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    C’È POSTO PER TE (ALLA CULTURA) – FRANCESCA CARUSO, AVVOCATA CIVILISTA NELLO STUDIO LEGALE DI IGNAZIO LA RUSSA, È LA NUOVA ASSESSORA LOMBARDA ALLA CULTURA - PANZA: "ALTRO CHE RIVOLUZIONE CONSERVATRICE, CON IL GOVERNO MELONI SI È PASSATI AI RAPPRESENTANTI DI FRATELLI D’ITALIA MESSI AL MINISTERO DELLA CULTURA PER DISCIPLINA DI PARTITO AD INIZIARE DA SANGIULIANO. LA NOMINA DI “CONSULENTI”, DA BEATRICE VENEZI (APPREZZATA PER FARSI CHIAMARE DIRETTORE E PER IL LATO BIOSCALIN) A MOGOL, RISPONDE A LOGICHE ESTEMPORANEE. E SGARBI NEL RUOLO DI SOTTOSEGRETARIO…"

     


     
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    Estratto da repubblica.it

    francesca caruso francesca caruso

    "Affronterò questo mio nuovo ruolo con umiltà, ma la cultura l'ho respirata per un bel po'. Mia nonna era la sorella di Fausto Papetti", famoso sassofonista anni Settanta. Francesca Caruso, avvocata civilista nello studio legale di Ignazio La Russa, è la nuova assessora lombarda alla Cultura, scelta in quota Fratelli d'Italia. E' stata vicesindaca e assessora alla Sicurezza a Gallarate, comune del varesotto dove risiede.

     

     

     

     

     

    Il post pubblicato su Facebook da Pierluigi Panza

     

    gennaro sangiuliano gennaro sangiuliano

    Per la seconda volta quella parte di mondo culturale che si era tenuto libero dall’egemonia della sinistra e critico rispetto al nuovo mainstream - pagando il prezzo dell’isolamento o dell’irrilevanza - può dirsi completamente ignorata dal cosiddetto Centrodestra.

     

    La prima volta avvenne con la Rivoluzione liberale di Berlusconi, quando con speranza i vari Urbani, Pera, Vertone… si avvicinarono alla politica culturale con l’idea che il Liberalismo avrebbe lasciato alla cultura uno spazio di azione indipendente, di coinvolgimento individuale e del privato. Presto si capì che la rivoluzione culturale berlusconiana era di masscult e consisteva nel liberare la televisione dal pedagogismo in favore di una frivolezza da cosumer society.

     

    mogol mogol

    Case editrici, giornali vennero toccati ma solo con sporadiche incursioni che non ne cambiarono la stratificazione. L’intellettuale, sempre di sinistra, passò dall’essere engagé tutto assemblee e Casa della Cultura in stile anni Settanta a radical-chic, postmodern, con massiccia adesione alla cultura Liberal americana (che è poi una subcultura di massa).

     

    La riforma Gelmini per l’università rimase incompiuta e i baroni rapidamente trovarono il sistema per continuare a spartirsi gli atenei: prima promuovevano direttamente amici, amanti e parenti, dopo la riforma dovevano farli prima scrivere su riviste definite scientifiche e da loro controllate e poi, di nuovo, potevano metterli in cattedra con concorsi finti a spese del contribuente e illegali costituzionalmente.

     

     

    Dopo questa prima volta della storia scaduta in farsa (“Il Grande Fratello”), con l’avvento del cosiddetto Centrodestra meloniano, underdog e romanocentrico,  quella parte di mondo culturale non succube all’egemonia culturale della sinistra e critico rispetto alle parole chiave del mainstream si aspettava una rivoluzione conservatrice, una riscoperta della tradizione: una difesa della lingua italiana, un tracciamento del ruolo della tradizione latina nel mondo globale, una discussione critica sul destrutturalismo americano (no-gender, LGBTQI+, multiculturalismo), un nuovo rapporto tra identità, conservazione e Beni culturali, un rapporto tra cultura e mondo confindustriale sul territorio…

     

    vittorio sgarbi vittorio sgarbi

    Ma anche in questo secondo caso sono bastati pochi mesi per capire che tutto questo non interessa. Anzi, l’arretramento della Lega – unico partito che, scompostamente, dove vinceva ha cercato di presidiare gli assessorati culturali – ha lasciato campo libero per fare della casella Cultura la camera di compensazione dove collocare fedelissimi, trombati eccellenti, individui di riconosciuta appartenenza non alla cultura, ma alla destra tout court. Dal birignao del mildcult degli amici di Capalbio con l’outfit giusto e la misericordia pret-a-porter si è passati ai rappresentanti di Fratelli d’Italia messi alla Cultura per disciplina, per dimostrata appartenenza.

     

    La nomina del ministro Gennaro Sangiuliano – indipendentemente dalle qualità della persona – batte quella di altri possibili candidati non sul piano della produzione culturale (saggi scientifici, direzioni museali, organizzazione di mostre, società culturali ecc ecc) ma per una più esplicita vicinanza a Fratelli d’Italia a Roma e alla Rai.

     

    La nomina del ministro Bernini all’università appare già esito di equilibri tra i partiti della maggioranza e figura del tutto adatta a non cambiare nulla, non essendo note prese di posizione della ministra sul sistema baronale, sulla inefficienza dell’università italiana, sul proliferare di finti scientismi tra discipline umanistiche che sono saperi, arti e mestieri.  

    la russa venezi la russa venezi

     

    La nomina di “consulenti”, da Beatrice Venezi (apprezzata per farsi chiamare direttore e per il lato Bioscalin) a Mogol, risponde a logiche estemporanee. L’alzata di scudi contro i sovrintendenti stranieri appare uno zuccherino per la Lega. Messo al sicuro Sgarbi nel ruolo di sottosegretario, l’applicazione della logica di partito alla Cultura appare ora evidente nelle Regioni finite nelle mani di Fratelli d’Italia.

     

    Era difficile fare peggio di certi sindaci-pavoni che, per non oscurare la propria coda hanno scelto per la Cultura individui privi di curriculum e di provata controllabilità o, come nel caso di Venezia, di non nominare nessuno. Era difficile pensare ciò, ma il Centrodestra a trazione Fratelli d’Italia ci sta riuscendo: sei stato trombato/a in qualche elezione? Bene, c’è posto per te alla cultura. Sei rimasto indietro nel partito nonostante i volti portati?  

     

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    Bene, c’è posto per te nel refugium peccatorum della cultura, che è latrina, sciacquone. Come può una Regione di 12milioni di abitanti, con le università più avanzate del Paese, centinaia di musei, sei luoghi Unesco, sede delle case editrici e dei principali giornali, di grandi fondazioni ecc ecc nominare alla Cultura l’ex assessore alla sicurezza di Gallarate che non ha una, una pubblicazione scientifica alla spalle?

     

    Che non ha curato una mostra d’arte, una? Un museo? Che non ha lavorato in giornali, case editrici, sovrintendenze, teatri… niente? E non mancavano candidati alternativi, proprio no! Anzi, in Lombardia ci sono migliaia di individui meritevoli di quel ruolo.

     

    Per quella parte di mondo culturale italiano libero dall’egemonia culturale della sinistra si conferma che la storia si ripete due volte. Con una inversione rispetto all’aforisma di Marx: la prima volta in farsa la seconda in tragedia. La prima volta come tronisti, la seconda come fedeli.

     

     

     

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