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Flavia Amabile per “la Stampa”
Si invecchia di più ma si invecchia peggio.
In questa Italia dove la vita dei giovani è tutta in salita, anche quella degli anziani non è affatto semplice. Vivono in uno dei Paesi più longevi al mondo, dove l'aspettativa di vita è di nuovo in aumento dopo il calo di due anni fa ma sono in crescita anche i problemi e le difficoltà di chi ha più di 65 anni, in particolare di chi abita al Sud.
La vita nel Meridione è un'emergenza continua, A Napoli si vive sei anni in meno che a Stoccolma e, se è vero che oggi in Italia si muore meno per tumori e malattie croniche, è anche vero che questo vale solo per le regioni dove la prevenzione funziona, principalmente al Nord. Nel Mezzogiorno, invece, il tasso di mortalità per queste malattie è maggiore di una percentuale che va dal 5 al 28 per cento e la Campania è la regione con i dati peggiori.
I problemi sono numerosi non solo per chi soffre di patologie gravi. Il 30,3 per cento degli ultrasessantacinquenni non è in grado di vivere da solo. Si tratta di persone che hanno molta difficoltà a usare il telefono, oppure non sono proprio in grado di farlo. Non riescono a prendere le medicine e gestire le risorse economiche, preparare i pasti, fare la spesa, svolgere attività domestiche leggere e, occasionalmente, attività domestiche pesanti.
È un quadro triste quello che viene delineato nel rapporto Osservasalute 2017, presentato a Roma al Policlinico universitario Agostino Gemelli. Le difficoltà sono meno presenti fino ai 74 anni (13%), aumentano al 38% negli anziani tra i 75-84 anni e al 69,8% tra gli ultra ottantacinquenni.
La situazione si complica se si scende nel dettaglio dei gesti da compiere. Un ultrasessantacinquenne su 10 ha molta difficoltà o non è in grado di svolgere le attività quotidiane di cura della persona senza un aiuto. Vuol dire non riuscire a mangiare da soli e tagliarsi il cibo, sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia.
Si dirà che è l'età ma c'è chi invecchia meglio degli italiani: in Danimarca a non riuscire a compiere questi gesti sono il 3,1% degli ultrasessantacinquenni - valore più basso in Europa - in Svezia il 4,1%. Gli anziani italiani hanno più problemi di quanti non ce ne siano in media in Europa, dove la percentuale è dell'8,8%. «Da ciò si evince una richiesta di aiuto e una difficoltà di gestione della quotidianità», sottolinea il rapporto.
La richiesta sarà sempre maggiore in futuro e nulla lascia pensare che vi sarà un miglioramento dell'assistenza agli anziani. Il rapporto segnala le previsioni fra dieci anni, sottolineando che per il 2028 «tra gli ultrasessantacinquenni le persone non in grado di svolgere le attività quotidiane per la cura di se stessi (dal lavarsi al mangiare) saranno circa 1,6 milioni (100 mila in più rispetto a oggi), mentre quelle con problemi di autonomia (preparare i pasti, gestire le medicine e le attività domestiche, ecc.) arriveranno a 4,7 milioni (700 mila in più), solo considerando il trend demografico di invecchiamento e gli attuali tassi di disabilità. ma i dati potrebbero rappresentare una sottostima del problema».
Insomma, «Ci troveremo di fronte a seri problemi per garantire un'adeguata assistenza agli anziani, in particolare quelli con limitazioni funzionali (che non sono autonomi), perché la rete degli aiuti familiari si va assottigliando a causa della bassissima natalità che affligge il nostro Paese da anni e della precarietà dell'attuale mondo del lavoro che non offre tutele ai familiari caregiver», avverte il direttore scientifico dell'Osservatorio, Alessandro Solipaca.
Ancora più difficile la situazione di chi è anziano e vive nel Meridione. Il divario della sanità tra nord e Sud è «divenuto ormai insopportabile e contrario alla nostra stessa Costituzione, a tutela della salute di tutti i cittadini», ha affermato il direttore dell'Osservatorio e presidente dell'Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi che ha deciso di lanciare un appello al futuro governo perché si pensi ad «una sorta di Piano Marshall per il Sud», una serie di interventi che riducano le differenze.
L' aspettativa di vita nel Paese, ha sottolineato Ricciardi, «è diseguale e nel Mezzogiorno si vive in media fino a 4 anni in meno». Ma non solo: in Campania si registra un +28% di mortalità per tumori e malattie croniche rispetto alla media nazionale del 2,3%, in Sicilia la mortalità è del +10%, in Sardegna è del +7% ed in Calabria è del +4,7%.
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