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SVEGLIATE LA PATRIOTA MELONI: TRUMP STA CONVINCENDO CON LA FORZA LE AZIENDE ITALIANE AD APRIRE SEDI NEGLI STATES – PUR DI EVITARE I PESANTI DAZI, SIA I GRANDI GRUPPI CHE LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE MADE IN ITALY CHE ESPORTANO NEGLI USA, SI SONO MOSSI PER COSTRUIRE STABILIMENTI IN AMERICA. MA I TEMPI SONO LUNGHI: PER REALIZZARE UNA LINEA DI PRODUZIONE OCCORRONO CIRCA DUE ANNI. L'OPZIONE PIU’ RAPIDA È CREARE AGGREGAZIONI CON SOCIETÀ STATUNITENSI – I CASI DI LAVAZZA E GRANAROLO E L’ALLARME DI CONFINDUSTRIA: “IL RISCHIO È LA FUGA DI AZIENDE E CAPITALI NEGLI USA”
Estratto dell’articolo di Claudia Luise per “la Stampa”
DONALD TRUMP ANNUNCIA DAZI RECIPROCI A TUTTI I PAESI DEL MONDO
Se l'obiettivo di Donald Trump è spingere le imprese che esportano negli Usa ad aprire sedi produttive oltreoceano, alcune hanno già colto il messaggio e stanno valutando. Certo, i tempi non possono essere rapidi. Ma sia tra le grandi aziende italiane, sia tra quelle con dimensioni più piccole e particolarmente esposte, si sta iniziando a valutare le due strade percorribi per limitare gli effetti negativi: aprire stabilimenti o concentrarsi su acquisizioni e aggregazioni con società americane. Lo ha detto chiaro la stessa Confindustria: «Il rischio è la fuga di aziende e capitali negli Usa».
Eppure l'elenco di chi ha annunciato che si sta muovendo in questa direzione si allunga. Aveva inziato Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli, che prima di dare il via alla battaglia con i soci cinesi aveva ammesso di «valutare investimenti negli States».
DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI MEME
Sempre nell'automotive c'è il gruppo Sila, uno dei più importanti player nella progettazione e produzione di sistemi di cambio marcia, cavi flessibili e Hmi per le principali case automobilistiche tra cui Stellantis. «Stiamo facendo scouting - spiega il presidente, Edoardo Pavesio - per cercare un'azienda da acquisire. Costruire da zero un impianto, invece, non ha senso per noi. Possiamo pensare a uno spin-off ed effettivamente è un discorso che stiamo seguendo. Abbiamo attivato le nostre antenne in Nord America». [...]
Pure i componentisti più piccoli si stanno attrezzando. Francesca Paoli, dell'impresa emiliana Dino Paoli, dopo aver ribadito più volte che i dazi sono il modo sbagliato per riequilibrare la bilancia commerciale, sta correndo ai ripari: «Esportiamo per l'80% all'estero. L'America vale il 25% del nostro fatturato. Stiamo rendendo operativa una sede a Charlotte in North Carolina perché non possiamo pensare di rinunciare a una parte così importante di business».
Prysmian, invece, ha già approvato un investimento di circa 245 milioni per potenziare la produzione di cavi di media tensione. Anche se per gran parte del comparto agroalimentare è impossibile pensare di produrre altrove, due big del caffè hanno aperto a questa possibilità. «Stiamo valutando per capire se una parte di quanto vendiamo sul mercato Usa può essere prodotto lì. L'export verso gli Usa ad oggi per noi pesa il 20%» spiega l'ad di illycaffè, Cristina Scocchia. «Per realizzare una linea di produzione occorrono due anni», dunque «una reazione vera ai dazi dovrebbe passare per individuare qualche facility», evidenzia.
donald trump - forza dazio - immagine generata dall intelligenza artificiale
Lavazza, invece, è già presente con due stabilimenti e un fatturato di 400 milioni di euro. I dazi «sono un fenomeno estremamente pericoloso», ammette l'ad Antonio Baravalle, ma «il nostro obiettivo rimane quello di crescere negli States perché hanno una dimensione di mercato immenso».
d oggi già il 50% della produzione americana è fatta in loco, manca un 50% su cui il progetto è già approvato, per arrivare al 100% accelerando gli investimenti a Filadelfia. Anche Granarolo intende ampliare lo stabilimento nel Connecticut e raddoppiare la produzione.
Che spingere le aziende a spostarsi negli Usa sia una delle priorità di Trump lo conferma anche una fonte vicina all'amministrazione, parlando con il Financial Times. Il tycoon si sarebbe convinto che per convincere le imprese a spostare le loro attività, i dazi devono essere permanenti. «Le aziende hanno bisogno della certezza che questo sia il nuovo ambiente politico», ha affermato la fonte.
Ma lo dimostrano con ancora più chiarezza le agevolazioni e gli sgravi previsti. Anche se il piano SelectUsa per incentivare gli insediamenti di aziende straniere risale al 2007, Trump ha dato un'accelerata incentivando gli incontri dei suoi emissari in giro per le associazioni imprenditoriali in Italia.
LA GUERRA DEI DAZI - VIGNETTA BY GIANNELLI
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