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    C'ERA UNA VOLTA IL LOW COST - DALL'AUMENTO DELL'ABBONAMENTO PRIME DI AMAZON, DOPO NETFLIX E DAZN, FINO AI DISCOUNT E RYANAIR, SANCISCE LA FINE DEI CONSUMI A BASSO COSTO - IN ITALIA SI È REGISTRATA UNA CRESCITA DEI PREZZI DELL'8% RISPETTO AL 2021, CHE HA COLPITO OGNI SETTORE - LA PANDEMIA PRIMA E LA GUERRA IN UCRAINA POI HANNO, INVECE, CI HANNO TOLTO LA CUCCAGNA DI ANDARE A IBIZA CON 50 EURO...


     
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    Giuliano Balestreri per “la Stampa”

     

    Amazon aumenta l'abbonamento Prime del 25%, da 3,99 a 4,99 euro al mese (da 36 a 49,9 euro il prezzo annuale), giustificando l'intervento con l'aumento dell'inflazione. E poco importa che la crescita dei prezzi registrata dall'Istat in Italia sia dell'8%: il colosso dell'e-commerce spiega che le ragioni della modifica «sono relative a un aumento generale e sostanziale dei costi complessivi dovuti all'inflazione, che incide sui costi specifici del servizio Amazon Prime in Italia e si basano su circostanze esterne, fuori dal nostro controllo».

     

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    Certo, è la prima volta che il gruppo modifica i prezzi dal 2018, ma in uno scenario altamente inflattivo la mossa contribuisce a picconare il modello low cost a cui eravamo ormai assuefatti.

     

    L'aumento di Amazon è solo l'ultimo in ordine di tempo e arriva dopo la presa di posizione del proprietario e fondatore di Ryanair, Michael O' Leary, che al Financial Times ha detto: «I voli low cost li ho creati io, e ci ho fatto un sacco di soldi, ma alla fine non credo che l'industria dei viaggi sia sostenibile nel medio termine a una tariffa media di 40 euro a biglietto. È troppo economico».

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    Ma la fine dei consumi a basso costo coinvolge servizi come la televisione in streaming, dagli aumenti annunciati da Dazn che porterà l'abbonamento mensile da 29,9 a 39,9 euro (dopo aver debuttato ad agosto 2021 a 19,9 euro al mese) a quelli di Netflix che prepara una stretta sulla condivisione delle password (a meno di non essere disposti a guardare spot pubblicitari come sulle reti commerciali tradizionali, ndr), così come la spesa quotidiana.

     

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    A rivedere al rialzo i listini per i consumatori non sono solo i produttori o la grande distribuzione organizzata, ma anche i discount: da Aldi a Lidl fino a Eurospin, sono diverse le catene che hanno aumentato il prezzo dei prodotti a scaffale, dal latte all'acqua.

     

    Mossa anticipata anche da Ikea che nel 2022 ha rivisto al rialzo del 9% il proprio listino per far fronte all'aumento delle materie prime. «Ci siamo illusi di vivere in una società low cost» dice Giuliano Noci, professore di Strategia e Marketing alla School of Management del Politecnico di Milano e prorettore dell'ateneo, che poi aggiunge: «Pensavamo di poterlo fare adattando le catene del valore a un nuovo modo di consumare, invece vanno ripensate completamente».

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    Anche se la situazione cambia da settore a settore, c'è un assioma valido per tutti: la competizione basata sul costo non conosce limiti al ribasso. Per quanto ci si sforzi di mantenere contenuti i prezzi, ci sarà sempre qualcuno capace di batterli.

     

    A maggior ragione quando c'è abbondanza di offerta. Una situazione alla quale ci hanno abituato decenni di globalizzazione del commercio con consumatori avvezzi a cercare alternative più convenienti. Grazie alla rete.

     

    La pandemia prima e la guerra in Ucraina poi hanno, invece, stravolto ogni paradigma. Il Covid ci ha mostrato come non produrre in casa qualcosa di semplice e banale come le mascherine rappresentasse un enorme rischio, mentre l'invasione russa e le sanzioni nei confronti di Mosca hanno chiarito quanto grande e pericolosa sia la dipendenza italiana dall'estero per l'approvvigionamento energetico.

     

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    «Il fatto che tutti stiano alzando i prezzi non vuol dire che lo facciano per gli stessi motivi» prosegue Noci che poi spiega: «Nel caso di Ryanair o dei negozi discount ci sono motivazioni reali legate all'aumento dell'energia, dei trasporti e della materie prime. Nel caso di Prime, invece, vedo una mossa strategica per aumentare il lock in in un mercato che andrà a strutturarsi sempre più per ecosistemi. Con l'obiettivo di essere sempre più attrattiva. Per fidelizzare i clienti e rilanciare la sfida a Netflix». Tradotto: Amazon, con questa mossa, prova a tenersi ancora più stretti i propri clienti rendendo per loro più onerosa l'uscita dall'ecosistema (la tariffa resta, comunque, più bassa che in Francia o in Gran Bretagna).

     

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    Anche perché nel frattempo, Amazon ha ampliato la selezione di prodotti con consegna Prime ed è cresciuta nei generi alimentari con Amazon Fresh; ha aumentato l'intrattenimento digitale con film, musica e libri ed è entrata nello sport dal vivo con la Champions League.

     

    «Oggi - scrive la ricercatrice svizzera Jenny Assi dell'Università Suspi - paghiamo lo scotto di essere una società che si ingozza di prodotti e che è culturalmente pervasa dalla frenesia del low cost: viaggiare in aereo, comprarsi vestiti, televisori, tutto, purché sia in offerta, scontato o che comunque costi poco. Molti consumatori non desiderano pagare il prezzo giusto, ma solo il prezzo più basso. Abbiamo bisogno di consumatori più consapevoli».

     

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    E d'altra parte il prorettore del Politecnico di Milano sottolinea come il mondo digitale non sia mai stato davvero low cost: «Amazon non vince sui prezzi, ma sui servizi che offre. Il mercato è in una fase di transizione cruciale. I servizi a basso costo continueranno a esistere, ma per farlo dovranno cambiare la catena del valore. Penso ai supermercati che - probabilmente - per garantire prezzi contenuti dovranno ridurre le superfici di vendite, magari appoggiandosi a nuovi dark store».

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