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Per oggi o al massimo domani è atteso il verdetto della Cassazione, ma non è detto che scriva la parola fine sul processo per l’apocalisse bianca dell'Hotel Rigopiano, il resort alle pendici del Gran Sasso spazzato via alle ore 16 e 42 del 18 gennaio 2017 da una valanga che si staccò dal Monte Siella. Morirono 29 persone, tra ospiti e personale dell’albergo, tra cui 6 marchigiani. I superstiti furono 11.
Ci sarà infatti un nuovo processo, in Corte d'appello a Perugia, se la Suprema corte accoglierà le richieste formulate ieri dal sostituto procuratore generale di Cassazione Giuseppe Riccardi: annullare le assoluzioni di sei imputati, all’epoca dirigenti della Regione Abruzzo, e celebrare un nuovo processo d’appello per l’allora prefetto di Pescara Francesco Provolo, condannato a un anno e 8 mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso,. Un appello bis che servirà anche a valutare altre accuse, tra cui quelle di disastro colposo e omicidio colposo in concorso, escluse in primo e secondo grado.
L’attesa dei familiari
Ci sperano i familiari delle vittime, molti dei quali ieri erano a Roma per seguire l’udienza. Confidano nella riapertura di un processo che finora ha deluso le aspettative di giustizia. Dalla sentenza d’appello all’Aquila, il 14 febbraio scorso, era uscito un manipolo di colpevoli, otto, mentre la Procura generale abruzzese ne reclamava 26. Un cumulo di pene di 16 anni, contro i 151 invocati dai pm.
Gli avvocati di parte civile, a cui oggi spetta la parola, prima che gli ermellini si chiudano in camera di consiglio per il verdetto, puntano soprattutto a veder riconosciuto il reato di disastro colposo, che allungherebbe i termini della prescrizione, tagliola che altrimenti potrebbe scattare tra 8 mesi.
«Il grande assente in questo processo è il profilo di responsabilità degli esponenti della protezione civile della Regione in relazione alla pianificazione», ha detto ieri il pg Riccardi davanti alla VI sezione penale presieduta da Giorgio Fidelbo. «I segnali di allarmi erano molteplici - ha sottolineato nelle due ore di requisitoria - Si evidenziavano 9 eventi valanghivi nell’area.
Ci sono i bollettini meteo, la relazione delle guide alpine e poi la chiusura delle scuole adottata il 15 gennaio. Le linee guida indicavano come il rischio valanghe interessasse soltanto il 6% dei comuni dell’Abruzzo e tra questi c'era Farindola. L’ordinanza di sgombero dell'Hotel Rigopiano avrebbe evitato la tragedia».
La Procura generale ha ricordato che il pericolo valanghe era forte, livello 4, e venne comunicato alla prefettura. «Non c’era un vero allarme rosso, ma un pericolo forte che rendeva necessario istituire il Ccs e la sala operativa, che avrebbe reso possibile approntare misure, come la chiusura di strade e l’invio dell’esercito come poi è stato fatto», ha detto Riccardi, chiedendo anche la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia di Pescara Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio (3 anni e 4 mesi), dell’ex gestore dell'hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi per falso), dell’allora sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e del tecnico del comune, Enrico Colangeli (2 anni e 8 mesi per entrambi).
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