la sua politica di contenimento delle spese. à probabile che sull'aereo si ritroverà accanto a Dino Sorgonà , vecchia gloria del Tg1, ed Elena Polidori di "Repubblica", due inviati che da almeno 20 anni seguono ogni respiro della Banca d'Italia.
C'è da augurarsi che nessuno dei due abbia il cattivo gusto di segnalare ciò che è avvenuto lunedì a Londra e che ha visto come protagonista Fabrizio Saccomanni. L'alto dirigente è volato nella capitale inglese per insediare ufficialmente il funzionario che ha preso il posto di Stefano Carcascio, il rappresentante della Banca d'Italia in Inghilterra. La poltrona è stata affidata a una bella donna di nome Anna Marra, che ha fama di manager e ha lavorato presso il Servizio Studi e Relazioni Internazionali di via Nazionale.
La simpatica cerimonia si è svolta alla Stationer's Hall, una sala molto elegante che si trova in Ave Maria Lane a due passi dalla cattedrale di St Paul's. La sorpresa l'hanno avuta i londinesi che passavano da quelle parti intorno alle 18 perché il buon Saccomanni è sceso da una Maserati fiammante con tanto di autisti e guardie del corpo.
E qualcuno ha ricordato ironicamente che il Governatore della Banca d'Inghilterra raggiunge il suo ufficio in metropolitana.
2- BRACCIO DI FERRO PASSERA-PROFUMO SULLE CANDCANDIDATURE PER L'AGENZIA DIGITALE (3 MILIARDI DI EURO PER MODERNIZZARE LA PA)
C'è una grande battaglia sulle candidature per l'Agenzia Digitale, lo strumento che dovrebbe dare una spinta decisiva allo sviluppo di internet in Italia.
Di questa struttura si parla da parecchi mesi e Corradino Passera, che continua ad usare toni ambigui per i dossier caldi della Fiat e di Finmeccanica, su questo tema ci ha messo la faccia. A luglio sembrava che i giochi per il nuovo vertice dell'Agenzia fossero in dirittura d'arrivo e il consiglio dei ministri del 7 settembre avrebbe dovuto varare il nuovo organismo nel quale confluirà tutto il personale sparpagliato nei vari dipartimenti messi in piedi dagli ex-ministri Stanca, Scajola, Romani e Brunetta.
A frenare il decollo definitivo dell'Agenzia è stato inizialmente il braccio di ferro tra il ministro dell'Istruzione Profumo e Passera. Quest'ultimo tirava la volata a Roberto Sambuco, un professore di economia, classe 1943, che dopo aver prestato i suoi servizi a Scajola e Paolo Romani, è stato nominato da Corradino alla guida del Dipartimento telecomunicazioni del ministero dello Sviluppo.
Purtroppo per lui Sambuco è rimasto pizzicato nella ragnatela delle telefonate con Bisignani e la sua candidatura ha dato fiato a quella promossa dal ministro dell'Istruzione Profumo che si è speso per portare a capo dell'Agenzia il suo consigliere Mario Calderini, esperto di tecnologie nella mobilità .
Ieri sera alle 17 si è chiuso il termine per la presentazione dei curricula dei nuovi candidati e pare che almeno un centinaio di profili siano arrivati sul tavolo della società di consulenza Russell Reynods che sta lavorando per selezionare il candidato ideale.
Secondo il "Corriere della Sera" in pole position ci sono almeno cinque personaggi che avrebbero le carte in regola per occupare la poltrona. Tra questi c'è un filosofo, Salvo Mizzi, che dopo un'esperienza alla Young & Rubicam ha fondato "My Tv" e ha lavorato in Telecom. Accanto a suo nome appare anche quello di Agostino Ragosa, il 51enne ingegnere salernitano, devoto di padre Pio, che lavora a Poste Italiane dove si è dato un gran da fare per dirottare sull'IBM almeno 150 milioni di commesse. Di lui si è parlato molto l'anno scorso quando il sistema informatico delle Poste andò in tilt creando molti problemi alla clientela, e da quel momento pare che Sarmi gli abbia garbatamente fatto capire che poteva cambiare aria.
Oltre ai nomi di Mizzi e Ragosa ci sono quelli di Alfonso Fuggetta, professore di informatica al Politecnico di Milano, Stefano Quintarelli, un manager che è stato presidente dell'Associazione italiana Internet provider ed è stato votato dal "Corriere della Sera" come uno dei 30 imprenditori più innovativi in Italia. Infine non bisogna dimenticare che nella bagarre è entrato anche Cristiano Radaelli, un ingegnere milanese dal volto simpatico che vanta una lunga esperienza nelle tecnologie.
Ieri si è sparsa la voce che la direzione dell'Agenzia facesse gola anche a Linda Belinda Lanzillotta, la moglie di quel Franco Bassanini che con la Cassa Depositi e Prestiti vuole comprare l'universo intero, ma la signora dopo una discussione in famiglia ha smentito per evitare polemiche su una candidatura troppo politica.
