DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1- DAGOREPORT
"Ma verrà ? O ha detto che non può?". Ma sì che viene, eccolo lì che arriva, nel giorno più nero che si poteva per il Celeste Formigoni, vestito di blu (finita la stagione dei fiorellini o fantasie frociarole), con una cravatta intonata in duplex con la quaresima e le fortune del suo Consiglio regionale: viola.
Il governatore entra nella Feltrinelli del Duomo di Milano e lo accoglie un esercito di flash, telecamere, microfoni, cronisti a caccia della sua dichiarazione sulla tangentopoli padana che ha travolto il legaiolo Davide Boni e tutti i suoi â'barbari sognanti'' (sì, con l'orata al sale delle mazzette). Sotto sotto forse Formigoni gode pure un po' che stavolta siano finiti rosolati dai pm i suoi alleati-odiati della Lega nord, che al Pirellone vedrebbero bene Maroni o Castelli e quel birichino ciellino di Maurizio Lupi promosso (fora di ball...) a Roma.
Ma dopo essersi smarcato dai giornalisti delle agenzie con un dribbling alla Messi, cioè presunzione di innocenza e garantismo a go-go per il leghista Boni ed un colpo ad effetto ("Se fossero dimostrati degli atti dannosi nei confronti della Regione ci costituiremo parte civile come parte lesa"), al Governatore toccano ancora due giornalisti da placare.
Perché Formigoni è lì al piano -1 della Feltrinelli meneghina per parlare - indovina un po' di che? - proprio di soldi ai partiti, ovvero presentare il libro di Paolo Bracalini (giornalista del Giornale) "Partiti SpA", bombastica inchiesta sulle finanze e i patrimoni degli scassatissimi partiti italiani .
E chi è l'altro giornalista che aspetta il Celeste al varco della libreria radical-chic della buona borghesia meneghina? Nientemeno che Gian Antonio Stella, il gran fustigatore della casta politica, firma top del Corriere (anzi, del "Corrierone" come lo aveva chiamato proprio Formigoni poche ore prima, punto sul vivo dal deludente libro sugli affari lombardi di Don Verzè edito da Via Solferino).
Gong! si inizia, con centinaio di spettatori seduti e in piedi, tutti orecchie, e tutto va in streaming diretto sul Corriere.it, perché la presentazione del libro di Bracalini è la prima uscita pubblica di Formigoni dopo lo scandalo delle mazzette padane. Parte Stella che palleggia nel preambolo con l'autore del libro ("Salutiamo Formigoni che è qui in una giornata caldissima, bollente, di primavera molto avanzata..."), mentre il celeste governatore scalda i muscoli perché aspetta il tiro di collo pieno sulla questione tangenti.
Bracalini parla delle fortune dei partiti milionari, dei partitini sconosciuti che beccano i soldi del rimborso (i verdi-verdi, i riformatori sardi, i pensionati, un partito friulano-sloveno che non si capisce manco il nome...), e chiude con l'interrogativo per Formigoni: "Visto che i referendum non vengono applicati, tocca ai partiti riformare il loro finanziamento pubblico. Ma può la casta riformare se stessa?".
L'autore passa il microfono a Formigoni che però è anticipato da Stella che aggiunge un altro tiro a fil di palo: "Lei è stato nella Dc, si ricorderà che fine ha fatto il patrimonio immobiliare della Dc, finito in una società intestata ad un disoccupato croato senza arte né parte. E' possibile secondo lei che nei partiti si rubi senza che nessuno se ne accorga?".
Il pubblico rumoreggia, come per dire: ma dai che lo sapete benissimo! Formigoni dà prova di abilità balistica, dice che sulla questione soldi-partiti è tutto da rifare, che i partiti vanno riformati, che devono avere l'obbligo di presentare le fatture e le ricevute delle spese che presentano, che i bilanci vanno certificati, ma che però non si può togliere il finanziamento pubblico sennò i partiti muoiono.
Un quarto d'ora di fair play e si arriva alle mazzette lombarde: "Non crede che un politico indagato per corruzione, come è da oggi il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, debba dimettersi?" chiede Stella a Formigoni. "Se in ultimo grado di giudizio si arriva ad una sentenza di colpevolezza certamente sì".
E in primo grado no? Ribatte il casto-logo del Corriere mentre il pubblico, specie la prima fila, si agita visibilmente. "Dobbiamo attendere la giustizia, non si può volere repubblica islamica!" replica Formigoni-il garantista. Alcuni scalmanati dal fondo gli urlano contro, mentre un tizio strambo nelle prime sedie filma tutto con una telecamerina attaccata ad una specie di bastone.
Un altro signore si alza e dice che il centrodestra paragona i magistrati a quelli "della Uno bianca". Formigoni non comprende la domanda e nemmeno Bracalini e Stella, la risposta arriverà in futuro. L'atmosfera si fa incandescente ma Formigoni, dopo un'oretta come da impegni dichiarati anzitempo, deve scappare, inseguito da quelli del Fatto e dalle radio.
