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Andrea Greco per “la Repubblica”
I creditori di Moby fanno saltare la "permuta danese", con cui il gruppo che controlla Tirrenia cercava di incassare 75 milioni e risollevare la situazione finanziaria. L' armatore Vincenzo Onorato annuncia «una causa a molti zeri» contro Unicredit, capofila dei creditori e a suo dire responsabile in sede giudiziaria per il «risarcimento dei gravissimi danni causati».
L' operazione risale a mesi fa e prevedeva la permuta di due navi del gruppo con altre due più vecchie della compagnia danese Dfds, per girare 66 dei 75 milioni incassati alle stesse banche (in pool l' esposizione a fronte di garanzie è 160 milioni: 40 a testa Intesa Sanpaolo e Unicredit, il resto tra Ubi, Mps, Banco Bpm; poi ci sono 60 milioni di linee rotative).
Per perfezionarla serviva togliere l' ipoteca sulle navi: ma il 28 scadeva il termine e Unicredit non s' è espressa. Perciò ieri Moby «ha ricevuto comunicazione da Dfds della risoluzione dei contratti di acquisto delle navi Moby Wonder e Moby Aki, nonché di cessione delle navi King Seaways e Princess Seaways ». Per l' armatore italiano «la risoluzione è responsabilità di Unicredit, che non ha dato il consenso a liberare le ipoteche, nonostante fosse contrattualmente tenuta a farlo». Il piano industriale che prevedeva la vendita delle due navi fu approvato mesi fa dalle banche: «Qui è in atto un gioco di colletti bianchi sulla pelle di 5.800 lavoratori italiani» rincara Onorato.
Dalla banca non ci sono commenti. Ma dietro la nuvola di riservatezza filtra una versione diversa. Intanto Unicredit rappresenta tutti i creditori, anche i sottoscrittori del bond 2023 da 300 milioni che quota ad appena 31 centesimi. I fondi Soundpoint Capital, Cheyenne Capital e York Capital, investitori nel bond, avrebbero diffidato Unicredit dal liberare l' ipoteca, temendo per il patrimonio di Moby, Uno stallo chiusosi per scadenza dei tempi.
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