Sulla carta l'Agenzia digitale dovrebbe disporre di 3 miliardi di euro e, sempre sulla carta, potrebbe diventare un formidabile strumento per modernizzare la Pubblica Amministrazione e il sistema Paese. Lo sa bene Stefano Parisi, l'ex-direttore generale di Confindustria che dopo aver lasciato Fastweb nel 2010 è diventato presidente di Confindustria digitale.
A quanto risulta Parisi tiene moltissimo all'incarico, ma si tiene coperto perché sa che il suo nome scatenerebbe polemiche. Con una notevole dose di ingenuità il manager romano spera comunque di diventare il jolly della situazione nel braccio di ferro tra i ministri.
3- MUSSARI E LA ROTTAMAZIONE DEI CONSIGLIERI
Il boccoluto Peppiello Mussari, l'ex-banchiere che ha lasciato MontePaschi in un mare di guai, se ne sta comodamente seduto sulla poltrona dell'Abi, l'Associazione che rappresenta i banchieri.
Ogni tanto fa sentire la sua voce sulla crisi del credito, ma non c'è dubbio che l'attuale incarico gli ha sollevato lo spirito. In fondo l'aveva detto lui stesso che fare il banchiere non era il suo lavoro e aveva promesso di tornare a fare l'avvocato. Così non è stato e Peppiniello continua a interessarsi del mondo delle banche perché non dimentica di essere sbarcato a Siena nel 2001 quando aveva solo 38 anni ed era il più giovane banchiere italiano.
Oggi avrebbe la possibilità di farsi promotore di una rivoluzione generazionale in quell'universo del credito dove si trovano mostri sacri e arzilli vecchietti quasi ottuagenari. Se volesse impugnare la bandiera della rottamazione potrebbe cominciare dai consiglieri che siedono nei consigli di amministrazione dei principali istituti.
Sotto i 40 anni se ne trovano soltanto tre, un numero incredibilmente esiguo che dimostra come sia difficile farsi largo nei polverosi board delle banche nostrane.
Di questi tre uno è seduto per meriti politici e si chiama Tommaso Zanini, 38 anni, ex-vicesindaco leghista di un comune in provincia di Verona, entrato nel Banco Popolare grazie ad una lista di soci (chiamata Banca Viva) che rappresenta le piccole imprese del Veneto vicine alla Lega.
Gli altri due consiglieri "under 40" si ritrovano proprio in MontePaschi grazie alla svolta dell'ex-boyscout genovese, Alessandro Profumo. Il primo è Giovanni Alberto Aleotti, erede della casa farmaceutica Menarini. Ha già compiuto 40 anni e presto uscirà anche lui dalla categoria degli "young bankers" che in Inghilterra hanno una loro associazione e un sito (www.youngbanker.com <http://www.youngbanker.com/> ).
Così alla fine resta solo l'avvocato Michele Briamonte, 35 anni ancora da compiere, professionista emergente al quale Franzo Grande Stevens ha lasciato il timone del suo studio torinese. Questo Briamonte di madre e laurea americane è socio fondatore della Camera di commercio italo-israeliana ed ha agganci fortissimi alla Knesset. Il suo nome è balzato agli onori della cronaca in agosto quando ha lasciato il cda della Juventus e ha rimesso il mandato di legale della società guidata da Andrea Agnelli. A spingerlo era stato il comportamento dell'allenatore capellone Antonio Conte e dei dirigenti della Juve che lo avevano coperto.
A Monte Paschi, dove ormai si è spento il ricordo del boccoluto Mussari, lo ritengono comunque un uomo cazzuto di cui si sentirà ancora parlare.
4- LA POPOLARITÃ DI GIORGIO SQUINZI STA AUMENTANDO A DISMISURA TRA GLI IMPRENDITORI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che la popolarità di Giorgio Squinzi sta aumentando a dismisura tra gli imprenditori.
Anche quelli che avevano espresso riserve al momento della nomina al vertice di Confindustria sono impressionati dal lessico verace e ruspante con cui l'imprenditore di Bergamo, patron di Mapei, liquida le questioni più importanti.
A giugno definì la riforma della Fornero "una boiata" e a luglio ha abbracciato la Camusso concordando sulla necessità di evitare "la macelleria sociale". L'exploit, che comunque lo ha smarcato rispetto ai bla bla bla della politica e alla retorica fluviale dei suoi predecessori, Luchino e Marcegaglia, è avvenuto a Torino sabato scorso quando davanti a 300 imprenditori ha esclamato: "stiamo morendo per le tasse".
Adesso a viale dell'Astronomia paragonano Squinzi al grande scrittore argentino Jorge Luis Borges che non si inventava la verità ma la esprimeva con due parole".
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