Il pubblico resta ad ascoltare Stella e l'autore di Partiti Spa, mille domande sui costi dei partiti, sugli stipendi dei parlamentari, sui privilegi fiscali dei partiti, sui partiti che non pagano. Peccato che anche Formigoni non sia rimasto fino alla fine, quante cose volevano chiedergli...
2- I DERIVATI DEL PIRELLONE
Gianni Barbacetto per il "Fatto quotidiano"
Oltre alle grane politiche e giudiziarie, Roberto Formigoni ha anche una bomba finanziaria pronta a esplodere sotto il suo nuovo Pirellone. Quella dei derivati della Regione Lombardia, di cui è presidente. Sono garantiti da obbligazioni che oggi sono molto vicine alla carta straccia: come i bond della Repubblica Greca (per oltre 153 milioni di euro), o quelli della Regione Lazio (per 97 milioni).
Tutto ha inizio il 24 ottobre 2002, quando la Regione di Formigoni, per finanziarsi, emette un bond trentennale del valore complessivo di 1 miliardo di dollari. Le banche che fanno l'operazione, Merrill Lynch e Ubs, piazzano il bond ai risparmiatori, promettendo un buon interesse. In cambio, danno subito il miliardo alla Regione, che è tenuta a rimborsarlo alla scadenza, nel 2032. Chi s'indebita in questo modo, deve per legge accantonare negli anni un conto di garanzia (sinking fund).
La Regione deve cioè riempire pian piano un salvadanaio in cui sono messi i soldi da rimborsare alla scadenza. Merrill Lynch e Ubs costituiscono il fondo e lo gestiscono con contratti derivati (amortizing currency swap). Ma che cosa ci hanno messo, nel salvadanaio da rompere nel 2032? Prodottini sicuri come i bond della Grecia, appunto, o, fino a qualche anno fa, della Regione Sicilia e perfino delle Ferrovie polacche. Secondo contratto, le banche intascano gli utili e le commissioni, la Regione si accolla i rischi: così se chi ha emesso i titoli non paga, è il Pirellone a dover metterci i soldi.
Se la Grecia fallisce, è la Lombardia a pagare. Ora Formigoni sta cercando di trattare con Ubs per disfarsi almeno dei titoli greci (il governo ellenico ha proposto proprio in questi giorni di rimborsare i privati con l'80 per cento in meno del loro valore). Ma come finirà questa storia, iniziata male e continuata peggio? Già nel luglio 2009 la Procura di Milano aveva aperto un'inchiesta sui derivati di Formigoni, scoprendo che Merrill Lynch e Ubs avevano realizzato nel 2002, all'emissione del bond, un profitto illecito di oltre 95 milioni di euro.
Il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il gruppo tutela mercati e capitali del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano hanno anche scoperto i consulenti occulti dell'operazione, i fratelli Maurizio e Gianpaolo Pavesi. Banche e Regione hanno sempre negato di averli coinvolti, ma nei computer di una loro collaboratrice sono state trovate due email che invitano a "ripulire" la posta elettronica ed "eliminare" i messaggi che riguardano i derivati lombardi e di tante altre amministrazioni italiane.
Non solo: la società Achernar, basata a Dublino e riconducibile ai "Pavesi Brothers", si è certamente intascata quasi 1 milione di euro, dei 95 illecitamente trattenuti dalle banche. Poi la prescrizione ha fatto cadere l'accusa di truffa aggravata: nel maggio 2010 il pm ha chiesto l'archiviazione e l'inchiesta giudiziaria è morta. Ma resta il comportamento predatorio di banche e consulenti. E resta soprattutto la responsabilità politica di chi ha condotto l'operazione. Formigoni, dal 2002 a oggi, è sempre stato informato di tutto. Non si è però accorto di niente. Si mostra sempre estraneo ai pasticci che succedono in Regione: presidente a sua insaputa.
ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI PH MARIO CASTIGLIONI GIAN ANTONIO STELLA PAOLO BRACALINI PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI LE SCARPE DI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI FANS DI PAOLO BRACALINI PH MARIO CASTIGLIONI FARSI LE FOTO CON GIAN ANTONIO STELLA ROCKSTAR PH MARIO CASTIGLIONI FANS DI PAOLO BRACALINI PH MARIO CASTIGLIONI GIAN ANTONIO STELLA PAOLO BRACALINI PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI PH MARIO CASTIGLIONI PAOLO BRACALINI ROBERTO FORMIGONI GIAN ANTONIO STELLA PH MARIO CASTIGLIONI PARTITI SPA IL LIBRO DI PAOLO BRACALINI PH MARIO CASTIGLIONI
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