DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - Da www.quotidianodipuglia.it
2 - Claudia Guasco per il Messaggero
Schiaffi, pugni, vessazioni. L' anno scolastico era appena iniziato, ma per un diciassettenne di un istituto tecnico di Lecce si è trasformato subito in un inferno. Lui è mingherlino, timido, silenzioso: la preda preferita dei bulli. Questa volta a salvarlo ci pensano due compagni, che con il cellulare filmano tutto e non per mettere alla berlina il compagno inerme in rete, bensì per inviare le immagini alla madre. Ora quei quattordici secondi di violenza in classe sono in un fascicolo della procura, che indaga sul caso.
«ORA LO METTIAMO A POSTO»
Gli inquirenti dovranno ricostruire tutta la storia: quante volte il ragazzo è stato picchiato, se da uno o più compagni. Perché lui, ai genitori, non ha mai raccontato nulla. Un giorno dopo l'altro si trascinava a scuola e tornava a casa con lividi sulle braccia, sulle gambe e sporco di gesso. Sempre più silenzioso e terrorizzato. Fino a quando due compagni decidono di filmare tutto per incastrare il responsabile.
Il video riprende un ragazzo che spinge la sua vittima contro il muro, la prende a calci e la minaccia con una sedia. In sottofondo alcune voci che, secondo l'interpretazione della mamma riferita all' avvocato Giovanni Montagna, rivelerebbero la volontà di amici di aiutare il compagno a salvarsi dalle umiliazioni. «Sicuro che stai registrando?», inizia uno dei due. «Sì», risponde l'altro. Poi, in dialetto leccese: «Così lo mettiamo a posto proprio». «Ma a tutto io devo pensare?». Secondo quanto appurato dal legale, le umiliazioni andavano avanti da mesi. Al ragazzo toglievano la felpa e la usavano come cancellino della lavagna. Aveva diversi lividi, ma con la mamma negava tutto. Alla fine avrebbe ammesso «qualche schiaffo», ma niente di importante. «Un ragazzo molto introverso, ma che ha sempre avuto un brillante rendimento scolastico».
Da settembre, «da quando sarebbero iniziati questi episodi, invece è calato notevolmente», spiega Montagna. Alcuni giorni ha anche chiesto di poter restare a casa: carattere riservato ed esile di fisico, per paura o per vergogna lo studente non ha mai raccontato nulla. Fino al 7 aprile, quando la mamma riceve un whatsapp con le immagini dell'aggressione. La donna è incredula, parla con il figlio e lui finalmente si sfoga. Il passo successivo è la denuncia ai magistrati. «Non è ancora chiaro quanti partecipassero alle vessazioni. Sarà il lavoro della procura a cercare di fare chiarezza», aggiunge l'avvocato.
INCONTRO CON I GENITORI
Il ragazzo, anche se fa ancora fatica a parlare ed è molto reticente, «ha ammesso e raccontato - spiega il difensore - è emerso così che veniva picchiato ogni giorno almeno da settembre o ottobre». Ieri sera il legale ha incontrato di nuovo i genitori, per fare il punto della situazione: «Vasta solidarietà e tempestivo intervento della scuola. Ci hanno assicurato che interverranno, aspettando di chiarire le responsabilità». E sul caso interviene anche il capo della polizia Franco Gabrielli, che definisce il bullismo «una forma di omologazione. Ci sono persone che si ritengono depositarie di un modo di essere e lo applicano in maniera prevaricante nei confronti di altri soggetti più deboli». Dunque il tema «non è il non rispetto delle regole, ma un'omologazione che troppo spesso ci appiattisce».
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