Rosaria Amato per repubblica.it
L’Istat parla di «segnali di decelerazione» dell’attività economica e Moody’s valuta “negative” le prospettive sul rating italiano. In precedenza l’outlook assegnato era “stabile”.
MOODY'S
La revisione viene spiegata con il fatto che «la fine del governo Draghi e le elezioni anticipate del 25 settembre 2022 aumentano l’incertezza politica» in un contesto difficile, ma viene contestata dal ministero dell’Economia, che la definisce «opinabile». «Pur in un momento di rallentamento congiunturale e di tensioni geopolitiche a livello internazionale, accompagnato dall’incertezza relativa alle elezioni politiche del 25 settembre, le condizioni economiche dell’Italia non giustificano tale orientamento», scrive in una nota il Mef , ricordando la crescita record del 6,6% del Pil lo scorso anno e quella già acquisita per il 2022 del 3,4%, superiore alle attese.
AGENDA DRAGHI MEME
Un dato che viene ribadito anche dalla nota congiunturale dell’Istat, che però, proprio come aveva fatto il premier Draghi nella conferenza stampa sul Dl Aiuti di giovedì non nasconde le “nuvole all’orizonte». Se infatti l’occupazione è ai valori massimi degli ultimi 45 anni fino a giugno, già emergono segnali di “decelerazione”. A far pensare che nella seconda parte dell’anno andrà peggio di come è andata nei primi cinque-sei mesi, è il dato sulla produzione industriale, in calo a giugno per il secondo mese consecutivo. L’indice destagionalizzato arretra del 2,1% rispetto a maggio, con una «dinamica negativa estesa a quasi tutti i settori, con l’eccezione di quello dell’energia», sottolinea l’Istituto di statistica.
Nel confronto annuo la produzione industriale cala dell’1,2%, solo che in questo caso oltre ai beni energetici crescono i beni di consumo, dal tessile all’elettronica. Altri segnali negativi importanti arrivano dall’ aumento del disavanzo della bilancia commerciale e dal marcato peggioramento della fiducia dei consumatori. Le famiglie vedono nero sia sul clima economico che sul futuro. Difficile dare loro torto, visto che l’inflazione mostra i primi segnali di raffreddamento, anche grazie alle misure adottate dal governo per contenere gli aumenti delle bollette di luce e gas, ma l’indice dei beni alimentari lavorati a luglio sfiora il 10% e, più in generale, il carrello della spesa continua a correre, i rialzi hanno superato il 9%.
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Poco convinte anche le imprese. A vedere rosa solo quelle del settore delle costruzioni, anche se una parte denuncia l’esistenza di ostacoli alla produzione. Quelle manifatturiere e dei servizi invece mostrano un deciso calo della fiducia. Nell’area euro c’è un andamento simile: a fronte di una crescita del Pil nel secondo trimestre dello 0,7% in termini congiunturali, in accelerazione sul trimestre precedente, adesso si registra un peggioramento delle prospettive. L’indice della fiducia economia Esi della Commissione Ue, ricorda l’Istat, ha infatti toccato il minimo dal febbraio 2021.